Capitolo 0

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Prologo


Non c'era mai stato momento peggiore per starnutire. Eppure il naso di Eimhir, che era sempre stato particolarmente sensibile ai cambi di temperatura, doveva aver notato il gelo pungente della grotta, perché proprio in quel momento, con un sonoro "ETCIU'" che rimbombò tra le pareti di pietra, la ragazza starnutì.

Tutti i presenti, umani e non, si voltarono di scatto nella loro direzione.

- Idiota. – ringhiò Eanruig sottovoce, e la sorella si sentì mortificata.

- Chi va là? – domandò lo spilungone senza capelli che teneva le chiavi delle gabbie.

Non avevano alcuna possibilità: erano due contro trenta. Nella mente di Eanruig passarono immagini terribili, momenti di tortura e morte, e capì che non poteva far passare tutto ciò a Eimhir. La prese per mano e iniziò a correre, abbandonando il loro nascondiglio.

- Fermate quei due cosi disgustosi! – fu sempre la voce del tizio pelato a raggiungerli, mentre correvano come mai avevano fatto in vita loro, lasciandosi alle spalle la grotta e passando da un corridoio roccioso all'altro.

- Fratello, non possiamo lasciarli lì. – mormorò Eimhir, disperata.

Lui strinse la presa sulla sua mano, così forte che quasi le fece male, e digrignò i denti per la frustrazione.

- Lo so. Ma se interveniamo ora verremo catturati anche noi. Al momento, non possiamo che peggiorare le cose.

Lei rimase in silenzio per un lungo tratto di strada, limitandosi a boccheggiare per lo sforzo della corsa. Poi capì.

- Cercheremo aiuto? – domandò, speranzosa.

Lui annuì. – Dobbiamo.

Il dedalo di gallerie sembrava non finire mai, e i due utilizzavano le voci dei loro inseguitori come unico punto di riferimento, assicurandosi di averle sempre rigorosamente alle spalle.

A un certo punto, svoltando per l'ennesima volta a destra, si ritrovarono di fronte ad un corridoio leggermente più illuminato degli altri. Al prossimo incrocio, avrebbero trovato l'uscita.

Nel preciso istante in cui imboccarono l'ultimo tratto di strada, un gigante gli si parò davanti, e andarono a sbattere contro i suoi enormi stinchi, per poi cadere rovinosamente a terra. Sarà stato alto almeno tre metri, e per stare dentro la galleria doveva tenere il capo chino, col mento che quasi toccava il petto. Sembrava un orco, ma la sua pelle era chiara come quella di un umano. Un mezzosangue, forse? L'umanoide gli sorrise.

- Urca, cosa vedono i miei occhi! Carne!

Si leccò i baffi, portando le mani ai coltellacci che aveva appesi ai fianchi, anche se per ammazzarli gli sarebbe bastato sollevare un piede e schiacciarli.

Eanruig si sollevò di scatto, trascinando la sorella indietro e parandosi davanti a lei. Non poteva perdere anche lei, in quella giornata infernale, ma non avevano alcuna via di scampo: alle loro spalle, un muro di pietra sbarrava loro la strada. Da un momento all'altro, alla loro destra sarebbero sbucati i pazzi assassini di prima. E quel gigante faceva loro pensare che non avrebbero fatto nemmeno in tempo a vederli di nuovo, i pazzi assassini. Li avrebbe mangiati prima? Probabile. Quando sentì la sorella singhiozzare alle sue spalle, Eanruig perse la calma, e lacrime di rabbia caddero, bruciandogli il volto. Non ne poteva più di tutto quel sangue, di tutta quella crudeltà. Voleva solo che tutto finisse.

Il gigante si avvicinava sempre di più, affilando le lame dei coltelli sfregandole l'una contro l'altra.

- E sai qual è la parte bella? Mi pagano per mangiarvi! – sghignazzò, come se avere un lavoro tanto semplice per un'ottima paga lo facesse sentire il gigante più fortunato di tutti i Tre Imperi.

- Tu non ci mangerai! – urlò Eanruig, terrorizzato, ma con voce ferma, grazie all'ira che covava. – Lasciaci passare!

Quello rise di gusto. – E rinunciare a cibo e denaro? Nemmeno mai!

A quel punto, il gigante fece un ultimo passo, poi si limitò ad allungare una mano e ad afferrare il ragazzo per la vita. Quello si dibatteva come una furia, ma la pelle del gigante era troppo spessa per essere ferita con semplici calci e pugni. Dal basso, Eimhir gli dava colpi sulla pancia e ginocchiate sulle gambe con tutta la forza che aveva in corpo.

- Lascia mio fratello! Lascialo immediatamente! – gridò.

- Che fastidiosa! Forse dovevo mangiare prima lei. – borbottò il gigante, visibilmente seccato.

Fece per allungare il coltello da macellaio contro la gola di Eanruig, quando qualcosa lo fermò. Sangue di gigante schizzò addosso ai due ragazzi mentre un uomo lo passava da parte a parte con uno spadone immenso. La luce alle sue spalle impediva di scorgerne i lineamenti, ma anche lui era molto alto, quindi non ebbe difficoltà a raggiungere i punti vitali del mostro. Quello roteò i suoi tre occhi, dai quali la vita parve volare via, e si accasciò, quasi schiacciando i ragazzi a terra. Eanruig si liberò dalla sua morsa, ormai debole, e fu fiancheggiato subito dalla sorella, che lo sorresse, osservando lo sconosciuto. Prima che potesse dirgli la minima parola di ringraziamento, lui la precedette. La sua voce era giovane, ma roca, come se avesse gridato troppo in vita sua, o cantato a voce molto alta sotto la doccia tutte le mattine della sua esistenza.

- Mi ringrazierete dopo che saremo usciti da qui. – disse. – Ora, correte!


Angolino di Fire:

Stavo per scrivere "NdA" o qualcosa del genere, ma mi è sembrato troppo serio, e qui non siamo mai troppo seri. E poi, mi mancava l'Angolino di Fire.

Volevo solo augurare buon viaggio a coloro che hanno deciso di avventurarsi in questo semplice mondo fantasy che ho creato frugando qua e là tra i cassetti della mia immaginazione. Possano gli spiriti della natura essere sempre al vostro fianco! E buon viaggio anche a Eanruig ed Eimhir, che ne passeranno di tutti i colori. 

Baci, 

Fire

Gli Altwidus E Il Cipresso EffimeroWhere stories live. Discover now