Avanti/Dietro/Di Lato

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Mickey si gira, e c'è Ian, che sorride e fa scorrere una mano fra i suoi capelli disordinati. Poi si baciano, e Mickey aveva quasi dimenticato quant'è bello baciare Ian in questo modo. Nelle pigre mattinate della domenica, la luce del sole e le lenzuola del letto, tutto il tempo del mondo a disposizione. Le mani di Ian sono su di lui, salde ma leggere, quasi eteree. Ian stesso quasi brilla, ma forse è lui che è sempre così.

Mickey non sa come sia finito lì, ma ora è sulla schiena con Ian che traccia una scia di baci lungo il suo collo e fino al petto. I boxer scivolano giù. Le mani di Ian sono sui suoi fianchi, preme i polpastrelli nelle ossa iliache. Lo tocca ovunque, con quelle mani che non sembrano del tutto quelle di una volta.

Ian lo bacia un'altra volta, poi gli sorride.

Improvvisamente, non sta sorridendo più. Gli sta ringhiando in faccia, e la sua bocca si apre per mostrare due zanne da cui gocciola la saliva. Le mani di Ian sono sul suo petto, lo bloccano giù e lacerando la pelle. Fa a pezzi le costole e le getta di lato come se si trovasse a un barbecue con formula 'all you can eat'. Poi Ian allunga una mano all'interno e tira fuori il cuore di Mickey, e sta proprio per affondarvi i denti quando-

Gli occhi di Mickey si aprono. È buio, e sta stringendo il cuscino. È ancora a letto. Si mette a sedere e si guarda intorno – non c'è Ian.

Respira, ma è difficile. Si passa una mano sul petto, controllando le costole e la pelle. La mano è asciutta, senza sangue. Si costringe a respirare ulteriormente.

Questo è stato il peggiore, ma i suoi incubi sono vagamente di questo genere quasi tutte le notti. È abituato, più o meno. O almeno, si è rassegnato.

Si ristende e controlla il cellulare. Sono le cinque e mezza; ha qualche altra ora di sonno prima del lavoro. Poi si ricorda di non avere il lavoro. Non lo ha da alcuni giorni. È difficile abituarsi a questo.

Si rimette giù e dice a se stesso di potersi svegliare in qualunque momento, ma il sonno non ritorna. Ha paura di chiudere gli occhi. Ha paura di voltarsi sul fianco pensando che ci sia Ian in versione mostro che lo sta aspettando proprio dietro alle spalle. Ha paura di riaddormentarsi, in caso in cui dovesse ripresentarsi lo stesso incubo.

Dopo un'ora circa rimasto a letto, muovendosi e girandosi e odiando di essere così debole, si alza. Non fa la doccia, non si lava i denti, nulla di tutto ciò. Piscia e basta, evitando di guardarsi allo specchio mentre esce. Probabilmente ha un aspetto di merda – non ha sentito il desiderio di fare la doccia da qualche giorno. Non è che abbia una ragione per farla.

Salta la colazione e va dritto al piano. Ha un pezzo che ha scaricato da Internet, ed è a metà strada con l'obiettivo di auto-insegnarselo. È questo che fa quasi tutto il tempo.

Si siede, e suona, e segna delle piccole note con una penna ai margini dello spartito. Poi suona ancora un po'. Quando è al suo pianoforte, riesce a iniziare a dimenticare tutto ciò che fa schifo nella sua vita. E quando non è in grado di dimenticare, può almeno avvertire le ferite che cominciano a cicatrizzarsi un pochino. È un qualcosa. È tutto ciò che gli è rimasto, in realtà.


Suona la stessa sezione del pezzo una dannata dozzina di volte e non riesce a farla nel modo giusto, cazzo.

Si confonde con il ritmo le prime volte, poi le dita continuano a mancare i tasti giusti. Più diventa frustrato, peggio suona, e maledizione, questa dovrebbe essere l'unica cosa che gli riesce bene. Sta riuscendo a incasinare anche questo, tutto quello che ha. Proprio come ha incasinato le cose con Ian e con il lavoro. Alla fine si alza per una pausa, perché non ce la fa fottutamente più. Ovunque guarda, vede la sua vita che cade a pezzi.

Controlla il cellulare per vedere se ha ricevuto qualche messaggio in segreteria. Si è messo in contatto con qualche scuola dopo essere stato licenziato, perché ha pensato che almeno avrebbe potuto provare ad avere un nuovo lavoro. Ma per ora, niente.

I ragazzi etero non fanno danza classicaTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon