Ti brucerò il cuore

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Il mondo non esisteva più.
C'era solo una sequenza infinita di porte, immerse in una fitta oscurità, tanto fitta che faticava a vedere intorno e davanti a sé.
Riusciva solo a scorgere, a malapena, quelle porte di legno scuro, quasi nero.
File e file di porte...

"Sono nel mio Palazzo Mentale!", realizzò Sherlock, finalmente.
Ma non era quello che lui conosceva così bene... Quello che avrebbe potuto percorrere anche ad occhi chiusi, senza alcuna esitazione.
Era diverso. Oscuro. Freddo.
Inquietante.

"Perché mi trovo qui?"
"Come ci sono arrivato?"

Confuso oltre ogni limite, si portò le mani sulle tempie, gli occhi socchiusi, cercando di vedere qualcosa davanti a sé. Qualunque cosa.
Ma non servì a nulla. Solo quelle porte erano visibili ai suoi occhi.
Forse quello era il suo Palazzo Mentale... o forse no. Ma sentì un profonda angoscia invaderlo, accompagnata da una sorta di terrore ancora inspiegabile, circondato da quel buio così profondo e denso.
Doveva uscire da lì: questa era la sua unica certezza.
Ma non c'era alcuna strada da percorrere.

D'impulso, aprì una delle porte. Una volta che l'ebbe varcata, si ritrovò in una stanza, di cui riuscì a distinguere solo le pareti, anche se a malapena, immersa com'era nel buio. Ma al centro di quella profonda oscurità, eppur chiaramente visibile, come se fosse contornato da una lievissimo alone di fredda luce, c'era un bambino.
Aveva i capelli rossi, e portava una bandana sul capo.
-Victor...-si ritrovò a mormorare Sherlock, la voce roca, tremante.
Fece per avvicinarsi, ma lui iniziò a parlare: la voce era proprio quella del suo amico d'infanzia.
Ma le parole che disse erano intrise di veleno.
-È colpa tua se sono morto, Sherlock.

Il capitano si immobilizzò immediatamente, a pochi passi da lui, sconvolto da quelle parole.
-N-no, non è stata colpa mia! È stato... è stato...
... Un momento... chi era stato??
Si portò le mani alle tempie, strizzando gli occhi, cercando disperatamente nel suo cervello: c'era qualcosa che avrebbe dovuto sapere... Che avrebbe dovuto ricordare.
Qualcosa di importante... Ma cosa??
Nulla. La sua testa era totalmente vuota, piena solo di oscurità. La stessa inspiegabile oscurità in cui si trovava in quel momento.
-Sì, Sherlock. È colpa tua. Se tu non avessi preso quella scialuppa, io non sarei annegato-ribadì però il bambino, puntandogli contro uno sguardo accusatorio.-È colpa tua. E di nessun altro!
Ad ogni parola pronunciata da Victor, Sherlock sentì come se qualcuno lo colpisse ripetutamente. Al petto, al viso, allo stomaco... Percepì ogni singolo arto del suo corpo fremere dal dolore.
-No! Non è vero! Vattene!!-gli urlò; ma fu proprio lui a fuggire alla cieca da quella figura.
L'oscurità intorno a lui, intanto, pareva essersi addensata ancora di più.
Si buttò a capofitto in un'altra stanza.

Lì, sempre illuminata da quella luce innaturale, una sagoma femminile stava seduta su una sedia, lo sguardo malevolo fisso su di lui.
-Molly!-esclamò Sherlock, attonito, ma in parte sollevato, correndo verso di lei.-Grazie al cielo stai bene. Dobbiamo uscire subito da...!
-Mi hai ingannata, Sherlock. Dicevi di amarmi. E invece mi hai tradito...-sibilò però lei, il tono carico di risentimento, lasciandolo attonito.
-Era una messinscena!!! Te l'ho già detto!-ribattè però, d'istinto, con perfino una punta di rabbia nella voce.-Non c'è stato nulla tra me e Janine!! Ti prego, credimi!
-Come posso credere all'uomo che ha sempre sostenuto di non avere un cuore? Io sono rimasta comunque al tuo fianco, credendo che potessi cambiare... Ma non l'hai fatto. Tu non sei capace di amare, Sherlock Holmes. Non lo sei mai stato!
-È una menzogna!-Sherlock si portò di nuovo le mani alla testa, sconvolto.-Tu non puoi essere Molly... lei non mi parlerebbe mai così!!

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