Capitolo 1

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Domenica 29 gennaio

May

Fuoco. Fumo. Calore.

Una sensazione di pericolo, una sensazione di paura intensa e disarmante che mi prese alla gola, insieme all'odore di quella nauseabonda nebbia di cenere. Le fiamme avvolgevano ogni cosa in un cerchio letale: il letto disfatto su cui ero sdraiata, le coperte invernali che mi coprivano e... me.

Mi guardai intorno, ma tutto ciò che vidi fu una cortina grigia da cui scintillavano fameliche lunghe lingue di fuoco. Nessuna uscita. Nessuna speranza di salvezza.

Provai disperatamente a muovermi, a scappare da quell'inferno, ma ogni tentativo era vano. I miei muscoli parevano immobilizzati, non potevo compiere nemmeno il più semplice gesto, neanche asciugarmi il sudore che dalla fronte mi colava fino agli occhi, accecandomi.

Ero stata anestetizzata? Non capivo come fosse potuto succedere, come fossi finita in quel posto.

Cominciai a piangere. Non potevo fare nulla, se non aspettare con ansia la mia fine, la fine di tutta quella sofferenza, mentre le fiamme iniziavano a lambire il mio letto e le gocce di sudore a scendermi lungo il collo, mischiandosi alle lacrime. Un singhiozzo mi sfuggì dalle labbra, confondendosi con il crepitio del fuoco. "È finita, è finita..."

All'improvviso però ci fu un cambiamento. Percepii un debole alito di vento accarezzarmi le guance bagnate, alleviando il mio dolore. Un brivido di gioia mi percorse la schiena, costringendomi ad aprire gli occhi, che avevo chiuso per il troppo caldo, su una scena del tutto inaspettata.

C'era una luce bianca dietro a quella rossa e incandescente dell'incendio. E... una sagoma. Una figura scura che mi porgeva la mano in un invito a salvarmi. Ma io non potevo, non riuscivo ad alzarmi dalla mia posizione supina. Non...

"May, forza, puoi farcela" mi feci coraggio. Provai a sollevare un braccio, esortata dalla mia coscienza, e, forse, notai un piccolo movimento, come una vibrazione. Mi sforzai ancora di più, tendendo al massimo i muscoli, ma quando finalmente staccai la pelle dal lenzuolo fradicio il cerchio di fiamme si alzò in modo esponenziale, sovrastandomi in una cupola minacciosa. E allora fu tutto rosso, rosso e... Buio.

Mi svegliai di colpo nel mio letto, i battiti a mille e il fiato corto. Il pigiama mi aderiva al corpo sudato in modo fastidioso e i riccioli sfuggiti dalla coda di cavallo mi penzolavano davanti al viso come gli angoli del cappello di un giullare. "Si prendono gioco di me..." pensai per un secondo, prima di darmi della paranoica. Certo, alla fine dei conti non potevo biasimarmi. Ormai facevo lo stesso sogno da una settimana e ogni notte mi svegliavo agitata e spaventata, a volte urlando e spesso ritrovandomi distesa sul pavimento. Naturalmente, dopo questi bruschi risvegli non riuscivo più a riaddormentarmi, con il risultato di ben due ore di sonno a notte, se ero fortunata.

"Di questo passo dovrò cominciare a prendere qualcosa per dormire. Non posso andare avanti così per sempre..." Sospirai. In realtà, dubitavo che anche il sonnifero più potente del mondo avrebbe potuto aiutarmi con il mio problema. Al massimo l'avrebbe peggiorato, costringendomi a viverlo fino alla fine.

Buttai di malavoglia le gambe fuori dalle coperte, che mi sembravano pesare una tonnellata, e mi avviai con un vitale passo da bradipo verso il bagno. Mi feci una doccia veloce, indossai un paio di jeans e un maglione ed infine cercai di domare la mia folta chioma scura in una treccia. Diedi un rapido sguardo allo specchio dalla cornice argentata appeso sul lavandino, giusto per assicurarmi di essere presentabile. Le mie occhiaie erano appariscenti come due segnali al neon con tanto di frecce lampeggianti e avevo lo stesso sguardo di un barboncino isterico uscito dalla lavatrice, ma tutto sommato a nessuno sarebbe importato del mio aspetto, dato che sarei stata tutto il giorno a casa da sola. Quindi era inutile preoccuparsi.

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