DICIASSETTE

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L'ascensore partì velocemente appena la porta si chiuse. Damiano si guardò intorno, ma non vide alcun pulsante. Evidentemente la destinazione era unica. La corsa continuò per un bel po', dandogli l'impressione di salire parecchio, poi la porta di aprì su una stanza in penombra.

Le pareti laterali erano occupate da armadietti metallici grigi. Ogni porta recava in alto al centro una targhetta col nome del proprietario e intorno, disposti in modo assolutamente casuale, erano appiccicati degli adesivi.

Damiano li guardò affascinato. Non erano tanto le scritte o i disegni ad attrarre la sua attenzione, quanto il fatto che alcuni adesivi erano sbiaditi, graffiati, con i bordi scollati. Gli stessi sportelli recavano strisci e ammaccature. Erano così veri, autentici, così diversi dalla patinata perfezione della realtà virtuale, che gli inducevano lo stupore di un bimbo davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli.

La parete di fronte all'ascensore era in vetro satinato, con una porta dello stesso materiale al centro. Damiano si avvicinò e sbirciò fuori. Davanti a lui si stendeva un lungo corridoio con delle vetrate che occupavano tutta la parte alta della parete destra.

Non vedendo nessuno in giro, prese coraggio e uscì. Si trovava a una biforcazione. Un corridoio proseguiva diritto davanti alla porta e l'altro, quello con le vetrate, continuava a sinistra fino a un'altra parete a vetri. Attratto dalle luci si avvicinò all'angolo di una vetrata e guardò dentro.

Un'ampia stanza con i muri dipinti di colori pastello era occupata da file ordinate di banchi. Non c'era nessuno all'interno, quindi Damiano procedette fino alla vetrata successiva. Un'aula come la precedente ospitava una trentina di bambini sui sette-otto anni, tutti seduti ai loro banchi. I bambini portavano il visore ed erano rivolti verso un punto in alto davanti a loro. Mentre il punto si spostava, loro giravano le teste come tanti piccoli girasoli, talora annuivano, ma davanti a loro non c'era nessuno.

Damiano pescò nei suoi ricordi più antichi. Quella era la scuola che aveva frequentato anche lui, quei bambini stavano seguendo una lezione, fissavano un insegnante virtuale proiettato nei loro visori. Non erano coscienti che in realtà non c'era alcun insegnante in carne e ossa.

Rimase profondamente deluso e scoraggiato scoprendo quanto antico fosse l'inganno che aveva vissuto. La maestra Ferrari, il professor Strazzabosco di applicazioni tecniche, la Milani di storia e geografia... nessuno di loro esisteva veramente. Probabilmente le loro immagini immutabili stavano insegnando a quei bambini proprio in quel momento.

'Tutto falso, fin da piccoli' pensò scuotendo la testa.

Avanzò lungo il corridoio continuando a guardare aule deserte, altre animate da bimbi giocosi in attesa dell'insegnante, altre con file di bimbi composti che seguivano la lezione. I vetri bloccavano completamente i rumori dall'interno e probabilmente lo rendevano invisibile ai bambini. Questo rendeva ancora più innaturali le immagini della normale vita scolastica che scorrevano davanti ai suoi occhi.

Raggiunse la porta in fondo, l'aprì, e fu subito investito dagli schiamazzi. Da una porta sulla sinistra provenivano strilli, risate, pianti, rumori di piccoli passi che correvano. Si accostò allo stipite e sbirciò all'interno. Dei bambini di non più di tre anni correvano in cerchio, si rincorrevano, giocavano con la chiassosa felicità tipica dell'età.

Quei bimbi erano privi di visore, i loro occhi scintillavano di vivacità, di gioia, di pianto e Damiano cadde in ginocchio a guardarli con un peso crescente nel petto. Rimase lì qualche minuto fino a che davanti a lui si parò una figura imponente.

Realtà virtuale - Il viaggio di DamianoWhere stories live. Discover now