L'INQUIETUDINE DEL TASSISTA AD AMMAN

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Chiamatelo Ahmed, o Ibrahim, o Tareq, in fondo come si chiama non ha nessuna importanza. Come lui quanti ce ne sono? Decine di migliaia, come minimo. Amman è un fiume di ferraglia gialla, rovente, nel quale Ahmed passa la giornata sul suo taxi. Il suo pacchetto di Gold Coast sul cruscotto rivestito di peluche, un rosario musulmano, un Corano in miniatura e una bandana a stelle e strisce che penzolano incerti dallo specchietto retrovisore. La mano sinistra ha un unico scopo: lavorarsi il clacson. Ogni pedone, ogni incrocio, ogni pilota troppo lento, sono motivo di sofferenza per le trombe della sua Lada canarino. Sempre in giro Ibrahim, quattordici ore al giorno. Non guadagna male, Amman è fatta per prendere i taxi: colline e ancora colline, salite ripide e sdrucciolevoli sotto a un sole che non scherza. I finestrini perennemente abbassati, la radio senza pomelli che gracchia qualche melodia araba, una lattina di pepsi in un apposito contenitore di plastica. Ogni tanto gli capita qualche donna sola e si diverte, con lo specchietto, a cercarle lo sguardo tra il velo, altre volte salgono femmine occidentali e allora annusa con attenzione l'aria in cerca di un profumo particolare, e qualche volta percepisce quello pungente dell'alcool, potrebbe essere l'occasione di una scopata internazionale, pensa, ma non riesce a dire nulla, guida più veloce e si accontenta di una mancia generosa, e magari di un sorriso dell'inglese grassoccia, proprio come piacciono a lui. E quando la serata è fiacca e la gente non si capisce dove si sia nascosta, c'è sempre un rivenditore di falafel col quale fare due chiacchiere. Poteva andargli peggio a Tareq. Poteva restare per sempre nel suo villaggio del sud, a fare da taxista alle pecore e a masturbarsi in cima all'altopiano, dove nessuno lo vedeva, tranne il suo gregge. Poi, col tempo, avrebbe di certo trovato moglie, una qualche ragazza della zona, forse sconosciuta, ma sicuramente vergine. Una festa a base di mansaf e poi la routine coniugale. Ma, quella, non avrebbe fatto per lui. I suoi progetti erano altri, non sapeva esattamente quali ma comunque erano altri. E così si è trovato nella capitale, a portare in giro chi capita, spesso gente che, come lui, aveva altri progetti e che, improvvisamente, si è trovata tutta lì. A volte si chiede se la gente che porta in giro sappia dove stia andando e per quale motivo. Vorrebbe chiedergli se hanno scoperto quali fossero i loro progetti perché la sua impressione è che tutti non facciano altro che sopravvivere. E quando si trova in coda, sotto il sole, a volte realizza di essere solo una particella del fiume giallo e sente tutti i clacson suonare: decine di migliaia di trombe all'unisono. Allora chiude per un attimo gli occhi, sente il salato di una goccia di sudore sulle labbra, poi si accende una Gold Coast, beve un sorso di pepsi e si unisce al coro.    

Amman -  FRAMMENTI DI UN DIARIO ARABO DI FINE NOVECENTOWhere stories live. Discover now