Capitolo tredici

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Camila inspirò profondamente.

Era sparito. Il suo diario era sparito di nuovo.

Ripercorse i suoi passi, ricontrollò lo zaino, fece mente locale annaspando fra i frammenti della giornata perché soggiogata dall'ansia temeva di aver tralasciato qualche particolare quotidiano.

Muretto, classe, mensa, classe... Passo dopo passo. Ricordava di averlo messo nella cartella al mattino, di non averlo usato a lezione, di avercelo ancora a pranzo, ma alla classe dopo non c'era più. Non poteva averlo perso in mensa, era sempre stata seduta e lo zaino, dove era custodito il diario, era rimasto al suo fianco tutto il tempo.

Dinah la stava confortando, carezzandole la schiena, mentre Lauren snocciolava ipotesi su dove avesse potuto perderlo, ma tutte sembrano supposizioni vane. Un diario non scivolava fuori dallo zaino, almeno che qualcuno non lo estrasse.

«Non esageriamo.» Protestò la corvina, scuotendo la testa. A chi poteva interessare il diario di Camila? Non aveva alcun senso.

«Magari l'hai lasciato da qualche parte e uno studente l'ha portato in segreteria.» Dedusse la polinesiana, trovando appoggio da parte di Lauren che si rimproverò per non averci pensato prima.

Camila non diede segno di risposta. Teneva lo sguardo fisso sulla ghiaia e rimuginava sulla giornata... Muretto, classe, mensa, classe.

«Io vado a controllare in segreteria, voi aspettatemi qui.» Propose Dinah, scendendo con un balzo dal muretto dove si erano sedute anche ore prima.

Lauren annuì e seguì il tacito ordine della polinesiana che, con un rapido cenno della testa, la invitò a raggiungere Camila e supplire la sua assenza.

La corvina si affrettò a sedersi accanto a lei, tentennò qualche istante notando il torpore che imprigionava le meningi di Camila, ma poi le poggiò una mano sulla spalla e pacatamente le disse «Non pensare subito al peggio.»

La cubana virò la testa verso di lei, scosse leggermente il capo e sbuffò, riportando gli occhi in basso. Lauren non si scoraggiò; reclinò la testa e intercettò il suo sguardo incupito.

«Camz, non è la fine del mondo. Lo ritroveremo.» Azzardò Lauren, volendo suonare solo rincuorante, ma ottenne l'esito opposto.

Camila la guardò torva, reprimendo la sfrenata voglia di urlarle contro solo perché si trattava di Lauren.

«Non è la fine del mondo, Lauren. Ma in quel diario ci sono scritti i miei pensieri più intimi, pensa se finisse nelle mani sbagliate, pensa se...» Le idee le si accavallavano in mente, una più nefasta dell'altra. Verbalizzare certi pensieri li avrebbe attribuito ancora più importanza e lei non poteva permettersi di proferirli, animarli con la sua stessa voce.

«Ok, lo so.» Assentì Lauren, cingendole interamente le spalle. L'avvicinò a se, portando il capo di Camila sul suo petto. Con la mano le carezzò il braccio, infondendole un po' di conforto tramite della genuina affettuosità.

«Non pensarci adesso. Sono sicura che smemorata come sei l'avrei lasciato da qualche parte.» Sdrammatizzò, abbassando la testa per vedere con i suoi occhi la flebile risata prodotta da Camila, che sentì riecheggiare sul torace.

«Dinah l'avrà già trovato, vedrai.» La rassicurò ancora una volta, ma il conforto si disperse al refolo di vento quando la polinesiana tornò a mani a vuote.

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