6. Felpa al contrario

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La prima settimana di scuola era andata, ma la seconda arrivò in un battibaleno, il weekend non sembrò nemmeno essere esistito.

Quel lunedì la mia voglia di muovere un solo muscolo, anche solo per mangiare, era sotto lo zero ma c'erano ragione ben fondate: 1) era lunedì quindi sì, poi 2) stasera né Giada né Luca potevano fare videochiamata, 3) non avevo dormito perchè avevo passato l'intera notte a guardare Friends, infine 4) il senso di colpa per il 3) e le mestruazioni mi portavano ad essere ancora più pigra.

Mentre mi stavo cercando di infilare una felpa casuale che avevo scovato nell'armadio, sentii la porta aprirsi.

Mi voltai ma non riuscì a vedere niente perchè, come ho già detto, stavo cercando di infilarmi la felpa. Dai miei calcoli la testa doveva essere in prossimità di una delle due maniche, mentre il braccio doveva essere finito o nel buco per la testa o nella zona inferiore.

Ma nonostante non potessi vedere, dai passi e dalla leggera risata capii che si trattava di Francesco.

<<Okay... non so e non voglio sapere cosa stai facendo...>> disse tentando vanamente di non ridere. <<... ma qualsiasi cosa sia muoviti. Ti accompagno a scuola>>

<<Anche Anastasia?>> chiesi.

<<No, lei... lei è già andata via con Giacomo>>

<<Chi è Giacomo?>>

<<Il signorino che sta sotto le sue coperte>>

Liberai la testa dalla felpa e lo guardai interdetta. <<Non si chiamava Giovanni?>>

Appoggiato allo stipite della porta Francesco fissò i miei capelli elettrizzati e sparati da una parte all'altra, e poi aggrottò la fronte.

<<Che ne so io, scusa?>>

Scrollai le spalle ancora bloccate dalla felpa incastrata. <<Lo conosciamo da quasi un anno...>> mi morsi il labbro pensierosa. <<... dovremmo sapere il suo nome...>>

Francesco roteò gli occhi.

Non appena se ne andò, mi venne un attacco isterico di una durata minima di cinque secondi.

<<LA PORTA! CHIUDI LA PORTA!>>

Dieci minuti più tardi eravamo seduti pacificamente ad un tavolo nel bar di fronte a scuola, a bere caffè e mangiare brioche.

Era carino lì, un ambiente molto vintage e piacevole, se non fosse che mio fratello fosse andato a letto con una delle cameriere e non l'avesse più chiamata.

<<Forse se ne è dimenticata>> disse lui osservandola mentre si allontanava dal nostro tavolo.

Prese un sorso di caffè e subito sputò il liquido nella tazza con una smorfia.

<<No, non se ne è dimenticata>> lo guardai confusa. <<... è salato>>

<<Parliamo di cose serie>>

Corrugò la fronte e mi scrutò da sopra addentando la sua brioche. <<Non ti seguo>> borbottò con la bocca piena.

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