Prologo

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Evie

Ricordavo l'amore, il vento fra i capelli, il profumo che via via sarebbe stato portato lontano, una casa gialla, un disegno di fiori. Ricordavo il sole che si infilava tra le finestre e mi veniva a svegliare, il dolce suono di una voce che udivo da sempre, e che ogni giorno mi costringeva ad aprire gli occhi con accuratezza. Ricordavo due mani che raccoglievano il mio viso, due occhi uguali ai miei. Un sorriso, una stretta, un buongiorno.

Mia madre apparteneva a quella categoria di persone che avrei definito rara, o persino un miracolo, per quanto appariva perfetta, leggera e coinvolgente. La solitudine non aveva mai fatto parte di lei, delle nostre giornate o dei miei risvegli indotti dalla sua positività; non ce n'era stata traccia durante la mia infanzia. In effetti, la ricordavo con piacere grazie alla sua infinita passione per l'esistenza e per la vita - la stessa che mi aveva regalato con ineguagliabile grazia - e per la forza che aveva nel credere che ci fosse un qualcosa di bello in qualsiasi giornata, persino in quella più buia.

«Trova quel qualcosa che manca.» Mi diceva dolcemente: «Se anche non dovesse essere partita con il piede giusto, puoi trasformarla in luce».
Persino quando tornavo da scuola con il broncio per via di qualche scaramuccia tra compagni o a causa di un compito andato male, aveva la capacità di rasserenarmi con quelle sue parole amorevoli. Mi portava a prendere un gelato e a guardare il mare, mi trascinava nella bontà e nella positività anche quando non credevo fosse possibile.

«Ora va meglio?» Mi chiedeva al termine di quei pomeriggi, e io non potevo che accennare un timido sorriso. Mi sentivo quasi colpevole per aver avuto il coraggio di dubitare della grandezza di ogni cosa bella intorno a me, per aver perso ore preziose della mia esistenza a raggelare il mio animo invece di trovare, anche nel peggiore degli istanti, un barlume di speranza che riaccendesse la gioia per quella vita che di certo lei era brava a farmi apprezzare.

Ed era facile tornare a casa con un sorriso e con una grande energia che riversavo nella mia voglia di fare; d'un tratto non ero più stanca per aver passato un'intera giornata fuori. Inconsciamente, realizzavo che tutto quel benessere era dovuto proprio a lei, al mio sole.

Continuava a rimettermi al mondo, a guardarmi negli occhi con la stessa meraviglia provata il giorno della mia nascita. Dal mio canto, continuavo a rallegrarmene e a desiderare che le sue attenzioni non cessassero, come se non fossero mai abbastanza. E in effetti avevo ragione nel crederlo, perché nove anni non erano stati affatto sufficienti, o almeno non per poter godere totalmente della sua vicinanza. Non ne sarebbero bastati neanche cento, a dire il vero, ma crescere sapendo di vederla invecchiare sarebbe stato sicuramente molto meglio.

«Ecco il tuo caffè, e un dolcino offerto dalla casa.» Sentii la voce di Felicity, la barista, e mi ricordai di essere all'interno di quel bar in città in cui andavo spesso e, come al solito, di essermi appena persa nei miei pensieri.

«Grazie, come sempre mi vizi un po' troppo.» La ringraziai e sorrisi con gentilezza, iniziando a mangiare e a bere la mia dose di caffeina giornaliera.

La osservai lavorare e rincorsi qualche altro pensiero sconnesso, almeno sino a quando decisi che sarebbe arrivato il momento di andarmene, se non fosse stato nuovamente per lei. «Non andrai già via, vero?» Poggiò le mani ai fianchi, alzò un sopracciglio biondo e mi osservò con un'espressione che avrei definito decisamente sconvolta. «Sta arrivando il mio fidanzato, è appena uscito dal lavoro. Te l'ho detto che te lo avrei presentato, prima o poi. Ah, eccolo lì. Evie, lui è Julian.» Continuò, voltandosi a guardare la porta del locale per poi indicarmi e presentarmi il ragazzo che stava facendo il suo ingresso.

Non appena il mio sguardo incontrò il suo, percepii un fremito che avevo atteso a lungo. Tuttavia, riuscii a nascondere le mie sensazioni e la verità che altrimenti sarebbe sgorgata facilmente dal mio sguardo.

«Ciao, piacere.» Mantenni sulle labbra un sorriso che celava intenzioni ancora indicibili. Osservai brevemente il suo bell'aspetto: i suoi occhi azzurri distoglievano l'attenzione dall'evidente stanchezza che aveva trascinato con sé. Strinsi una sua mano con sicurezza e mi presentai.

In quei frangenti, la mia mente fu capace di cristallizzarsi su un unico pensiero: quello era l'uomo che cercavo da tempo.

Quello che non sai di meWhere stories live. Discover now