Lydia e Will

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Sono Lydia, ho quasi ventotto anni e un figlio di dieci, da crescere da sola. Non giudicatemi, ero giovane, sprovveduta, e confusa su quale sarebbe stata la mia strada dopo il diploma. Da una parte avrei voluto frequentare il college, studiare e laurearmi a pieni voti. Dall'altra, invece, ho sempre sognato di viaggiare, esplorare il mondo in tutte le sue meraviglie e culture.
Peccato che, alla fine, io abbia fallito in entrambe.

Durante l'ultimo anno di liceo, ad una delle consuete feste a cui abitualmente partecipavo, sono finita a letto con Ethan, un affascinante ragazzo dal carattere misterioso e con un fisico da urlo.
Quando ho scoperto di essere rimasta incinta mi è crollato il mondo addosso. Tutto ciò che avevo sognato per tanto tempo era improvvisamente svanito nel nulla. Dopo che il "vigliacco" si è praticamente volatilizzato, non nego di aver preso in considerazione la possibilità di abortire per riprendere in mano la mia vita e i mille progetti che volevo realizzare.
Insomma, come avrei fatto ad affrontare tutto da sola?
Tuttavia, oggi sono totalmente convinta della decisione che ho preso.
William è la cosa più bella che la vita potesse mai regalarmi, l'unico amore che per me possa esistere. Ed è proprio per questo che spendo la metà del mio tempo a lavorare come cameriera in uno squallido pub. È l'unico modo che ho per garantire un dignitoso futuro a mio figlio, per non fargli mancare nulla.
Lui è un bambino talmente intelligente che a volte penso possa esserlo persino più di me. Ma il suo carattere diffidente e riservato non gli permette di stringere amicizie facilmente.

«Will sei pronto? Faremo tardi se non ti sbrighi!»
«Arrivo mamma!»
Finisco di appuntare i bottoni del mio cappotto per ripararmi dal freddo che da giorni avvolge la nostra cittadina. In fondo siamo a Dicembre, e l'aria gelida dell'inverno fa supporre in qualche copiosa nevicata.

«Eccomi» mi avverte, affrettandosi a scendere le scale con lo zainetto in spalla.

Mi soffermo ad osservarlo ammaliata. In molti pensano che mi assomigli in modo incredibile, e che abbia ripreso da me la forma ed il colore degli occhi. Verdi dalle pagliuzze nocciola.

Finisco di sistemare anche lui, imbottendolo a dovere per evitare che prenda freddo, ma come sempre si rifiuta di collaborare.

«Uffa mamma, non ho più cinque anni. So vestirmi da solo» ribatte, divincolandosi e uscendo di casa a passo spedito, lasciandomi dietro mentre lo osservo a braccia conserte.

A volte mi chiedo cosa gli passi per la testa, e come faccia all'età di dieci anni ad essere già così intraprendente. Di questo passo, tra qualche tempo non avrà più bisogno di me.
Io, al contrario, avrò sempre bisogno di lui, delle sue tenerezze e premure.

A cosa serve un uomo accanto se un bambino può riempirti il cuore di un amore incontrollabile e traboccante?

Giungiamo davanti il cancello della scuola appena in tempo.
Sentiamo la campanella tintinnare per l'inizio delle lezioni e tutti i bambini si apprestano ad entrare nell'edificio, chi correndo, chi chiacchierando e scherzando con i propri amici. La mia attenzione si posa su tre figure accanto a noi.
Due giovani sposi accompagnano la loro bambina, sorridendo amorevolmente come una famigliola felice.

Evidentemente la mia espressione si è incupita, dal momento che sento la stretta di William farsi più salda, avvolgendo le sue giovani e soffici dita sulla mia mano piuttosto screpolata a causa del freddo e del lavoro.
Sposto lo sguardo su di lui che mi sorride dolcemente. Ma in quei suoi smeraldi lucenti leggo una tristezza pari alla mia che, però, sa celare molto bene.

Dovrei essere io a rassicurarlo, a fargli capire che non lo abbandonerò mai. Che anche se non ha un padre accanto potrà sempre contare sulla sua mamma.
Scuoto la testa, scacciando i pensieri tristi, e mi abbasso per raggiungere la sua altezza.

«Forza ometto, è ora di andare» concludo infine restituendogli il sorriso.
Lui annuisce pronto a voltarsi per cominciare l'estenuante giornata scolastica.
Ma un attimo dopo torna indietro, abbracciandomi come forse non ha mai fatto prima. Tanto da farmi rimanere senza parole.

«Siamo una squadra, vero mamma?» pronuncia queste parole quasi con timore, credendo forse che per me non sia lo stesso.
Avverto gli occhi bruciare e appannarsi di una sottile patina di lacrime.
Lo stringo al petto accarezzando i suoi folti capelli neri in un tocco mesto.

«Fin quando vorrai» gli sussurro, stampandogli un bacio sulla guancia e seguendo con lo sguardo la sua figura che si allontana.

Costi quel che costi, arriverà il giorno in cui riuscirò a vedere la sua espressione finalmente felice.

•••
Questa storia partecipa al concorso "FantaRomattys" di Allen_Ligios e black_bourbon87

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