Assassina...

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Dopo l'ultima ora, verso le 13.20 ci dirigemmo in palestra, Crystal sedeva sulle gradinate inferiori mentre io e Shelley ci riscaldavamo. Indossavo la tuta delle cheerleader come le altre ma a loro differenza indossavo la felpa della squadra sopra al top. Non volevo che notassero il livido sul mio braccio e le sue dimensioni non permettevano di coprirlo. Odiavo quel livido e rivedermi allo specchio, rivedere quello che Dylan mi aveva fatto, aumentava la mia rabbia.
-Ragazze iniziamo-
Ashley era ovviamente il capitano e appena arrivata ci fece posizionare.
I ragazzi della squadra di basket interruppero a metà l'allenamento, iniziando a palleggiare e gridando quasi ignorandoci. Non ero l'unica a essere infastidita e Ashley non perse l'occasione per mostrarsi.
-Scimmiette, smettetela di urlare come se foste al mercato-
Tyler si fece avanti e ovviamente rispose col suo tono presuntoso.
-Su biondina, non ti agitare, c'è abbastanza spazio per tutti qui-
-Certo, ma noi abbiamo bisogno di silenzio-
-Silenzio, ma se urlate sempre-
-Noi possiamo urlare voi no-
L'aria si fece calda e Ashley sembrava davvero troppo furiosa, io e Shell la prendemmo per le braccia e ricominciamo ad allenarci. Dylan aveva accostato Tyler, aveva lo sguardo puntato  su di me ma io lo ignorai completamente.
-Su ragazze, ricominciamo- Prendemmo posto e Ashley si avvicinò a me.
-Ragazzi penderete Holland e proviamo un doppio giro-
I ragazzi fecero come gli venne detto ma appena mi strinsero il braccio per potermi sollevare, sentì un forte bruciore e non fui capace di trattenere le grida del dolore. Nella palestra scese il silenzio e tutti gli sguardi erano puntati su di me.
Crystal che fino a quel momento era concentrato sul suo libro, aveva lo sguardo preoccupto.
-Holland stai bene-
Sia Ash che Shell erano al mio fianco e mi tolsero la felpa. Alla vista del livido rimasero scioccate e Crystal piombò su di me.
-Cosa ti è successo?-
-Niente-
Mi rimisi in piedi e indossai la felpa, lasciai tutti sul campo e mi diressi nello spogliatoio con le lacrime agli occhi.
Ero rannicchiata in un angolo, per la prima volta, provavo paura, avevo lasciato alle spalle quella sensazione se così si poteva definire, dopo l'ultima volta mi ero ripromessa di non essere più debole ma Dylan aveva distrutto ogni barriera, faceva male, non il braccio ma il petto,  ma perché?
Rimasi ferma all'angolo per alcuni minuti fino a quando qualcuno non entrò negli spogliatoi, mi asciugai le lacrime mentre qualcuno si avvicinava.
-Stai bene-
Ero stupita ma non più di tanto.
-Vattene-
Dylan rimaneva immobile quasi non mi avesse sentito.
-Vattene cazzo-
Dissi ancora ma questa volta con tutta la rabbia che avevo, non potevo farmi calpestare ancora, non di nuovo, questa era una nuova vita, era il mio futuro e non volevo rovinarlo come avevo fatto con il passato.
-Vieni ci dovrebbe essere una fascia-
Lo guardai con ancora gli occhi rossi del pianto e lui sostenne il mio sguardo.
-Dici sul serio, davvero?! Lo stai rifacendo-
-Cosa?-
-Stai provando ancora a riparare ai tuoi errori per stare bene con te stesso, ma credimi questa volta non funziona-
-Senti Holland, mi dispiace sul serio e che quando mi arrabbio...-
Si interruppe quasi fosse spaventato.
-Cosa? Aggredisci...si l'ho visto, poi vai in un pub ti ubriachi e il giorno dopo via, tutto svanito-
-Non è così-
-Allora com'è?! Dimmi e io ti ascolterò-
-Non importa-
-Si importa, Dylan per favore dammi un motivo, anche stupido, perché non posso credere di essermi sbagliata, non posso credere di essermi fidata ancora della persona sbagliata, non posso credere che...-
-Che...-
Piangevo di nuovo e non riuscivo a trattenermi, Dylan avevo lo sguardo puntato sulla mia bocca quasi aspettasse che io dicessi qualcosa di importante.
-Non...Non farmi credere di essermi innamorata di qualcuno così orribile-
Dylan rimase pietrificato ed io finalmemte ero libera da ogni peso e dubbio, ora sapevo perche stavo male, io mi ero innamorata ancora una volta di qualcuno che in realtà non esisteva, qualcuno che non conoscevo e adesso capivo, non erano gli altri che sbagliavano ma ero io quella sbagliata. Pretendevo troppo, cercavo di capire l'incomprensibile, cambiare chi non voleva essere cambiato e amare chi non sapeva cosa era l'amore.
Corsi via, mi allontanai dalla palestra da tutti e tutto ignorando le grida di Shell e Crystal.
Avevo bisogno di stare sola, di un posto sicuro. Un tempo mi sarei rifugiata nella mia stanza l'unico posto dove le urla dei miei genitori mentre litigavano non erano arrivate, dove all'età di 10 anni immaginavo di essere una principessa, dove avevo imparato a essere forte, l'unico posto dove il sole arrivava ogni mattina e andava via ogni sera senza essere coperto da nessuna tenda, io ero come quel sole, ogni alba sorgevo e al tramonto perdevo me stessa. Non Mi piaceva il giorno troppo chiassoso per pensare, e tanto meno la notte che portavo solo pensieri futili, ma l'alba e il tramonto portavano consiglio pochi minuti ma tante risposte.
Quella stanza era stata sicura fino a quando, la notte prima, qualcuno aveva infranto quella sicurezza che tanto amavo.
Aveva rovinato tutto e io lo avevo permesso.
Andai sopra al tetto della scuola, presi una sigaretta e iniziai a fissare quel sole che tanto ammiravo. E la mia testa cominciò a porsi milioni di domande. Ma solo una aveva senso.
Perché soffrire ancora, ormai era andato tutto a puttane, perché continuare a far del male a me stessa e a chi cercava di capirmi se infondo ero io lo sbaglio?
Non avevo futuro perché prima di andare avanti avrei dovuto capire il passato, avrei dovuto superarlo ma ero troppo spaventata per farlo. Avevo cercato di essere forte, diversa ma non potevo. Ero sempre la solita, stupida ragazzina che aveva amato qualcuno tanto da fregarsene del resto, tanto da uccidere chi l'amava davvero. Il mio amore aveva ucciso.
Ero un'assasina, e questo no potevo superarlo, avevo ucciso lei, l'unica che meritava un futuro e che mi aveva davvero capita e amata, come solo una sorella poteva amare.

"You deserve to be happy"💘/StydiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora