19.Sensi di colpa

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- Sappiate che sono rimasto parecchio deluso da voi due: il vostro è stato un comportamento davvero incorreggibile. Mi aspetto che prendiate atto dei vostri errori e cerchiate di andare d'accordo o, perlomeno di ignorarvi a vicenda. - furono le prime parole che il signor Damocles pronunciò non appena le ragazze gli si sedettero di fronte. Entrambe aveva incrociato le braccia al petto, infastidite l'una dalla presenza dell'altra. La stanza in cui si trovavano era rimasta loro sconosciuta fino a quel momento: presentava quattro pareti tappezzate di quadri e licenze varie, una finestra che dava sul cortile della scuola ed una grossa scrivania in legno, circondata da un paio di poltrone color caffè. – Io non vedo quale sia il problema: non é stata colpa mia, perché lei ha cominciato per prima. - proruppe Chloé, indicando Marinette con un dito laccato di smalto. La corvina alzò nuovamente gli occhi al cielo e ribadì la propria innocenza con tono scocciato. Le ragazze ricominciarono così, a bisticciare un'altra volta, sotto agli occhi attenti e severi del loro preside. - Non mi interessa affatto chi abbia iniziato per prima, siete entrambe sospese per una settimana. – d'un tratto le interruppe, alzandosi in piedi e sbattendo un pugno contro la sua scrivania, infuriato. Le due rimasero a dir poco sconvolte dalla reazione dell'altro e dalla punizione che aveva appena assegnato loro. Non se ne aspettavano di certo una tanto grave quanto quella. - Una settimana? - domandò Marinette, strabuzzando gli occhi azzurri. - Lei non può farlo! Lo dirò a mio padre, che gli toglierà immediatamente il posto di lavoro. – esclamò d'improvviso Chloé, indignata. Afferrò il proprio cellulare dalla borsetta che aveva al collo e fece per comporre un numero, quando quest'ultimo le venne letteralmente sfilato dalle mani. - Questo lo prendo io. - il preside lo afferrò e lo ripose in un cassetto della sua scrivania, che richiuse a chiave subito dopo. – Così vedremo se imparerete la lezione, una volta per tutte. – la bruna sospirò, portandosi una mano al viso: si era andata ad infilare in un grosso guaio. Fece appena in tempo a scorgere l'altra alzarsi ed uscire velocemente dall'ufficio del preside, mentre batteva i piedi per terra e borbottava un: - Non finisce qui. - con la sua solita aria stizzita, che la campanella suonò, scandendo l'inizio della seconda ora.

- Sospesa? Stai scherzando, vero? – la sua migliore amica Alya aveva proferito quelle parole con un tono di voce piuttosto incredulo: non avrebbe mai immaginato che Marinette sarebbe stata sospesa, un giorno. - No, Alya. Purtroppo è tutto vero. - rispose Marinette, sospirando amareggiata. Appena uscita da scuola, l'aveva subito chiamata al telefono per informarla dell'accaduto. - Ma per quanto tempo? - le domandò l'altra.
- Una settimana. -
- Oh, mi dispiace tanto, Marinette. L'hai già detto ai tuoi? - bella domanda. Nonostante entrambi le avessero sempre voluto un bene dell'anima, la ragazza era terrorizzata da ciò che avrebbero potuto pensare di lei, se avesse provato a dir loro la verità. Infatti, era certa che non avrebbero affatto reagito nel migliore dei modi, nel venire a conoscenza della punizione che avevano affidato alla loro unica figlia. - Non ancora, a dire il vero: non ho il coraggio di farlo. - a quel punto, dall'altro capo del telefono si udirono diversi rumori, tra cui anche alcune voci, che la corvina non riuscì però, a distinguere del tutto. Quella della castana si frappose poi, sopra le altre e: - Tesoro, adesso devo andare. La Mendeleiv mi vuole di nuovo in classe. Ma ci sentiamo più tardi, d'accordo? - esclamò. In seguito, una volta chiusa la chiamata, Marinette decise di farsi una passeggiata e di fermarsi al parco per qualche ora, dato che era ancora troppo presto per tornare a casa e, per il momento, non se la sentiva affatto di dirlo ai suoi. Sarebbe rimasta lì fino a quando le lezioni non sarebbero terminate, così da non insospettire né sua madre né suo padre.

Tornata a casa, Marinette salutò velocemente i suoi, per poi rinchiudersi in camera sua. Si sentiva tremendamente in colpa per quello che aveva fatto, a tal punto da non riuscire nemmeno a guardarli in faccia. La madre, appena l'aveva vista rientrare, le aveva domandato cosa volesse per pranzo, ma l'altra le aveva risposto di aver mangiato qualcosa a scuola: incredibile, le aveva mentito ancora. Non era ancora stata in grado di capacitarsi di ciò a cui sarebbe dovuta andare incontro e perciò, la sua mente era molto confusa. Si lasciò cadere malamente sul proprio letto, oramai priva di forze, per poi esalare l'ennesimo sospiro della giornata. - Marinette, non preoccuparti. Tutto si sistemerà. - udì la vocetta confortante del suo Kwami, che le parve particolarmente tranquilla. - No, Tikki. Questa volta non sarà così semplice. - le rispose l'altra, rigirandosi su di un fianco. Lo spiritello rosso le rivolse un piccolo sorriso e le si avvicinò, accarezzandole dolcemente il viso con una zampetta. - Ti voglio bene, Marinette. Ricordatelo. - le sussurrò. - Anche io, Tikki. - rispose la bruna. Quel loro attimo di dolcezza venne però, spezzato bruscamente dal brontolio inconfondibile, proveniente dallo stomaco della ragazza. Le due si scambiarono un'occhiata d'intesa e scoppiarono a ridere. - Meglio mettere qualcosa sotto ai denti, non trovi? - esclamò sorridente, Marinette. - Biscotti? - anche il musetto dell'altra si aprì in uno splendido sorriso.

Dopo aver fatto una tappa in cucina, Marinette aveva appoggiato il vassoio con il cibo sulla scrivania e le due avevano iniziato a mangiare. Una volta finito, la corvina afferrò il proprio zaino da terra e lo aprì. Non avrebbe avuto senso fare i compiti per il giorno dopo, infatti la ragazza stava cercando il suo blocco da disegno, perché aveva intenzione di realizzare qualche altro schizzo al suo interno. Non riusciva però, a trovarlo da nessuna parte. Lo capovolse, facendo sì che tutto il suo contenuto si riversasse sul pavimento e, tra quel caos di oggetti di ogni tipo, scorse, oltre al proprio album, anche quel paio di biglietti per una cena presso "Lo squalo bianco", che aveva conservato sin da quando le erano stati regalati. "Oramai non ha più senso tenerli", si disse, dispiaciuta che il padre li avesse sprecati per lei. Li ripescò da terra e se li rigirò tra le mani per qualche minuto, prima che le saltasse in mente un'idea: "E se li regalassi a mamma e papà?". Dopotutto, entrambi avrebbero avuto la serata libera e perché non spenderla con una bella cenetta romantica a lume di candela? Non ci ripensò una seconda volta e scese direttamente giù, per poi entrare nel loro negozio. Cominciò a cercarli con lo sguardo e, una volta che li vide, gli si avvicinò. Stavano preparando un'enorme torta a tre piani, molto probabilmente destinata ad un matrimonio o ad una cerimonia importante. Era di un verde acqua molto chiaro ed aveva in cima ad essa una fila di rose color pastello, mentre i due sembravano parecchio concentrati ed indaffarati. - Mamma, papà. - attirò la loro attenzione. I suoi genitori si girarono verso di lei e la videro. - Ciao, Marinette. Ti serve qualcosa? - chiese il padre, posando nuovamente lo sguardo sulla torta. - Sì. Oggi avrete la serata libera, vero? - - Certo, perché? - intervenne Sabine. - Beh, vorrei che questi li prendeste voi. - allungò loro i biglietti e gli rivolse un sorriso. - Oh Marinette, ma questi erano per te. -
- Lo so, ma Alya non verrà. Perciò sarebbe inutile andarci da sola. - spiegò. Tom e Sabine le si avvicinarono e la ringraziarono con un bel bacio sulla fronte. Lei li salutò e stette per tornarsene in camera, quando... - Mamma, papà. - fece un lungo respiro e li richiamò nuovamente. - Sì? - chiese la madre. - Io... - iniziò a parlare, il cuore che le batteva forte nel petto ed un nodo che le bloccava la gola. - ... no, niente. - vide il sorriso sulle labbra dei suoi genitori e si bloccò. I due la guardarono andar via un po' confusi, ma non fecero altre domande. Fu in quel momento, che la ragazza si sentì davvero uno schifo.

Serena

A puuur-fect love story #Wattys2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora