Capitolo Settimo

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Aprii lentamente gli occhi mettendo a fuoco ciò che mi circondava. Ero in camera mia, ancora addormentata con il cellulare che continuava a squillare, trapanandomi il cervello. Sbuffai e provai a coprirmi le orecchie con il cuscino, ma tutto sembrò vano visto che mia madre non sembrava aver intenzione di volersi arrendere.
«Pronto?» risposi con la voce ancora impastata dal sonno, dopo aver sventolato la bandiera bianca.
«Amore tutto bene? Perché non rispondevi?» chiese mia madre dall'altro capo del telefono, preoccupatissima ovviamente. «Stavo dormendo, piuttosto che ore sono?» chiesi sbadigliando. Doveva sapere che dormivo fino a tardi nel weekend.
«Sono le 10:00!»
«Così tardi?» esordii stiracchiandomi. «Tutto bene? Noi arriveremo stasera.»
«Sì, tutto apposto... Ieri non è andata benissimo. C'è stato il diluvio universale e non avevo l'ombrello...» spiegai sorvolando sulla questione, non avendo più bisogno di parlarne visto che ormai sembrava essersi risolto tutto. Ero libera e sollevata, come dopo un incubo.
«Mi dispiace tesoro, eravamo a ristorante e non ho sentito, ma appena ho visto la chiamata ho provato a ricontattarti, anche stamattina. Comunque resisti che tanto arriviamo presto, ora ti devo lasciare!»
Resisti? Sembrava proprio che non si fidasse di me o che temesse che venissi rapita da qualche malintenzionato. Eppure non ero sola, non doveva preoccuparsi.
«Ok, mamma a stasera...»
«Aspetta, ieri sera cosa hai fatto per dormire fino a tardi?» Quella domanda mi aveva sorpresa, mi sentivo come durante un interrogatorio e non potevo certo dirle che avevo chiacchierato tutta la notte con uno spirito! Chissà se poi era stato davvero un sogno.
«Ho solo letto un libro e il tempo è volato...» risposi iniziando a giocare con una ciocca di capelli, tentando di sembrare convincente.
«Dopotutto hai il diritto di andare a dormire un po' tardi la sera, ora ti lascio...»
Finalmente riattaccai per tornare a distendermi nel letto anche se quello poi non era certo il momento giusto per riposare, non con uno spirito che si aggirava per casa mia. Era come avere un ospite, dovevo essere carina e presentabile. Mi alzai di scatto stiracchiandomi; la mia voglia di studiare si era decisamente eclissata. Indossai la prima cosa che trovai: un vestito color panna lungo fino alle ginocchia, forse un po' troppo estivo per il periodo. Mi pettinai e mi sistemai i capelli con un fermaglio color ambra dai motivi orientali comprato dagli amici di mio padre durante un viaggio in Giappone. Magari mi stavo facendo bella per il nulla, ma ormai non potevo più girare per casa nuda o in pigiama, non sarebbe stato un bello spettacolo... Almeno finché non appuravo se avevo davvero uno strano ospite. Scesi le scale lentamente, anche fin troppo, provando mille espressioni e saluti a cui avrei potuto ricorrere in sua presenza. A ogni passo sarei voluta tornare indietro, quasi non avessi davvero il coraggio di ritrovarmi di fronte a lui, alla ricerca di una qualche verità. Volevo restare in quel sogno, in mezzo a quelle strane speranze.
Mi bloccai nel vederlo in cucina, come ad aspettarmi. Non credevo mi avrebbe sconvolta di nuovo e resa così felice. Chissà poi da quanto era lì.
«Buon giorno Elizabeth, dormito bene?» mi chiese immediatamente, incrociando il mio sguardo.
«Sì, tutto perfetto. Tu hai dormito bene?»
Rivolgermi a lui era così strano e imbarazzante.
«I fantasmi non dormono...» rettificò lui, lasciandosi sfuggire una risatina, mentre io mi avvicinavo al frigorifero per prendere delle uova. Stupidi convenevoli.
«Sai com'è, l'abitudine...» mi giustificai.
«Comunque se t'interessasse, è il corpo che ha bisogno di dormire, non l'anima. Lo spirito deve solo soddisfare i desideri del corpo che rappresenta una sorta di peso. L'anima non ha bisogno di mangiare, bere e altro, per questo una volta morti è tutto un po' più facile. Per esempio un'anima può restare anni nel deserto senza bere mentre nel caso di un'anima accompagnata dal corpo quest'ultimo morirebbe.»
Sospirai prendendo finalmente le uova e chiudendo il frigorifero alle mie spalle. Odiavo quando si atteggiava a professore.
Gli diedi le spalle iniziando a cucinare le uova, uno dei pochi piatti che riuscivo a preparare e mi permettevano di non morire di fame se i miei non erano a casa.
«Quindi non mangi?» chiesi ancora, muovendo appena la pentola. «Non ingrassi nemmeno?»
«No, l'anima dopo la morte rimane invariata, non ingrassa, non dimagrisce e non invecchia. Anzi, potrei anche dire che l'anima non è assolutamente niente, priva di qualsiasi aspetto o forma, ma se ti riferisci all'immagine che vedi attualmente potrebbe restare così per altri mille anni.
È il corpo a risentire dello scorrere del tempo e l'anima lo segue facendosi carico di esperienze, ricordi o altro, ma se il corpo muore tutto si ferma.»
Rimasi in silenzio lasciando scivolare le uova nel piatto, per poi sedermi. Arthur rimase appoggiato al muro a osservarmi. Non mi faceva piacere essere scrutata così mentre mangiavo e sinceramente quello spirito non sembrava aver mai visto qualcuno che cucinava. Diciamo che il suo sguardo mi metteva in soggezione e mi faceva diventare terribilmente sbadata.
«Voi anime avete bisogni dell'amore e dell'amicizia quindi. Delle attenzioni o cose simili.»
Abbassai lo sguardo, avvertendo comunque il peso dei suoi occhi su di me. Il solito rossore riprendeva a imporporarmi le guance mentre, per concentrarmi su altro, affondavo la forchetta nel tuorlo che, aprendosi, ricopriva tutto il piatto di una distesa di lava arancione, come la chiamavo da bambina. «Anche noi fantasmi possiamo amare. Non siamo pezzi di legno...» rispose scettico.
«Scusa.»
«Non preoccuparti, sono cose piuttosto difficili da capire, soprattutto per qualcuno ancora in vita...»
Come faceva a essere continuamente tranquillo, a trovare sempre qualcosa per cui sorridere nonostante fosse morto così giovane, senza che tutti quei ricordi tornassero a opprimerlo, come in un incubo? Lo ammiravo per questo, in fondo.
«Hai mai avuto una ragazza?» azzardai scrutandolo e torturandomi le mani, nascoste proprio sotto il tavolo.
«Non proprio, solo una ragazza che mi era stata promessa in sposa, non ci frequentavamo molto ed era piuttosto insopportabile. Era proprio viziata, parlava solo di vestiti e delle
sue amiche altrettanto stupide. Dopotutto non avevo tanta possibilità di scelta.»
«Non ti sei mai innamorato quindi?»
Alzai lo sguardo curiosa e stranamente gelosa.
«Come mai così curiosa? Parliamo di te, piuttosto» incalzò lui, ridendo, per mandarmi fuori strada.
«Assolutamente no, sono stata io la prima a porre delle domande quindi tocca a te rispondere. In più penso che tu sappia fin troppo.» risposi gonfiando appena le guance.
«In effetti sono sempre intorno a te.» disse scherzosamente scandendo ogni singola parola e iniziando a fare strani gesti con le mani.
«Sai essere inquietante, sai?»
Lo scrutai torva, alzandomi per sparecchiare.
«Ti aiuto, se vuoi...» propose come per mettere in mostra o
almeno spiegarmi quello che uno spirito era in grado di fare. Tutto normale se, nel tentativo di prendere il piatto, le nostre dita non si fossero sfiorate quasi impercettibilmente, ma abbastanza da farmi male. Poteva un semplice contatto farmi provare davvero una sensazione del genere? Le sue mani sembravano così morbide, affusolate e delicate, ispiravano vigore e protezione, ma sulla mia pelle ebbero lo stesso effetto di quando mi scottai, da bambina, con il ferro da stiro. Avvertii uno strano bruciore e ritrassi immediatamente la mano mettendomi alla ricerca di una qualche scottatura, di un taglio che non trovai. Arthur mi scrutò amareggiato, ma sorvolò sull'argomento. Il sorriso scomparve dal volto bambinesco di Arthur che si arrese e mi lasciò sparecchiare. Non domandai niente e il silenzio tombale di quella casa non venne più interrotto per un po' di tempo, esclusivamente dal suono provocato dal piatto che avevo appena poggiato nel lavandino. Mi sorse un dubbio, erano questi gli effetti collaterali di cui mi aveva parlato?
Mi voltai a guardarlo, se ne stava ancora appoggiato al muro con le braccia incrociate, ma aveva assunto un'espressione terribilmente seria e pensierosa. Rifletteva, ovviamente e temevo di sapere cosa lo turbava. Mi sentivo quasi in colpa, imbarazzata.
«Non dovevamo continuare il discorso di ieri... Cosa accade dopo la morte?»
«Ti racconterò tutto a tempo debito quando sarai pronta...» concluse schietto.
Probabilmente non sarei mai stata abbastanza pronta per lui. Avrei voluto protestare, ma cosa potevo dirgli? Che ero pronta? Mi diede le spalle, come per andarsene e il mio braccio si mosse da solo e in un attimo lo afferrò per la manica, costringendolo a fermarsi. Si voltò stupito iniziando a guardarmi come se si aspettasse una spiegazione. Forse non avevo voglia di rimanere sola o temevo che sarebbe sparito ancora. Anzi, potevo anche escludere il forse. Avevo atteso per tutta la notte la sua compagnia e lui se ne andava via? Mi vergognai e ritrassi immediatamente la mano portandola al petto, facendolo passare per un semplice scherzo del destino mentre avrei dovuto dirgli chiaramente quello che pensavo. E mentre lo vedevo scomparire davanti ai miei occhi continuavo a chiedermi cosa sarebbe successo e come l'avrebbe presa se avessi avuto un po' più di coraggio o almeno quel poco che bastava per dirgli quello che realmente pensavo.

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⏰ Last updated: Dec 16, 2017 ⏰

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