8. Ghiacciolo umano

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Soul non vedeva Maka da almeno una settimana. Aveva disdetto con un messaggio i loro abituali appuntamenti del mercoledì e del sabato, e quando lui la chiamava per chiedere spiegazioni, non rispondeva mai.

Che le era preso? E lui perché diamine pensava in continuazione a quella stronza? Perché sì, era una dannatissima stronza!

Si alzò con impeto dalla sedia e controllò l'orologio. Erano solamente le tre del dopo pranzo e Blair se n'era già andata da un pezzo, il che lo rendeva libero fino a sera.

«Adesso ti faccio vedere io, Albarn» farfugliò, uscendo dal salotto.

L'indirizzo di Maka era ben impresso nella sua mente e arrivare a destinazione risultò molto semplice. Proseguì a piedi senza prendere la macchina, dato che il condominio era vicino alla villa, ma quando arrivò di fronte all'edificio moderno color avorio, si bloccò, scosso da un dubbio.

A quale piano doveva andare...?

Scagliando qua e là lo sguardo smarrito, gli venne un improvviso lampo di genio e si avvicinò al citofono, cercando il nome della ragazza fra le varie targhette: "ALBARN, Maka – 6".

Cazzo, si sentiva un fottuto detective. Forse se avesse avuto un po' più voglia di studiare l'avrebbe anche fatto.

Si tirò indietro i capelli ed entrò nel condominio, prendendo l'ascensore e arrivando al sesto piano. Avanzò lungo il piano alla ricerca del campanello col nome di Maka e una volta scovato si fermò davanti alla porta dell'appartamento. Cercò di ignorare le palpitazioni, trovandole proprio fuori luogo per uno come lui, e suonò. 

"Che stupido, non ti aprirà mai" ridacchiò subito il diavoletto.

Il ragazzo serrò la mascella e, vedendo che non arrivava nessuno ad aprirgli, provò a suonare una seconda volta e un'altra ancora. Ma di Maka nessuna traccia. 

Sentendosi un po' in imbarazzo e perdendo definitivamente la pazienza, iniziò a picchiare forte sul legno, gridando a gran voce: «ALBARN, MALEDIZIONE! SO CHE SEI LÌ!».

"Te l'ho detto, Evans" canticchiò il demone.

Soul smise di bussare e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. 

«Zitto, ogre».

Alcuni vicini si affacciarono spaventati dal loro appartamento, ma quando Soul li guardò male, questi richiusero velocemente la porta. 

Nessuno voleva avere problemi.

«Ehi, tutto bene, amico?» chiese una voce maschile in lontananza.

L'albino si voltò. Dall'ascensore era sceso un ragazzo coi capelli bruni e gli occhi azzurri. Non lo conosceva e non l'aveva mai visto in vita sua, ma gli stava già sui coglioni.

«Che vuoi?» sbottò sgarbato, infilando le mani nelle tasche del giubbino di pelle.

L'altro ragazzo si accigliò. «Semmai te lo dovrei chiedere io» disse severo. «Che ci fai davanti all'appartamento della mia ragazza?».

Soul inarcò le sopracciglia.

Oh, allora lui era Matt, il fidanzatino fighettino di Maka. Che no, non gli andava per niente a genio.

«Ragazza, eh...». 

Il bruno avanzò, e, quando fu abbastanza vicino a Soul, captò lo stesso odore che aveva sentito sull'abito di Maka. Era così nitido che non poteva sbagliarsi. Avendo lavorato in una profumeria qualche anno fa, aveva riconosciuto subito la fragranza. Pochi se la potevano permettere.  

VENOM [Soul Eater]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora