Love me do

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“Questa è la nostra ultima canzone della serata” annunciò il chitarrista barbuto, dopo una manciata di altre cover ben realizzate.

Era stata una gran bella serata, e la loro musica aveva irrimediabilmente influito positivamente sulla buona riuscita delle mie più ottimistiche volontà di trasformare la tranquilla giornata in una giornata da ricordare. Io e Allie avevamo smesso di prendere da bere dopo le bottiglie che la mia amica aveva preso mentre ero in bagno: tre bottiglie in sole due ore erano abbastanza per renderci spensierate e felici, e non avevamo alcuna intenzione di esagerare. Ovviamente le intenzioni iniziali di spostarci allo Ship and the Mitre erano state accantonate da un bel pezzo, per mia infinita gioia.

Il batterista paffuto tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans marroni un’armonica a bocca, ed iniziò a suonare le note familiari di Love me Do.

“Fanno per ultima la prima canzone dei Beatles, non è buffo?” domandai, seppur consapevole dell’indifferenza di Allie nei confronti di quei dettagli irrilevanti.

“Se lo dici tu” rispose, facendo spallucce e continuando a ondeggiare la testa a ritmo di musica.

Sebbene conoscesse la maggior parte delle loro canzoni, la mia amica non era mai stata una grande fan dei Beatles. Le canzoni che le piacevano davvero si potevano contare sulle dita delle mani, ed era davvero raro vederla canticchiarle. Non la prendevano, non le reputava canzoni coinvolgenti o degne di essere ricordate. O, almeno, questa era la scusa che utilizzava ogni qualvolta iniziassi a fargliele sentire. Eppure, quella sera sembrava più presa e coinvolta del solito da quelle note e da quei versi.

Someone to love, somebody new

Someone to love, someone like you

“Ti vedo presa, stasera” le dissi sorridendo, giocherellando con l’etichetta della bottiglia vuota di fronte a me.

“Te l’ho detto, questi ragazzi mi piacciono” replicò con nonchalance, alzando le spalle e increspando le labbra in un sorriso.

Non c’erano grandi cose da dire a riguardo. Quando Allie diceva che qualcuno le piaceva, ed era raro che lo facesse in modo così semplice e senza ricorrere a turpiloqui inutili, intendeva dire che le piaceva davvero. Annuì in risposta, guardando ancora una volta i musicisti che avevano fatto da colonna sonora alla nostra serata. Ciò che non capivo in quel momento, però, era cosa piacesse di quei tre alla mia amica. Nonostante fossero un’ottima cover band, dal ritmo coinvolgente e dagli arrangiamenti perfettamente riusciti, stentavo a credere che fosse la loro musica ad aver colpito in quel modo la ragazza seduta di fronte a me.

I suoi occhi erano accesi, brillanti. Li guardava con ammirazione ed una punta di desiderio. Cercai di individuare la traiettoria del suo sguardo, ma non ci riuscii. Fu solo allora che capii che, probabilmente, con il suo semplice ‘mi piacciono’ non parlava affatto della loro musica, bensì dei loro bei faccini. Era fin troppo strano, nonostante avesse bevuto abbastanza, che fosse improvvisamente diventata un’ammiratrice di cover band sconosciute.

“Devo riuscire a parlarci” sostenne, parlando più a sé stessa che a me. Involontariamente, aveva dato risposta ai miei dubbi inespressi. Ora era chiaro tutto ciò che le frullasse per quella sua testa malsana: voleva parlarci e conoscerli. E io, conoscendola, sapevo che la sua concezione di ‘parlare’ e di ‘conoscere un ragazzo’ era decisamente diversa di quella di qualsiasi comune mortale.

Sentii improvvisamente un calore salire dallo stomaco fino al viso, ed una strana agitazione prendere possesso dei miei pensieri. Sperai per un attimo con tutto il cuore che il nuovo obbiettivo di Allie non fosse il cantante di quella cover band. Il ragazzo con la voce di George Harrison, le movenze di John Lennon e il tic di Ringo Starr che stava catturando tutta la mia attenzione fin dall’inizio della serata, che era sempre più vicino alla mia concezione di perfezione, non poteva e non doveva essere la nuova preda della mia amica. Perché conoscevo fin troppo bene la sorte che capitava ad ogni vittima di Allie: i suoi splendenti occhioni blu, i suoi fluenti capelli ramati, le sue labbra rosse e carnose erano sempre stata un’arma letale per ogni ragazzo. Non era mai stato eccessivamente difficile, per la mia amica, riuscire a conquistare qualcuno che le piacesse: le bastava sbattere velocemente quelle ciglia e spostarsi di poco i capelli dal viso per far cadere ai suoi piedi chiunque con facilità. E ‘Richard’, di certo, non avrebbe fatto eccezione.

Please, please meWhere stories live. Discover now