Capitolo sei

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Normani aveva invitato Lauren a casa di suo zio Vincent. Inizialmente aveva fatto decadere l'invito con una scusa banale di cui non si era nemmeno preoccupata di abbellire un po' per renderla quantomeno credibile, ma poi aveva accettato.

Non le piaceva essere ospite a casa di qualcuno, per due ragioni precise. La prima, che passava gran parte della giornata a relazionarsi con le persone e quella parvenza di socializzazione era già abbastanza per un'anima solitaria come la sua. La seconda, era che sedersi ad un tavolo familiare, non faceva per lei. Le rammentava le giornate che aveva speso con i suoi parenti, i pochi Natali spensierati che si erano volatilizzati insieme, appunto, alla spensieratezza.

Insomma avrebbe preferito tornare nella sua modesta roulotte, scalcinata e borbottante, ma casa sua per principio.

Comunque Normani aveva postulato con una petulanza inappropriata, non peculiarmente appartenente al suo carattere, quindi Lauren temette che ci fosse qualcosa sotto e qualcosa dentro di lei le suggerì di presentarsi.

Arrivò con una manciata di minuti di ritardo, avendo dovuto fare la doccia fredda -perché sprovvisti di acqua calda- e aveva dovuto dissodare la mente prima di trovare il coraggio di entrare sotto il getto ghiacciato.

Ora, comunque, si trovava nel salotto tetro di Vincent. La sua attività non rispecchiava il suo stile di vita. In negozio c'era sempre ordine e l'imperativo di tenere limpido il locale, mentre casa sua era tutto l'opposto. Nemmeno loro vivevano decentemente, ma almeno avevano un tetto sopra la testa e quello per lei era già chieder troppo.

«Posso offrirti un bicchiere di rum?» Chiese Vincent con aria caritatevole. Dovevano essere proprio brutte notizie.

«Da come lo dici, meglio se porti tutta la bottiglia.» Replicò, strappando un sorriso tenue all'uomo che strascicò le pantofole fino alla dispensa.

Si risedette sul divano con la bottiglia in mano, ma si accorse di non essersi armato di bicchieri, così gridò a Normani di portarne due e lei, giustamente, ne aggiunse uno in più. Ora erano tutti e tre accomodati in salotto, e nessuno mancava di sorseggiare immancabile alcol.

«Lauren, tu lo sai che sei come una figlia per me. Come mia nipote. Siete tutte e due figlie.» Esordì Vincent prendendola alla larga.

Lauren diventava intrattabile quando una brutta notizia veniva condita con un giro di parole e delle lusinghe.

«Tagliamo la testa al toro.» Disse schietta, ingollando un sorso più prolungato per non inveire contro Vincent che sotto sotto era una delle poche persone a restarle simpatico.

«Certo.» Annuì sconsolato, poi poggiò il bicchiere sul tavolino accanto alla bottiglia e respirando profondamente disse tutto d'un fiato «Il negozio chiuderà.»

Lauren sbarrò gli occhi, la mano che brandiva il bicchiere si fermò a mezz'aria e per qualche istante il silenzio regnò padrone, interrotto solo dal ronzio del freezer.

«Ma quando?» Chiese la corvina, che incredibilmente aveva perso anche la voglia di bere.

«È una questione di mesi. Sto già cercando degli acquirenti. Metterò una parola buona per te, non preoccuparti di..» Lo interruppe.

«Perché? Perché chiudiamo?» Specificò, indifferente alle rassicurazioni che le stava propinando Vincent per addolcire la pillola.

«Perché non guadagniamo abbastanza e le bollette sono diventate un salasso. Non possiamo più restare aperti, non per molto almeno.» Scosse la testa afflitto, non solo per dover lasciare l'attività a cui era tanto affezionato, ma anche per i dipendenti che come Lauren si sarebbero ritrovati senza lavoro di lì a poco, e alcuni erano anche genitori divorziati che non potevano permettersi il lusso di oziare.

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