XXI

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Lauren è seduta su uno sgabello di fronte ad un pianoforte a muro.

La villetta è silenziosa e il sole è sorto sotto i loro occhi, dopo che hanno avuto la forza di staccarsi l'una dall'altra per ammirare il cielo.

«Non ho mai saputo suonare questo coso, né nessun altro strumento» dice, e Camila, che stava esaminando le copertine di alcuni vinili esposti nella libreria accanto ad esso, si ferma.

«Neanch'io, quindi non sentirti sola» sorride, e poi ripone al proprio posto ciò che aveva preso.
Nonostante si lascerà alle spalle quella città e il proprietario della villa non verrà mai a cercarla, Camila ha a cuore l'ordine di ogni cosa, assicurandosi di portare rispetto per ogni oggetto su cui va a curiosare e che non le appartiene.

Inizialmente, aveva creduto che Lauren fosse di idee differenti alle sue, ma ha notato come abbia moderato il proprio atteggiamento col trascorrere del tempo. Non sono passate nemmeno ventiquattro ore da quando hanno messo piede in quella casa, eppure sarebbero potute succedere un sacco di cose.
Invece no, se ne stanno lì sedute ad ascoltare musica e chiacchierare del più e del meno.

Non è una novità che non abbiano discusso di come si sono abbracciate e con quanta dolcezza le loro labbra si siano incontrate, quando ancora la luce del sole non rischiarava le finestre e l'oscurità celava ogni pudore, avvolgendolo in una nube di tenebre e conservandolo dentro di sé.

Camila non sa neanche se quel trambusto di passione e sentimenti aggrovigliati sia derivato da un delirio momentaneo - forse Lauren era nel mezzo di un'altra delle sue fasi estroverse, chi può dirlo?
Ed è gradualmente tornata nella sua posizione iniziale della ragazzina impaurita che non fa mai la prima mossa e preferisce restare stagnata nel dubbio piuttosto che slanciarsi nel rischio.

Sono parecchi passi indietro, involontari, ma pur sempre dannosi.
Se Lauren non dovesse nemmeno degnarla di uno sguardo, Camila si rassegnerebbe all'idea, limitandosi a chinare il capo e ignorare la situazione per non ferirsi.

Ma non lo fa. Al contrario, la cerca.

Non avviene per la prima parte della mattinata - durante la quale ognuna bada per lo più a soddisfare le proprie curiosità, andando in giro a frugare nei cassetti e scoprendo sempre più dettagli sulla famiglia che abita la villa - ma quando Camila è in veranda, seduta sugli scalini di legno che conducono nel cortile, la porta si apre e la ridesta dalla propria distrazione momentanea.

Stava disegnando, naturalmente.

In realtà, stava per lo più perfezionando lo schizzo che aveva cominciato su Springfield e mai terminato per ovvie ragioni.
Non sa se aggiungere ancora una sfumatura nel cielo che sovrasta il café in cui hanno conosciuto Brian, il barman, ed è sul punto di calcare la mina della matita sulla superficie delle porte a vetro dell'ingresso illuminato dalla luce fioca dell'insegna, quando sente il rumore di un accendino.

Si volta, e Lauren è in piedi dietro di lei, una sigaretta fra le labbra mentre cerca di accenderla.

Appena lo stoppino prende fuoco e lei ha inspirato il primo tiro, si siede sui gradini accanto a lei, gettando un'occhiata al diario.

«Mi sorprende che tu non abbia disegnato il bel ragazzo del bar» la beffeggia, e Camila rotea lo sguardo, annoiata.

«Sai che non mi piaceva, mi sembra di avertelo detto» risponde, sperando che colga il suo riferimento a qualche notte prima, quando si erano addormentate mano nella mano.

«Lo so, mi sto solo prendendo gioco di te» dice, accennando un sorriso compiaciuto dopo aver aspirato altro tabacco.
«Vuoi?» le porge poi la sigaretta, e Camila fa un cenno di dissenso.
Ha imparato la lezione quel giorno, quando ne ha rubata una dai cassetti della ragazza, nella solitudine dell'appartamento. Il retrogusto del tabacco non le è piaciuto affatto.

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