1. Damage Done

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Alex lo guarda, e sa che Genn ha paura perchè anche lui lo sta guardando e sta vedendo una risoluzione, una volontà potente di spezzare i silenzi cercati che lo incuneano in pensieri solitari, una forza dolce e intrusiva alla cui pressione non resisterà.

«Per favore,» e la sua voce è misurata a pennello, come il suo gesto della mano, che posa una piccola scatola rettangolare sul tavolo, «fallo.»

Per un istante cortissimo c'è spazio per la perplessità.

La confezione ha un aspetto innocuo, è rosa chiaro, di cartoncino sottile come quella del dentifricio. È fra loro, in mezzo. Genn è appena sceso in cucina per colazione, ha lo sguardo ancora intorbidito, deve affilarlo per mettere a fuoco, e appena lo fa le sue palpebre sbattono sbigottite.

«No.» Lo dice in tono riottoso, quasi. Alex resta lì con gli occhi, paziente, un po' mesto. Forse è quello sbigottimento che lo ferisce.

«Ti prego.»

«Adesso sto bene. Ieri era la tensione. Avevo mangiato troppo.»

«Non è solo per quello, Genn.»

Nell'atteggiamento, Alex ha ancora un'indulgenza da genitore verso la sua paura.
«Non costa niente se lo fai.»

Genn pensa alle patatine che ha vomitato nel cesso tentando di affievolire i conati per non farsi sentire, pensa a come il mondo intorno gli paia all'improvviso troppo frenetico e sgomitante, a come gli fa venire voglia di piangere, una specie di sensibilità a radiazioni che vibrano nei canali più miseri delle cose che vede.
Pensa ad Alex che entra in farmacia e cerca quella cosa.
Una sfilza di pensieri strani.

Infine, allunga una mano, magra, irrorata di azzurro. Prende il test di gravidanza. Si alza, quel maglione enorme assottiglia la sua figura dimezzandola mentre sale le scale, e Alex pensa che è così acerbo...
Restare solo fa diventare cavernose le sue riflessioni.

Genn è filiforme e affilato come una stalattite, sì.
Pieno di spigoli.
Con il torace quasi incavato.
Come diavolo si può conciliare la fertilità con un corpo del genere?

Allora crede che sia assurdo e non succederà, che tornerà tutto com'era prima di quel presentimento.
I concerti andranno al solito per il prossimo anno, come li hanno stabiliti. I loro genitori rimarranno in un'innocua e comoda ignoranza.
Il mondo resterà all'oscuro, intatto, uguale a prima. Una facilità troppo invitante per rinunciarci in cambio di ciò che non si può prevedere.

Ma perchè allora c'è una fitta di delusione che impoverisce il sollievo, essicca l'uguale a prima, come se, dall'istante in cui la mente ha disegnato quei percorsi, ha pronunciato a parole quel forse, valesse di meno?
Che cosa dovrebbe sperare davvero, e che cosa effettivamente spera?

Alex non è andato in farmacia, è andato al supermercato e ha nascosto la scatola del test fra tutti i pacchetti di cibo colorato che ha scovato, in preda ad una convulsione.
Quando è passata sul nastro di gomma nera ed è squillato il lettore del codice a barre ha distolto lo sguardo.

In autobus ha letto le istruzioni sulla scatola attraverso la plastica del sacchetto, il colore rosa che spuntava pallido, ancora velato.
L'affare ha una fessura bianca, compare una barretta ed è negativo, due barrette ed è positivo.

Fissa le briciole di una brioche su un tovagliolo, scorge un post-it sul frigorifero, apre il giornale, le parole si fondono tra loro in un coagulo d'inchiostro. Sul fondo bianco c'è un martello pneumatico.
La voce di Genn, bassa, bassa, così potrebbe essere solo sfumata dall'immaginazione.
Alex si muove confuso e ogni cosa sembra ancora irreale, un pezzo di smarrimento dopo l'altro -si ferma davanti alla porta del bagno e sta lì, aspetta, e Genn risponde entra.

È arrangiato sul bordo della vasca, quell'orlo troppo duro e sconfortevole, quasi rannicchiato, le mani immobili sulle gambe, e sulla sua faccia c'è appeso qualcosa che sta per cadere, che oscilla.

Alex si domanda se abbia rinunciato a farlo, ma poi vede lo stick appoggiato sul lavandino, di fronte allo specchio, rivolto all'ingiù. Come se Genn volesse mantenere una certa distanza anche fisica da quel forse. E ad Alex viene un colpo, perchè non sa cosa sperare ma sa cosa spera lui, perchè è la verità ed è presente accanto a loro, il futuro sintetizzato in un pezzo di plastica, posato vicino e quieto, con una volontà e un'influenza pari alla loro, in grado di spazzarla via serenamente e senza rimorso.

«Cosa» Si arresta, offuscato, ci sono troppe congetture fantasiose su come interpreta la sua espressione.
«Guarda tu, io non ce la faccio.» Genn ha la voce roca, scarnificata dal corpo, irriconoscibile.

Prova un senso di tradimento infantile nel comprendere di non potersi fidare, il panico lementoso che ne viene, perchè le batoste dovrebbero raggiungerti nei luoghi ostili, con facce da nemici, e non attraverso quei sotterfugi.

Alex cammina fino al lavandino, come in sogno, allunga il braccio.

Prende lo stick.

Lo gira.

Fissa il verdetto.

L'orologio conta qualche secondo in cui i respiri si irrigidiscono.

Quando Alex solleva la testa, i suoi occhi non sono più quelli di prima. Sono già quelli innamorati, da padre qualunque, di quando tutto succede con spontaneità, senza pretesa di ragioni, senza ombra di incertezza, oltre la sua stessa capacità di comprensione lo ha assimilato come giusto e situato in una zona del suo immaginario che non sapeva di avere.

E Genn si chiede se questo in teoria dovrebbe farlo sentire meglio, anzichè più solo e più tagliato fuori.
Davanti alle sue mani che tremano,
«A te sta bene, vero? .... a improvvisarsi così... Sei contento adesso? Tutto a posto, come non detto. Già ci sentiamo dei criminali così, senza che... Avevamo i concerti organizzati... Ma tanto che ti frega, tu sei quello che reagisce nel modo giusto, da brava persona... Il problema è sempre mio.»

E si trattiene dal piangere con un singulto orgoglioso, lo sguardo sollevato verso gli anelli della tenda della vasca, la bocca contratta.

Ad Alex viene da ridere. Di cosa stai parlando, Gè? vorrebbe dire, di chi? Aspettiamo un figlio. Cos'è un concerto, una tournèè? Cos'è il giudizio? Cos'è la paura? Dove avevamo così fretta di andare? Cosa è così urgente da venire prima? Tutto quello di cui ho bisogno sta in questo bagno, fra queste quattro piastrelle, a nemmeno un metro da me.

Una barretta, due barrette.

Ad Alex sembra semplicemente che non potesse esistere altro futuro. Non può più immaginare niente senza quel fascio di luce che si espande.

Si avvicina, una mano stringe il test, un prolungamento della loro esistenza, la verità la sente infilata nel petto.
Guarda con sconcerto la pancia di Genn, una lastra piatta d'ossa sotto il maglione, piegata sotto la sua schiena curva. Lo prende una specie di reverenza.
Genn lo ha fulminato con un'occhiata ostile, scorbutica, quasi minacciosa, non osare cedere a qualche slancio patetico con me.

Alex gli prende le spalle e lo fa alzare in piedi, dolcemente.
«Io ti amo, ti amo così tanto,» sussurra. «Non ti ho mai amato così tanto.»

Mai così tanto in un momento in cui sei così tanto poco amabile, lo sguardo torvo, il cuore chiuso, una crisi di nervi sul labbro inferiore.
E Alex percepisce il tepore delle lacrime che colano sul naso, ma non gli importa nulla, perchè è una cosa troppo grande e capisce che devono stare zitti ad ammirarla, che Genn può ammirarla solo se sta zitto, se gli pervade il sangue la stessa scintilla che ha folgorato lui, quel riconoscimento. Sa che capirà, con il suo tempo, nello stesso modo in cui ha capito di amare lui. Questo non significa che non sia ancora vero.

Lo tira contro il petto, gli lascia qualche lacrima impigliata sul maglione e un'impronta di calore sul corpo.

Genn rimane a contemplare, nell'angolo del suo abbraccio, solo il foro che c'è lì dove dovrebbe esserci il colmo della felicità.












Mpreg divisa in cinque parti, man mano posto le altre!

Spero vi piaccia ❣️

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