2. Interlude

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L'ecografia la fanno quando Genn è di due mesi e mezzo, ha superato da poco la fase del più irragionevole rifiuto adolescenziale e ha smesso di fumare.

Alex è entusiasmato da questo atteggiamento propositivo, gli fa già delle piccole cose, piccolissime, che sono come scintille minute di fuochi d'artificio.

Gli strappa il cellophane per tirare fuori una lattina, gli lascia gli oggetti sui ripiani bassi.

Eppure non vede Genn come più fragile di prima... Lo vede forte, invece, rafforzato.

Con occhi più calmi, che hanno superato un burrone.
Sa che il loro bambino lo protegge, gli fa compagnia nel pezzo di corpo che condividono.
Il processo è iniziato quando Genn l'ha incontrato, ci si è imbattuto, stremato al termine di pensieri lunghi che l'hanno sbugiardato a fondo.
Solo dopo questa brutale sincerità ha potuto chiamarlo nel suo mondo, nella mensola della sua mente, nella portata della sua vista e della sua empatia, della sua simpatia.

L'ha lasciato succedere, ha ammesso che sia successo, ha permesso a palpebre abbassate che Alex posasse la mano sul suo addome, ha riflettuto su quel contatto fremente, Alex che muove pianissimo le dita, perchè è una cosa idiota, ma gli pare già di poterlo disturbare, di fargli male...

Nella sua ottica, dal momento della scoperta in poi, era stato subito ovvio che il bambino ci fosse, era ovvio che era lì dentro da un mesetto che cresceva, era come se Alex lo conoscesse già, era come se fosse esistito già nel primo sguardo che aveva rivolto a Genn, nel primo sentimento di cui l'aveva amato.
Come se fosse sempre stato in mezzo a loro.

Quando Genn comincia a provare qualcosa di bello nei suoi confronti è curiosità, sente una vertigine e sa che proviene da lui, e allora ausculta la pancia senza vezzeggiamenti, avanzando silenzioso ipotesi, domande.

Non è un colpo di fulmine il suo, è una confidenza graduale, timida.
Ed è una bolla scura che pulsa sullo schermo, e lo sguardo di Genn vi è rapito, quello di Alex lo assorbe avidamente, è un impatto troppo diretto, il battito cardiaco si annida nelle loro orecchie e si irradia in tutta la stanza, risale in superficie e assorda come sott'acqua, i colpi quelli di una spugna bagnata.

E Genn sente dentro i polsi che non è un estraneo, non è un passeggero qualsiasi che sale su un treno senza destinazione per ostruire strade, è la loro carne unita, la loro anima tagliuzzata e ricomposta, l'adorazione di Alex mentre lo bacia, la riconoscenza di Genn quando si accorge di essere salvato da lui, la forma del naso di Alex, e quella degli occhi di Genn.
Loro inscindibilizzati.

Una volta sembrava non potessero avere un posto nel mondo, adesso hanno una forma, una data di nascita. E Genn si conficca su quell'immagine piccola, deglutisce e pensa che nessun altro sulla faccia della Terra si curerà di lui, che ha solo loro, che vivrà di quanto loro ci crederanno, del loro coraggio. Il piccolo galleggia là ignorante di essere spiato, e tutto circola funzionando come se fosse una realtà già stabile e bella, come se non ci fosse davvero niente di cui stupirsi. Alex tira su con il naso.

«Dovrei dirgli qualcosa?» bisbiglia pianissimo, come se temesse di farsi sentire. Genn sorride, senza scherno.
«E digliela.»
«Mi vengono solo cose stupide.»
«Pazienza, va bene lo stesso.»
«No che non va bene. Non voglio che pensi di avere uno stupido padre.»

Genn sorride di nuovo, al ventre spalmato di gel freddo. «Non ti preoccupare, lui sa tutto.
Capisce. Non si lascia sviare da così poco.»

E Alex prima di scoppiare a piangere pensa che, se Genn sta già diventando uno di quei petulanti genitori che decantano continuamente le prodezze dei loro portentosi figli, sono alla frutta.

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