Atto I

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Maedhros entrò nella sua carrozza, accompagnato dalla sua scorta. Gli aprirono lo sportello, e si sedette. Di fronte a lui era seduta sua moglie: Idrial.

"Li hai sconvolti anche stavolta?" disse sorridendo, sentendo le urla provenire dalla sala del Consiglio. Era un'elfa meravigliosa. Aveva lunghi capelli corvini che le scendevano morbidi e fluenti sulle spalle, sciolti, e ornati con fermagli d'oro. Aveva lineamenti gentili, che incorniciavano il tipico volto elfico snello e appuntito. La sua pelle era bianca come la neve, e il grazioso naso era costellato di lentiggini. Ma la cosa che Maedhros amava di più della sua sposa erano gli occhi. Erano del colore del ghiaccio più puro e luminosissimi, ma nonostante ciò riuscivano a trasmettere calore, energia, sicurezza. A concludere quel quadro di straordinaria bellezza vi erano le sottilissime ed elegantissime labbra, increspate in un ironico sorriso, che lasciava intravedere i denti, bianchissimi anche quelli. Nonostante l'aspetto gentile, Idrial era un'elfa molto decisa, che appoggiava sempre pienamente suo marito, anche nelle scelte più dure e incomprensibili per i loro simili.

"Diciamo di sì..." rispose lui sorridendo a sua volta, e osservando la strada fuori dalla finestra della carrozza.

Partirono, ma la carrozza si fermò poco dopo. Uno sportello si aprì, e Rimion, furente, si affacciò nella carrozza. I suoi occhi verdi strabuzzavano, il suo magro viso era contratto in una collerica espressione di disappunto, le vene sul collo gli pulsavano vistosamente. 

"Maedhros, questo è stato un colpo basso..."

"Le decisioni qui non spettano a te, Rimion."

"Sono un membro del Consiglio anche io, se te ne fossi dimenticato, ed esigo che tu torni nell'Assemblea e annulli immediatamente la tua decisione!"

"Chi sei tu per ordinare a me, Cancelliere Supremo, cosa fare?"

"Non sono solo io a importelo, ma più della metà del Consiglio!"

"Il Re ha incaricato me come guida di questa città, se dovrò rendere conto a qualcuno della mia decisione, lo farò a lui."

"Tu non puoi, dannato..."

Maedhros non fece finire Rimion, chiamò le guardie che subiro lo afferrarono e lo tirarono fuori dalla carrozza, scortandolo nuovamente all'interno del Consiglio dentro le loro armature dorate.

La carrozza ripartì, e Maedhros ricominciò a guardare fuori dal finestrino. 

"Hai visto com'era paonazzo? Ti ho visto che stavi a stento trattenendo le risate!" rise Idrial rompendo il silenzio.

"Mi devi spiegare come fai ad accorgertene ogni volta." rispose sorridendo lievemente lui, per poi riaffacciarsi al finestrino.

E il silenzio tornò a regnare di nuovo.

Passavano i secondi, i minuti, e Maedhros era sempre imbambolato lì, a fissare i mastodontici ponti fatti da corteccia, fronde e granito. Oppure le abitazioni: veri e propri alberi dotati di scalini che si inerpicavano lungo il tronco e scomparivano nelle fronde, illuminate da molteplici lanterne-senza-fiamma, speciali lanterne magiche che emettevano luce senza aver bisogno di possedere una fiamma al loro interno. Nelle fronde, i rami venivano manipolati con la magia e creavano stanze e pavimenti: vere e proprie abitazioni. Questi alberi erano enormi, di conseguenza le case-albero erano piuttosto spaziose (e belle, tipiche dell'architettura elfica), tuttavia a Meadhros non facevano impazzire. Da vedere erano meravigliose, ma come residenza preferiva le ville umane. Semplici costruzioni in mattoni inchiodate al suolo per mezzo di fondamenta, e non radici, con pavimenti in legno, mura in pietra, porte, e altre comodità che avrebbero fatto storcere il naso a qualsiasi altro elfo. Anche Idrial la pensava come lui: infatti i due e la loro famiglia abitavano in una villa umana circondata da un immenso e rigoglioso bosco (giardino sarebbe stato riduttivo), provvista di studio, biblioteca, laboratorio, cantina, osservatorio, riserva di caccia, e chi più ne ha più ne metta. Era pur sempre il Cancelliere Supremo no?

"Sei nervoso, stai giocherellando con la veste. Lo fai sempre quando sei nervoso." Idrial era decisamente un'ottima osservatrice. Le bastò un attimo per cogliere la preoccupazione nel viso del suo solitamente imperturbabile marito. Aveva le candide sopracciglia, bianche quasi quanto la sua carnagione, leggermente increspate. Gli occhi ambrati erano persi nel vuoto oltre il vetro, e, come se non bastasse, con la mano che non stava stropicciando nervosamente la veste si arricciava compulsivamente la ciocca bianca di capelli che non era raccolta nella treccia che era solito portare. 

"Di solito le discussioni nel Consiglio non ti turbano. Cosa c'è stavolta?"

"Ho preso una decisione senza il consenso del Consiglio"

L'espressione di Idrial si fece dura.

"Tutto il Consiglio?" chiese alzando il sopracciglio

"Non hai sentito prima Rimion? Buona parte. Non volevano concedere asilo all'esercito umano." rispose lasciando in pace la veste e portandosi al volto la mano. 

"Io gliel'ho concesso nonostante la schiacciante maggioranza fosse contraria" continuò sospirando.

"Hai fatto bene, come al solito." cercò di rincuorarlo lei, appoggiandogli una mano sulla gamba.

"Lo so, ma mi chiedo che prezzo avrà. Non è la prima volta che prendo una decisione simile. Mi sto procurando l'odio di Rimion e dei suoi ogni giorno di più."

"Sono solo dei ciechi tradizionalisti, Maed. Sono i sovrani come te che rappresentano esempi da seguire, non certo elfi come Rimion. E se la maggior parte dell'Assemblea lo appoggia, valutiamo di trasferirci, perché questo popolo sta davvero cadendo a pezzi!"

"Ho speso troppi soldi, tempo e fatica per costruire la nostra dimora, non la abbandonerò così facilmente."

Risero.

Si guardarono.

"Come farei senza di te?" sussurrò Maedhros

"Non faresti." Rispose sorridendo Idrial, per poi avvicinare il volto a quello di Maedhros.

Si strofinarono i nasi, e la punta delle loro orecchie divenne rossa.

La carrozza si fermò, e, prima ancora che Maedhros poté aprire la porta per scendere, improvvisamente un viso fece capolino dal finestrino urlando: "Non fate queste smancerie in pubblico, o traumatizzerete Saeros!"

Maedhros sobbalzò e sbattè la testa al tetto della carrozza. Idiral, il viso del finestrino e la scorta esterna alla carrozza risero.

"Io ti diseredo, disgraziato!" urlò Maedhros, in un misto di imbarazzo, rabbia e amore paterno.



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