Capitolo 3: Adele. Le sue strambe coinquiline

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Bonnie? Mi sono appena chiusa il battente alle spalle e mi ritrovo in un bel salone luminoso con cucina a vista. Mi accorgo che involontariamente gli angoli delle labbra si sono sollevati verso l'alto. Sorrido per quel cretino. Che mi succede? Si vede lontano un miglio che è uno che fa il cascamorto con tutta la popolazione femminile. Basta pensare al Maligno, è il momento di scattare istantanee da tenere aggrappate all'anima per sempre. Titolo: il primo giorno della mia nuova vita.

Mi giro a fotografare mentalmente ogni angolo socchiudendo entrambi gli occhi e imitando un rumoroso flash anni '90. Sono scema, lo so. Lo faccio spesso.

Flash uno: A sinistra dell'uscio, cucinotto che, essendo in un momento di gioia, definirò semplicemente retrò. Sopra questo, una finestra di legno pitturata di bianco che si apre su uno skyline di Roma: ci sono il Colosseo quadrato, il Gazometro, la Basilica di San Paolo... e altre cose che non identifico.

Flash due: Davanti ai fornelli c'è un'isola con degli sgabelli alti. Quantomeno svecchia l'ambiente. Domani farò colazione lì. Musica e cappuccino.

Sospiro con occhi sognanti.

Flash tre: Alle mie spalle divano sgangherato, verde oliva, sul quale alimenterò plotoni di formiche schiave delle mie briciole e leggerò Zerocalcare ridendo in preda alle lacrime.

Flash quattro: Ai piedi del mio futuro formicaio eccoci catapultati negli anni '60. Tavolino da caffè in legno scuro con disegnati dei fiorellini. Centrino, una volta color panna. TV, a occhio, direi ancora in bianco e nero e con una grandezza non definibile in pollici, al massimo in mignoli. Accostato a un angolo c'è poi un tavolo di quelli allungabili, di indubbia derivazione IKEA.

Questa casa sembra un'accozzaglia di roba di epoche e stili diversi e, seppure non ci sia una cosa che stia bene con l'altra, il complesso risulta accogliente. Immagino i miei scatti mentre canticchio fra me "La mia casa" di Silvestri.

Flash cinque: figura barbina in arrivo.

Fanno capolino dal corridoio di fronte all'ingresso due ragazze longilinee. Quella mora con i capelli corti dovrebbe essere Sara e l'altra, bionda e con tanti capricci per capello, Alice. Le ho cercate su Facebook per non fare brutta figura, oltre a voler indagare se fossero davvero normali come mi erano sembrate per telefono.

Mi accolgono con due sorrisi sinceri; non sono abituata a tanto affetto profuso da sconosciuti. Le donne, poi, in genere sono meschine e false e quando sorridono mi fido ancora meno.

Forse Elena senza cognome mi ha segnato troppo. Storia lunga...

Alice e Sara mi sembrano davvero contente che io sia qui. Forse, nel frattempo che la stanza era sfitta, hanno dovuto accollarsi una quota in più dell'affitto... Non tendono le braccia per una cordiale stretta di mano, avanzano come a volermi abbracciare. Ora mi stanno perfino stritolando entrambe, avvinghiate a me come boa constrictor.

Saltellano e dalle loro bocche escono gridolini entusiastici, che personalmente trovo incoraggiare la diceria maschile che ci accomuna alle oche giulive. Evidentemente la signora Fernanda pretendeva un mensile complessivo perfino più alto, dato che in due avevano diritto a metà e non a un terzo degli spazi comuni, altrimenti non si spiega tutta questa scena. Mi ritrovo a saltellare anch'io e a perdermi in quell'allegria contagiosa, anche se rimango perplessa sui motivi del loro giubilo.

La mia visione dei rapporti con il prossimo non è esattamente concorde con l'inclinazione che hanno alcuni ad essere fiduciosi verso l'essere umano, anzi.

Finalmente, mi stacco e mi profondo in presentazioni formali e di rito, dopodiché loro mi guidano alla scoperta degli spazi che mi vedranno mangiare, dormire, ridere, studiare... per almeno due anni. Eviterò la cosa del flash per ovvi motivi.

Io, la mia moto e... forse tu!Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang