Prologo

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Torino, gennaio 1986

Anche se quella notte si fossero alzati gli occhi al cielo, nessuno avrebbe potuto vedere un paio di ali nere tagliare il cielo scuro illuminato solo dalle stelle, uniche testimoni in quella notte senza luna. Non che ci fosse alcun problema, le strade di Torino erano quasi deserte. Era spesso così durante l'inverno, soprattutto in uno così gelido come quello, dove l'umidità faceva entrare il freddo nelle ossa e sembrava impossibile riscaldarsi. Eppure fino a un'oretta prima le strade del centro vedevano ancora ragazzi tornare a casa dopo un aperitivo, ridendo e scherzando mezzi ubriachi.

Erano le cinque di mattina, il momento preferito di Adhara, la quale si divertiva a librarsi nel cielo notturno più di quello illuminato del giorno. L'angelo nero si era posato sulla cupola della Gran Madre, ammirando davanti a lei il ponte che portava in uno dei suoi posti preferiti, piazza Vittorio, ancora più magica quando veniva illuminata solo dai lampioni. La cosa che più amava fare era perdersi in quelle luci che malgrado tutto non riuscivano a venire inghiottite dall'oscurità. 

A volte aspettava delle ore seduta nella stessa posizione, fino all'alba, per ammirare quello spettacolo che tanto le piaceva. Spesso si chiedeva se avesse amato meno quella città se avesse potuto viaggiare anche in altri paesi invece che rimanere confinata in un luogo minuscolo se confrontato con il resto del mondo, ma poi i suoi compagni la facevano ritornare in sé e lei finiva di sognare. Erano intrappolati lì, nella città che era sia un vertice del "triangolo della magia bianca" che partecipante del "triangolo della magia nera".

"Ancora qui, Adhara?" le domandò una familiare voce femminile alle sue spalle e non dovette voltarsi per riconoscerla. 

"Come sempre" rispose l'angelo seduto, facendole segno con una mano di raggiungerla. Meissa si affiancò a lei aggraziatamente e con la coda dell'occhio, Adhara si concesse di guardarla meglio per un attimo. 

Aveva sempre invidiato il suo fisico curvy, la pelle perfetta e leggermente più scura della sua, o forse sembrava così perché non era troppo in contrasto con i morbidi e lunghissimi boccoli biondi che le ricadevano attorno al viso leggermente tondo, il naso dritto e all'insù, gli occhi di azzurro tanto bello da sembrare di ghiaccio, per non parlare del bellissimo e bianco sorriso. Indossava un aderente abito di seta nera con dei ricami dorati sullo scollo a V.

"Io ormai mi sono abituata alla vista, la trovo persino noiosa" rispose la bionda sorridendole, "Rigel ti sta cercando, lo sai?"

A quel nome la ragazza sorrise; tra i due c'era sempre stata una forte amicizia malgrado fossero parecchio diversi: lui tranquillo, per certi versi solitario e taciturno, ma non era freddo, sapeva sorridere ed essere gentile. Era il consigliere ideale se si cercavano pareri neutri e sinceri e il miglior ascoltatore del gruppo. Lei invece era sempre stata più entusiasta in ogni cosa, la prima che si divertiva ad usare i suoi poteri per spaventare gli umani, fatto che gli Angeli Bianchi non avevano mai visto però di buon occhio.

Eppure non si erano mai azzardati ad inimicarsi gli Angeli Neri e per un motivo abbastanza ovvio: Angeli Bianchi e demoni avevano egual potere, una fazione non avrebbe mai potuto prevalere sull'altra e viceversa, per questo la nascita degli angeli Neri era un problema ed una possibilità per tutti; se queste creature si fossero schierate ad una parte, l'equilibrio sarebbe stato distrutto.
"Potresti chiedergli di venire qui se lo vedi? Oggi voglio guardare l'alba" ribatté Adhara senza distogliere gli occhi dal cielo, come ipnotizzata. 

"Devo proprio fare avanti e indietro?" chiese riluttante Meissa a cui l'idea di fare da messaggera proprio non andava a genio, facendo così sbuffare Adhara, la quale si mise in piedi di controvoglia e si alzò in volo.

"Vado io" disse prima di scattare verso il parco del Valentino, dove sapeva lo avrebbe trovato seduto sotto uno degli alberi dai rami bassi. Leggeva spesso lì, ad alta voce, come se stesse raccontando una storia a qualcuno. O almeno era come la vedeva Adhara, in realtà lui diceva di farlo perché lo aiutava a immaginare i luoghi e le vicende descritte nelle pagine. 

La guerra degli AngeliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora