due

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ok, é il primo giorno. la scuola non mi piace e io non piaccio a lei, ma nella vita bisogna fare anche le cose che non si vogliono fare.
mi alzo (di sicuro) controvoglia e mi metto dei pantaloni neri e larghi, con una felpa ancora più larga (ma stavolta é grigio-scura) e le scarpe, come al solito. mi lavo la faccia e i denti ed esco, facendomi travolgere dal vento fastidioso e indecente di questo paese. ancora una volta sono uscito senza giacca, e ancora una volta mi sento un mal di gola imminente. ma non ho tempo (anche se si, ne ho ma non so dove sia la scuola) quindi giro senza una meta precisa per un quarto d'ora.
dopo un po' inizio a scorgere una parvenza di cancello scolastico, quindi, mentre mi accingo a dirigermi verso di esso mi si avvicina un ragazzo con i capelli ossigenati (oserei dire che quella pseudo-tinta l'ha fatta anche male) e gli occhi marrone-chiaro, quasi gialli che mi fa: "dove stai andando?".
"alle sette e mezza di mattina ad un night club, sicuro". si accorge della sua domanda mediocre senza un fine ben preciso, e ride per la risposta ricevuta. "dove credi che io stia andando?".
"ah no, era per attaccare un po' discorso, sai com'é...".
"attaccati a sto cazzo, che fai prima, amico".
"non é educato da parte tua, sai?".
"non sarebbe educazione anche farsi i cazzi propri?". accellero il passo ed entro a scuola. alla portineria mi danno un foglio, con scritti tutti i miei orari, cosa che butterò prima di subito, e una piantina dove sono presenti tutte le aule, ma questa cartina deve averla fatta un architetto sotto effetto di acidi, quindi chiedo alla prima persona che trovo, guarda caso mister-biscottino-inzuppato-nell'acqua-ossigenata. "ehi, mister, mi aiuteresti con gli orari?".
"ho altro da fare, al momento".
"tipo cercare di fartelo succhiare da una troietta?".
"vorresti farlo tu?".
"senti, mi aiuti si o no?".
"dopo che mi hai trattato così ti aspetteresti anche un si?". me ne vado sospirando, perché so che stavolta me la sono cercata. decido allora di rintanarmi nei bagni, vedendo che ci posso fare per 5 ore in un cesso.
dopo che anche la seconda campana é suonata, decido di uscire da scuola, girandoci un po' attorno. oltre ad una rampa di scala che va su ce n'é un'altra che va giù, nascosta da cartelloni a dir poco osceni fatti da bambini provenienti dalle campagne più sperdute. le scale sono state nascoste per motivi di sicurezza, questo é palese. infatti sono ripide e il materiale non é di sicuro marmo o piastre di terza categoria, sembra piuttosto sabbia mista a calce messa su con un po' d'acqua. scendo facendo il doppio dell'attenzione, anche perché l'unica fonte di luce é una lampadina fulminata (quindi proprio niente). con il piede tocco troppo in là e scendo per gli ultimi 4 o 5 gradini sul mio sedere. mi si presenta davanti una porta abbastanza moderna (rispetto alle scale) e sotto di essa uno spiraglio di luce. provo ad aprirla ma é chiusa a chiave; qualcuno la apre al posto mio. deve essere una professoressa, dato il cartellino sopra al camice da laboratorio. all'incirca venti persone girano il loro sguardo verso di me e vorrei scomparire all'istante, grazie a qualche strana formula chimica creata al momento apposta per me.
"che ci fai qui? sei di questa classe?" ruggisce la professoressa.
"ehm no, io- io sono nuovo e non sapevo dove fosse la mia, nessuno..." prima che io possa finire mi accompagna alla porta principale del laboratorio.
"qualcuno lo vuole accompagnare alla sua classe?" a mio parere questa é una domanda del cazzo. chi mai vorrebbe stare anche solo cinque minuti con uno schizzato come me?
"io" dice un ragazzo, che si chiama dominic, o almeno é questo che ha scritto sul taschino del camice.
"va bene, ma sbrigatevi".
"oh no, io ho finito l'esercizio".
la professoressa alza gli occhi al cielo e ci lascia uscire entrambi. quando siamo soli il tipo comincia a mitragliarmi di domande:"come hai fatto a trovare questo buco? di che classe sei? perché non sei a lezione?".
"non lo so, ho buttato via i fogli che mi hanno dato in segreteria perché non me ne frega niente della scuola, quindi, non avendo niente da fare mi sono messo a guardare un po' in giro".
"ma che ti sei fumato stamattina prima di venire qui?!".
"niente, sto cercando di smettere".
"non sei per niente simpatico".
"allora perché ti sei offerto tu?".
"credevo fossi meglio".
"ok, allora levati dal cazzo" cammino più veloce per non parlargli più, ma riesce a raggiungermi. sono basso e ho le gambe corte.
"dai stavo scherzando" si lamenta.
"io no".
cerca di prendermi per il polso ma io mi divincolo senza problemi. "dai, fermati".
mi si pianta davanti, e a questo punto sono costretto a bloccarmi. "che vuoi ancora da me?".
"non lo so, ma non voglio lasciarti solo... magari ti faccio fare un giro del paese". annuisco, ma controvoglia, perché non saprei veramente che fare per 5 ore chiuso in bagno a nascondermi da qualsiasi essere umano presente in questa scuola. "dammi solo il tempo di mettere giù il camice e fare la giustifica per l'uscita".
"quanti anni hai?".
"18, posso fare un po' di tutto. tu invece, quanti ne hai?".
"uno in meno".
🕷️
appena usciti da scuola si accende una sigaretta, e a me tocca guardare, perché rifiuto quella che mi offre. "ti ho detto che sto cercando di smettere".
"appunto, stai cercando di".
per essere settembre fa già freddo, e non capisco come dominic riesca a rimanere in maniche corte. "non avrei nemmeno provato ad offrirti quella sigaretta, non bisognerebbe rovinare le cose belle come te".
"senti, se stai cercando di provarci con me, sappi già in partenza che non ci riuscirai neanche lontanamente".
"peccato".
"mi sei stato sul cazzo fin da subito".
"non mi conosci nemmeno".
"neanche tu".
"e allora prova a farti conoscere". alzo un sopracciglio come per dire 'ti rendi di conto di quello che hai appena detto?'. "é che sembri una persona interessante".
"bella battuta. vuoi sapere che cosa faccio durante la mia vita? niente, assolutamente niente, mi deprimo solo per il giorno che mi aspetta, rifiutando persone come te che mi si vogliono avvicinare".
"beh, ci sarà un motivo per cui sarai diventato così, no?".
"si, sempre per colpa di gente come te. mi starai vicino per si e no l'inizio della scuola, facendo tutto il carino e obbligandomi a dire cose che non voglio dire, poi, verso natale ti troverai una ragazza che la da via come se non fosse sua, diventerai famoso in questa scuola del cazzo e in mezzo a tutto il gossip ti scapperanno certi dettagli su di me, magari anche molto importanti, e a quel punto mi toccherà ancora cambiare scuola, ma a gennaio-febbraio sarà già troppo tardi e dovrò aspettare un altro settembre per trovare altri pezzi di merda" dico, tutto d'un fiato. dominic mi guarda esterrefatto. "non guardarmi cosi, so benissimo quello che dirai. 'ma no, non farei mai una cosa del genere, io non sono quel tipo di persona'. per favore, risparmiami".
"tu non sai niente di me" dice offeso.
"meglio così".
"la smetti di essere così arrogante e freddo? tu, davvero, non sai come sono fatto, non sai a che sto pensando adesso, e forse é meglio così, e non etichettarmi come menefreghista o che altro, perché davvero io non sono così. e adesso andiamo da qualche parte a fare colazione perché mi sembri molto magro". le sue ultime parole mi fanno trasalire, perché ha ragione. odio mangiare. non mi voglio definire anoressico, non é che voglio essere magro per piacere agli altri, voglio essere magro perché é così. programmo già quando vomiterò a casa mia, dentro al gabinetto, per non darlo troppo a vedere a dominic: vorrei risparmiargli certi dettagli indecenti. entriamo in un bar che ha da poco aperto, mi dice dominic, e i cui interni fanno schifo. senza offesa ma le pareti con la fantasia a scacchi non si possono proprio vedere. "per me prendi un bicchiere d'acqua, non ho fame".
"un gran bel cazzo amore mio, tu adesso mi dici qualcosa che vuoi mangiare perché non sopporto vederti così". sospirando chiedo allora del succo e un panino che non abbia la verdura dentro.
quando torna si siede accanto a me, anche se c'é una sedia di fronte alla mia. "voglio solo essere sicuro che tu mangi". la sua vicinanza mi urta, vorrei dirglielo, ma mi fa piacere avere la sua attenzione.
quando finiamo di mangiare é già mezzogiorno e devo tornare a casa (perché le scuole al primo giorno finiscono sempre prima) così mi faccio accompagnare da dominic. davanti alla porta di casa mia ci fermiamo e dico:"se devi tornare, vai".
"no, non ne ho voglia. posso restare con te ancora un po'?".
"eh, si... se vuoi entrare... saliamo in camera mia". mia madre é già a casa, e le riferisco che dominic é qui per spiegarmi come funziona un po' tutto eccetera eccetera.
"non criticare i miei gusti musicali, grazie" dico prima che possa aprire bocca.
"chi ha dipinto le pareti?" chiede.
"io" riguardo gli scarabocchi fatti con la vernice solo due mesi fa. "é la mia testa".
"é originale".
"io non sono originale. io sono matt bellamy".
"ti dai troppe arie".
"e ho ragione, non credi?". rimaniamo un po' in silenzio, mentre io continuo a leggere un libro e lui che fissa i miei cd sullo scaffale.
"domani vieni a scuola?".
"se va a finire come oggi, no".
"ti accompagno io, basta che mi dici a che ora ti devo venire a prendere".
"guarda che questo non mi farà cambiare idea".
"io ci tengo alla tua istruzione, tesoro, quindi per favore, dimmi qualcosa che posso fare per farti venire a scuola".
"un pacchetto di sigarette ogni mattina e alle sette e mezza sei qui. affare fatto?".

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