09.

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Il cielo ardente era rosso e andava cambiando.
Incominciavano a turbinarvi striature color pepe, ed ero curiosa.
Sì, sì, lo so cosa v'ho detto all'inizio. Di solito la curiosità mi conduce alla sgradevole testimonianza di qualche umana ribellione, ma quella volta devo dire che, per quanto mi si spezzasse il cuore, ero, e tuttora sono, lieta di essere stata lì presente.

Thomas

Lo riconobbe subito.
Era di spalle, curvo, la poca luce che si rifletteva sui suoi capelli biondi.

Saliva, respirando profondamente, attaccandosi all'edera, guardando in alto, determinato.

Parlò di scatto, forte, senza girarsi.
«Razza di pive del cacchio, vi ho detto di andare al diavolo!»
Ogni parola colpì Thomas al petto come un pugnale. Non era lui. Non poteva essere lui.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, Minho parlò.
«Dobbiamo parlarti.»
«Non ti avvicinare.»
Thomas rabbrividì, le parole bloccate in gola, tramutate in un suono inesistente.

Si alzò in piedi sul muro, il cielo luminoso sopra di lui, lo sguardo opaco, rassegnato.

La voce di Newt era come non l'aveva mai sentita prima, calma ma terribile, minacciosa, tremante.
È la malattia. Non è lui, è la malattia.
Newt parlò ancora, le sue parole confuse nella mente di Thomas.
E a un certo punto la sua gola si sbloccò.

Fece un passo in avanti, arrivando fino al limite del muro, guardando giù, respirando appena.

Sussurrò appena, le parole colme di dolore, di supplica.
Poi Newt si girò, e lo stomaco di Tomas si rattrappì, costringendolo a mordersi un labbro per non piangere, per non urlare, il respiro flebile e tremante.

Teneva un lanciagranate tra le mani, che non riuscivano a stare ferme, il dito sul grilletto. Il viso che tanto amava era sporco di sangue e polvere, graffiato, i vestiti logori, gli occhi accesi da una luce estranea, folle, colma di rabbia.

Alzò lo sguardo fino alla scacertola più vicina, fissandola con sguardo di sfida. La verità? Aveva paura.

«Non sto... bene» Le sue parole tremanti spezzarmi il cuore di Thomas. «Davvero, apprezzo che voi pive del cavolo siate venuti a trovarmi. Dico sul serio. Ma ora dovete andarvene. Mi avete capito?» No, Newt. Non posso andarmene. Non posso.

Guardò in basso, deglutendo. Chiuse gli occhi, le lacrime che volevano uscire a tutti costi. Pensò a Minho, ad Alby, ai suoi amici.
Si lasciò cadere.

Minho diede voce ai suoi pensieri, troppo orrendi per esprimerli.
«No che non capisco, Newt. Ti porteremo a casa, perché se nostro amico. Vuoi piagnucolare gridare mentre impazzisci? Va bene. Ma lo farai con noi, e non con un gruppo di Spaccati del caspio.»
Di colpo Newt spostò il lanciagranate contro Minho, le mani tremanti, gli occhi colmi di disperazione.

Un dolore indicibile, lancinante, poi era a terra, la gamba spezzata, avviluppata nell'edera, un rivolo di sangue che gli colava dalla fronte, le guance bagnate di lacrime.
Alla C.A.T.T.I.V.O. nessuno battè ciglio.

Quello che disse lo fece rabbrividire.
«Io sono uno Spaccato, Minho! Sono un caspio di Spaccato! Se tu fossi malato e stessi impazzendo, vorresti che i tuoi amici stiano lì a guardare? Eh? Lo vorresti?»
La sua voce era distrutta dall'amarezza, dal dolore. No, dobbiamo portarlo con noi. Non possiamo lasciarlo qui. Deve venire con noi.

Una figura gridò il suo nome, e si precipitò al suo fianco. Perse di nuovo i sensi.

"E vederlo impazzire?", disse una vocina nella sua testa.
Ci sarebbe riuscito? Avrebbe sopportato di vederlo impazzire e dimenticarsi di lui, piano piano, minuto dopo minuto?
No.
La risposta era questa, tremenda, terribile. No, non l'avrebbe sopportato.

Quando si risvegliò era nell'infermeria, da solo, la gamba che gli mandava brucianti scariche di dolore su per il corpo.
Urlò di rabbia e pianse, la testa affondata nelle braccia, le mani che gli stringevano i capelli.

E poi tutto si confuse.
Newt posò lo sguardo su di lui, gli occhi infuocati.
Sputò fuori le parole come fossero veleno, con un odio e un disprezzo che non erano mai, mai stati nella sua voce. «E tu, Tommy.» Tommy. Il respiro di Thomas si spezzò.
Newt aveva pronunciato il suo nome come quello di un estraneo, o peggio, come quello di un nemico.
Lo fissò, gli occhi sgranati.

Fu in quel momento che capì, la disperazione un grumo bruciante nel suo petto.
L'incubo non sarebbe mai finito.

«Hai un bel coraggio a venire qui e chiedermi di venire con voi. Proprio un bel coraggio. Mi viene il vomito solo a guardarti.»
Una morsa feroce gli afferrò il cuore.
È la malattia. Non è lui. È la malattia.
Ma ormai erano la stessa cosa.

UNA SCENA

Quella sera tornai nel bowling per prendere uno Spaccato coinvolto in una rissa. Passai accanto al ragazzo con i capelli biondi. Non potei fare a meno di guardarlo. Era seduto su una vecchia sedia, il lanciagranate buttato per terra, la testa tra le mani, i lunghi capelli arruffati.
Piangeva.

Ho aggiornato. Amen. Non credevo che questo giorno sarebbe mai arrivato. Scrivere questo capitolo è stato difficilissimo, sarà perché non l'ho mai ruolato. Non mi convince nemmeno. Vabbè, spero vi piaccia.
Il 10. lo ho già pronto, tra domani e sabato aggiorno.
Scusate per eventuali errori di battitura o correttore.
Byeeh.

Eclipse || Newtmas FanfictionWhere stories live. Discover now