Prologo [P.2]

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Un bussare delicato ma insistente alla porta della sua camera fece destare con un mugugno scontento Jonathan Right che, con la voce un po' impastata dal sonno, si mise a sedere e ordinò: <Avanti...>

Entrò una delle sue cameriere con un grande vassoio in mano, annunciando: <La colazione. Oggi aveva pianificato di andare in caccia di qualche altro kitten e aveva ordinato che gli fosse consegnata la colazione per le 8:00 in punto.>
Jonathan guardò l'orologio al muro e notò che erano le 8:01. In teoria la ragazza davanti a sè aveva rispettato l'ordine, d'altronde era stato lui a mugugnare e non dire subito "avanti".

<Grazie.> rispose freddo Jonathan, senza crederci davvero nella cortese parola.
La cameriera gli appoggiò la colazione sulla coperta, in corrispondenza di dove, sotto alle lenzuola, stavano le sue gambe e fece un piccolo inchino.

<Prima tira fuori una mia "tenuta" e tieni pronta la mia auto.> ordinò Jonathan con piglio annoiato.

La cameriera prese velocemente i vestiti e le scarpe adatte alla mattinata di lavoro dall'armadio della stanza, appoggiò tutto sulla sedia della scrivania ed uscì di fretta, solo dopo un altro inchino.

Jonathan mangiò ancora leggermente addormentato la deliziosa colazione, pensando che non aveva davvero bisogno di soldi: d'altronde aveva solo due cameriere fisse, qualche ex kitten dei suoi amici come schiavo occasionale e una casa non così grande da mantenere tutto l'anno.

Aveva ancora i soldi dalle ultime aste, dai "lavoretti" e "favori" che faceva alcune volte per i suoi amici e clienti e ovviamente i costanti guadagni delle sue aziende.

Però voleva guadagnare ancora un pochino: non si sapeva mai, aveva comunque della concorrenza anche se molto più in basso rispetto a lui.
E poi così avrebbe potuto stare di più in ozio, non dovendo farsi venire il problema di dover vendere qualche casa che aveva all'estero.

Finita la colazione, si cambiò e andò al piano di sotto dove trovò la sua anonima auto per quel lavoro (con la targa che cambiava spesso con il consenso dello Stato), salì e trovò accanto a sé la piccola valigetta con dentro il necessario.

E guidò alla volta della città, dato che abitava in mezzo alla campagna, lontano dal traffico e dalla città mai dormiente, cosa che lo snervava parecchio da piccolo.

Arrivato in città, scese e andò per le strade cercando qualche preda; aveva con sé un piccolo oggetto utile, nascosto sotto un giubbotto slacciato e leggero che indossava.

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Passò un'ora e mezzo buona senza neanche aver visto l'ombra di un kitten: a volte era capitato che li avvistava, ma scappavano, nascondendosi meglio.

Ma quella volta non li aveva neppure intravisti a pagarli oro.
Era davvero strano.
O erano improvvisamente spariti od erano diventati molto più bravi a nascondersi, rispetto alla sua ultima battuta di caccia, abbastanza recente.

Borbottando risalì in auto e guidò per strade meno trafficate di quelle dove era, ma non per quello malfamate. Ipotizzò che quell'incrocio tra uomini e felini di razza inferiore a quella umana adorava i posti tranquilli, come i veri gatti.
Beh, d'altronde era anche per quello che avevano successo.

D'altronde tutti adorano i gatti e i kittens spesso avevano una bellezza insolita per loro umani.
Ed essendo loro più crudeli, i kitten erano delle bellezze da poter possedere e farne principalmente come sfogo sessuale o schiavo.

Distogliendosi da quei pensieri, scese e iniziò a camminare come se fosse un comune passante che andava per la sua anonima e insignificante strada.
Poco dopo notò svoltare da un angolo un ragazzo basso, che teneva la testa bassa e un cappellino calato in testa andando avanti a sé.
Gli passò "davanti" agli occhi.

Però non lo vide alla perfezione.
Lui si trovava infatti ad una decina di metri dal ragazzino, che stava andando avanti per la sua strada che si intersecava con quella lì.
Però il cappellino e lo stare così chinato, come a nascondersi...

Lo fece riflettere velocemente.

Quasi all'istante, una piccola campanella risuonò nella testa del cacciatore, pensando che era una di quelle cose tipiche dei kittens: nascondere le orecchie con cappelli o cuffie, ma alcune volte rendendosi solo più individuabili.

Vide anche come camminava, leggermente impacciato e con le gambe poco divaricate: così camminava solo un qualcuno inculato a sangue o un kitten, scomodo a camminare con la coda nascosta.

Lo iniziò a pedinare, rimanendo indietro di pochi metri, cercando di non fare troppo rumore.
Il probabile kitten non si accorse minimamente di lui.
Forse era assorto nei suoi pensieri, e quello gli sarebbe stato fatale; oltre che vantaggioso per il castano.

Subito notò un qualcosa di peloso e nero uscire dal dietro dei suoi pantaloni: una coda.
Quel kitten non era riuscito a nascondersi abbastanza bene, oppure la coda stessa, senza rendersene conto, gli aveva fatto quel temendo scherzetto, che non sarebbe finito con le risate del proprietario.

Quando il kitten svoltò per un'altra via, Jonathan corse come una scheggia verso la propria auto coi corti capelli castani scompigliati dal vento e lo inseguì.
Riuscì a ritrovarlo in breve e lo seguì a debita distanza.
Quel kitten stava continuando ad andare in strade quasi deserte a quegli orari: così era anche fin troppo facile.

Si accostò, in modo da trovarsi un pochino dietro di lui e scese dall'auto velocemente, tenendo nascosto in tasca un panno imbevuto di una sostanza che, se annusata, provocava svenimenti.

Quel ragazzo non diede troppo peso all'auto accostata poco dietro di lui, troppo impegnato a essere con la testa altrove e lasciare che i suoi pensieri lo imprigionassero in una bolla a parte rispetto il mondo.
Jonathan scese velocemente dall'auto e si affrettò verso il ragazzo.

Solo in quel momento il kitten si alzò con la testa, quasi si fosse reso contro troppo tardi del pericolo incombente, irrigidendosi e provando a girarsi di scatto.

Ma lui fu più veloce e lo raggirò di quel poco per non essere nel suo campo visivo, tappandogli la bocca e premendogli il fazzoletto contro il naso, che nonostante il poco liquido di cui era impregnato era molto efficace. Infatti, i ricettori olfattivi dei kittens erano molto più sviluppati e sensibili di quelli umani, portando a favore dei secondi la possibilità di usare con più risultati armi inerenti ad inalazioni.

Il ragazzo provò a dimenarsi qualche secondo, cercando di non respirare. Ma il respiro precedente gli era morto in gola e il corpo, pur di non svenire (o perfino morire) di asfissia, preferì costringere il kitten ad inalare col naso l'odore soporifero. Il kitten diminuì sensibilmente la tenacia con cui provava a divincolarsi dopo quell'inspiro.
Il moro cadde tra le sue braccia, svenuto, dopo poco.

Jonathan lo prese tranquillamente a mo' di sposa, notando quanto fosse leggero, e lo trasportò sulla sua auto.
Prima di tutto gli tolse il berretto, avendo ulteriore conferma a qualcosa che sapeva essere certo: due orecchie nere carbone spuntavano sulla chioma anch'essa mora del ragazzo; la coda invece era "scappata fuori" dai pantaloni.
Diede pure una leggera strizzata ai glutei del ragazzino, constatando che erano sodi.

Osservando ulteriormente, la coda era abbastanza lunga, sottile, nera e risultava molto morbida al tatto anche se solo sfiorata coi polpastrelli.
Poi, per quel che pareva in quel momento, quello era un kitten di prima qualità.
Bello anche nei lineamenti del viso, leggeri e proporzionati.

Gli legò velocemente con delle corde i polsi e, in modo che fossero separati ma che non potesse compiere movimenti troppo grandi, le caviglie.

Lo allacciò con la cintura accanto a sé, nel posto del passeggero davanti, per poi andare al suo posto e andare per la volta di casa sua.
Almeno un kitten l'aveva preso quella mattinata.








N/A: questa era la seconda e ultima parte del prologo!
Dalla prossima settimana inizierà sul serio la storia (e il mio cercar coraggio per pubblicare quello che verrà in futuro).

Spero di non avervi annoiato con questo capitolo e nota mia e vi saluto!
Alla prossima settimana e Buona Pasqua in anticipo!

Il mio piccolettoWhere stories live. Discover now