Capitolo 20

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Altri giorni passarono e una sera, due prima di quella della cena di gala, Jonathan Right ritornò a casa dopo essere uscito un'oretta prima, per via di una chiamata per cui era scattato subito fuori.
Con un bel sorriso soddisfatto, in quel momento teneva un enorme porta-vestiti da viaggio di plastica nero tra le mani.

Cassandra, sbucando dallo stanzino dei prodotti per la pulizia con i capelli leggermente scompigliati, si fermò un attimo prima di fare un leggero inchino con la testa ed esordire con: <Buona sera, signor Right.>
<'Sera, Cassandra.> salutò freddo come al suo solito il castano, mantenendo comunque il ghigno sul volto che appariva più inquietante, accompagnato da quel tono.

La bionda ingoiò giù il groppo formatosi per la paura. "Eh che cazzo, Cassy, lavori da Jonathan fin da quando hai 19 anni, ora ne hai quasi 23; riuscirai a resistere ai suoi modi inquietanti, no? Beh, non più di tanto se faccio così..." si disse.
Poi chiese con la voce più calma che aveva: <Vuole che glielo porti su io, signor Right?> riferendosi all'ingombrante oggetto tra le mani di lui.

<No, vado in camera di mio e non è pesante. Invece, voglio sapere fra quanto la cena sarà pronta.> domandò, più che altro impose e quello fece storcere il suo stesso naso. Non adorava fare il superiore con una persona quasi della sua stessa età come Cassandra Lingwod, ma aveva comunque una maschera da tenere.
Quella del comandante che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e non chiede “permesso”.

La cameriera gli rispose: <Sono le sette scarse, fra un quarto d'ora circa dovrebbe essere pronto.>
Jonathan solamente annuì prima di riprendere la sua strada.

Allora, lei frettolosamente ritornò in cucina, mettendosi intanto i capelli un pochino più a posto. Venne accolta con una risata della rossa: <Ho sentito che hai avuto un momento di paura.>
<Oh, ma... vaffanculo!> sbottò Cassandra pulendosi le mani e mettendosi i guanti. <Non è vero!> aggiunse subito dopo, ma con una tono infantile e che chiaramente traspariva il contrario di quello che diceva.
Elizabeth ridacchiò di gusto, dicendo ironica: <Va bene, va bene, ti credo...>
<Come se stessi dicendo quello che pensi...> borbottò contrariata la bionda.
<Perché, tu lo stai facendo?> domandò retorica la rossa.
<Touche.> si arrese la bionda, ridendo accompagnata dalla migliore amica.

Intanto il cacciatore era salito in camera, trovando il proprio kitten chinato vicino alla scrivania, cercando di raccogliere fogli e matite in modo frettoloso.

Quando la porta si aprì, le guance del moro si imporporarono vistosamente accompagnate da uno sguardo spalancato, e dalla bocca iniziarono a fuoriuscire balbettate scuse.
Jonathan mosse la mano libera a zittirlo, mentre il kitten si ammutoliva e restava immobile nella posizione fraintendibile nella quale era.

Dava quasi del tutto le spalle al castano, era chinato e con il culo all'aria, con addosso una maglietta larga e dei pantaloncini corti ed aderenti. Gli ultimi, erano uno dei nuovi acquisti fatti per il kitten stesso, dato che nell'armadio nell'altra stanza tutto era il suo doppio o triplo. Ed era stato un buon affare, data la bellezza di quel suo sodo culo.

Il cacciatore ghignò vistosamente a quel bel vedere e commentò: <Anche se hai fatto un piccolo disastro, se resti ancora un po' in quella posizione, non credo che te la farò pagare> e gli diede una pacca "simpatica" sul posteriore.

Il moro a quel gesto scattò a sedere più rosso in volto che mai, con dei fogli stretti al petto e una o due matite di diversa grafite tra le dita. Non spiccò parola mentre fissava l'altro con gli occhi spalancati, alzandosi non dandogli le spalle e appoggiando sulla scrivania i fogli voltati fronte-retro e con sopra le matite.

Nel mentre Jonathan "buttava" sul letto il porta-vestiti di plastica con dentro un completo elegante.
<M-mi ero spa-spaventato quando ho sentito i pa-pa-passi pesanti sulle sca-sca-scale...> si scusò balbettando il kitten, prendendo la coda tra le mani e lisciandola per calmarsi. Le orecchie basse sulla testa, quella posa tutta racchiusa in sè stesso e lo sguardo timoroso e basso erano a dire poco adorabili nella testa del cacciatore, che scosse la testa ai quei pensieri.

Il mio piccolettoWhere stories live. Discover now