The end of an era

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Tutta la galassia, quella notte, era preda di un fremito incontenibile: un sentimento di gioia così intenso da sembrare addirittura palpabile.
Persino le stelle parevano più luminose del solito: come se una patina oscura- invisibile, ma comunque presente-si fosse finalmente dissolta, permettendo nuovamente alla loro luce di splendere appieno.
La notizia della morte dell'Imperatore James Moriarty si era diffusa a macchia d'olio, in ogni recesso della galassia, anche il più remoto, grazie alle piccole navette inviate dai ribelli, e alle trasmissioni che, su ogni schermo, mostravano l'esplosione della seconda Morte Nera.
Ogni pianeta era in preda alla più totale euforia: in ogni centro abitato, piccolo o grande, la gente scendeva in piazza e si riuniva, abbracciandosi, di qualunque etnia fosse, unita dal comune linguaggio della gioia e della finalmente trovata libertà. Fuochi d'artificio esplodevano nel cielo, mentre le statue del monarca galattico venivano buttate giù senza pietà e poi distrutte, come a cancellare il ricordo di quel despota anche dalla memoria dei posteri.

Anche sulla luna boscosa di Endor, luogo dell'ultima resistenza, nel villaggio degli Ewok, regnava la medesima euforia.
No, non era esatto.
A un occhio non ben allenato, sarebbe potuto sembrare che tutti, Ewok e ribelli, stessero festeggiando nello spiazzo principale, con enormi sorrisi sui loro volti, mangiando, brindando e ridendo, pieni di gioia.
Ma, focalizzando meglio lo sguardo, nella parte più remota di esso, quasi al limitare del bosco che li circondava, si poteva notare un piccolo gruppo di persone, seduti su tronchi d'albero o su dei massi, silenziosi, lo sguardo cupo e triste, o perso nel vuoto, ben lontani da tutta quella euforia.
E non solo fisicamente.
Alcuni di essi gettavano, di tanto in tanto, qualche fugace occhiata al bosco alle loro spalle, come in attesa: in attesa di qualcuno che, purtroppo, non sarebbe mai tornato.
Mai più.

Quel gruppetto di silenziose figure non era composto solo da umani: vi era anche un piccolo droide sferico che, di tanto in tanto, emetteva un lieve e basso fischio, rompendo quel silenzio per qualche istante, acuendo il senso di tristezza e di dolore di tutti i presenti.
- Lui una volta mi ha detto che non era un eroe.
Tutti, persino BS-221, sobbalzarono, mentre Mycroft Holmes prendeva la parola, la voce decisamente più piena di dolore di quanto mai l'avessero sentita, gli occhi ancora bassi, le mani strette sulle ginocchia.
- Diceva che "gli eroi non esistono".-Un sorriso amaro affiorò sulle labbra del capo della ribellione, mentre scuoteva la testa.-Direi che ora abbiamo tutte le prove che il mio fratellino si sbagliava. Lui era, un eroe. Peccato solo che non potrò più fargli notare che aveva torto...
Le ultime parole sfumarono in un mormorio, mentre Mycroft sospirava, facendo forza su se stesso per trattenere le lacrime, e per non gettare di nuovo lo sguardo verso il bosco. A quale scopo farlo?
La Morte Nera era esplosa. Tutte le navette erano rientrate. E nessuna era stava vista partire dopo l'esplosione.
... Che senso aveva sperare ancora?
- Non lo sopportavo.
Anderson alzò lo sguardo.
-Non lo sopportavo. E lo denigravo in continuazione. In effetti, a volte era proprio odioso. Non sembrava nemmeno umano...
Tutti lo fulminarono con gli occhi, e lui si affrettò a proseguire.
-Ma, nonostante questo, lui mi ha aiutato, quando ne ho avuto bisogno. Anche quando ha scoperto... cosa avevo fatto. Mi ha salvato la vita. E mia moglie è viva solo grazie a lui. Mi ero sempre sbagliato, sul suo conto. Avrei solo voluto capirlo prima.

Scese nuovamente il silenzio.
-Ha salvato anche la mia, di vita, tempo fa.-Le labbra del generale Lestrade si sollevarono in un piccolo sorriso, una mano a passare nei capelli brizzolati.-E diceva pure di non avere un cuore. Invece lo aveva, eccome. Semplicemente, non lo mostrava a tutti. Ma era pronto a dare la vita, per i suoi amici. E l'ha dimostrato più di una volta.
- ‎Ho capito dal primo momento, che quella tra lui e John era un'amicizia unica.
Mary alzò per un attimo il capo verso il firmamento, gli occhi lucidi.
-Sapevo che l'avrebbe seguito. John non avrebbe mai permesso al suo migliore amico di rischiare la vita da solo.
BS-221 emise un leggero pigolio, come a voler darle ragione: il suo processore era giunto da lungo tempo alla conclusione che Sherlock Holmes e John Watson erano i due umanoidi migliori che avesse mai conosciuto e memorizzato nel suo database.
Erano destinati a incontrarsi, e a essere migliori amici.
Strano che quella parola, "destino", fosse stata inserita nella sua banca dati... forse gli occorreva un backup dei suoi file...
- Quando l'ho visto la prima volta, sapevo che quell'uomo era più di un servitore dell' Impero-intervenne il maggiore Sholto con la sua voce profonda.- John Watson era destinato a grandi cose. E ce l'ha ampiamente dimostrato in varie occasioni. Possiamo dire di aver perso non uno, bensì due grandi uomini, oggi.

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