Capitolo 2

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Giorno N* 50

Oggi è il 50esimo giorno. E non mi ricordo praticamente nulla di ieri e dell'altro ieri.

Mi sento solo più stanco del solito. E le gambe non le sento più sembra che non ci siano neppure più.

Ora capisco. Ogni volta che non mi sento più le gambe, significa che ho avuto un giorno no. Succede sempre così, me lo ha detto il mio compagno di stanza.

Oggi è in stanza con me, è tornato, sta guardando fuori dalla finestra.

Chissà cosa guarda.

"Cavolo James, in due giorni hai fatto veramente un caos assurdo. Sono venuti i medici a bloccarti le gambe. Non alzarti dal letto per un po', altrimenti rischi di prendere una facciata per terra"

Me le ricordo bene, queste parole. Le ha dette appena mi sono svegliato.

Vorrei chiedergli cosa ho fatto, vorrei chiedergli scusa per avere fatto caos.

Ma dalla mia bocca sento uscire solo lamenti. Da quanto tempo non parlo più?

Da un po'.

Scrivo perché non so che altro fare ora. Non posso alzarmi. Ho male alla pancia. Troppo male.

Inizio a gridare. Perché? Non lo so. Forse per farmi sentire in qualche modo.

Mi sto stringendo la pancia fortissimo con la mano. Vorrei strapparmi via lo stomaco. Vorrei non averlo più. Vorrei non avere più così tanta fame.

Sento una voce. E' molto vicina. Non riesco a capire. Sto calcando tantissimo su questo foglio.

Chiudo gli occhi, non smetto di gridare. Cerco di capire chi è.

"Smettila James! Smettila!

Questa voce. La riconosco. La sento spesso.

Sento due braccia intorno a me. Mi stringono fortissimo. Faccio fatica a scrivere, ma continuo. E' l'unico modo per buttare fuori ciò che provo dentro.

Sento qualcosa. Qualcosa di strano, che non ho mai provato. Mi piace.

Non sento più le mie grida. Quelle grida si sono trasformate in suoni spezzati. Singhiozzi, forse.

Mi sento più tranquillo. Smetto di stringermi la pancia.

"Non avere paura, ci sono io."

Sto meglio, ora. Ho paura di guardare chi è.

Ho paura che non sia reale.

Non devo avere paura. Me l'ha detto lui. Ed io ci credo.

Non sento più le sua braccia. Mi accarezza la testa, sento che si allontana. Cammina piano.

Sta tornando verso la finestra.

Chissà cosa guarda.

Non sono venuti a farmi la visita. Forse perché ho avuto i miei giorni no. Forse perché hanno un po' paura di me. Ma io non voglio fare male a nessuno.

C'è silenzio. Il mio compagno di stanza non è ancora tornato dalla visita.

Mi dispiace di non poter fare mai nulla per lui, quando lui fa così tanto per me.

Sta piovendo. Sento le gocce che picchiano la finestra. Ho di nuovo fame, ma non voglio urlare. Mi piace questo silenzio.

Accanto a me c'è il ragazzo con gli occhi bianchi. Mi fissa, con quegli occhi senza pupilla, ma non dice nulla. Vorrei spingerlo via, ma non ci riesco.

PazziaWhere stories live. Discover now