28.

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Ormai completamente cosciente, la ragazza si accorse di non essere nel bosco assieme a Malia, ma di essere in un edificio malandato e abbandonato da anni.

All'inizio i suoi occhi fecero fatica a focalizzare ciò che la circondava, ma dopo poco riuscì a vedere: era in mezzo ad una stanza, legata con i polsi ad una colonna di ferro portante. I suoi vestiti erano sporchi di sangue, probabilmente il suo, dato che aveva una chiazza enorme sul fianco, dove ora sentiva dolore. Il posto era umido e bagnato, per questo sentiva anche freddo.
Ad un certo punto, girandosi verso l'unica finestra che illuminava quel poco la stanza, si accorse di non essere sola: sotto di essa, vi era un piccolo fagotto, con all'interno una bambina dai capelli rossi.

«Allison.» mormorò, mentre il suo cuore cominciò a battere sempre più velocemente.

Provò ad agitarsi, a dimenarsi, a fare qualsiasi cosa pur di liberarsi.

«Allison, tesoro, mi senti?»

Lydia stava iniziando a perdere la calma: era preoccupata, arrabbiata e frustrata di non poter stringere la sua bambina fra le braccia. Ora desiderava avere sua figlia più di qualunque altra cosa.

«Ti prego, Allison, dimmi che mi senti.»

Una lacrima le rigò il volto, per poi cadere sul pavimento. La rossa si rese conto di di provare paura e tanta tristezza: non potevano portarle via così sua figlia.

No. Allison era viva, lei ne era sicura. Probabilmente era svenuta e non cosciente, ma era viva.

«Non servirà a nulla.»

Una voce, presuntuosa e crudele, si fece varco all'interno della stanza, assieme ad una figura ancora nell'ombra. La figura, probabilmente maschile data la sua voce, fece dei passi lenti e decisi. Poi, sempre con fare calmo, si avvicinò alla bambina inginocchiandosi, e le scostò una ciocca di capelli dal viso, per ammirarla meglio.

«Stai lontano da lei.» minacciò Lydia: sarebbe stata pronta a tutto, anche ad uccidere, se solo avesse torto anche un capello a sua figlia. 

L'uomo la fissò.

«E' divertente come pensi di minacciarmi sebbene sia legata e, cosa ancora più interessante, come non ricordi assolutamente niente di lei.» disse, per poi alzarsi e prendere un coltello.

«Dimmi. Cosa ti cambierebbe se io, ora, la uccidessi?»

Lydia iniziò nuovamente a dimenarsi.

«Andiamo Lydia, lei non è nessuno. Nessuna persona importante, nessun ricordo, niente di niente. Ai tuoi occhi è semplicemente una bambina che si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.»

«E' mia figlia.» disse Lydia, decisa.

Ma non ebbe il tempo di aggiungere altro, che subito l'uomo le balzò quasi addosso, mettendole il coltello alla gola.

«Anche io ero un figlio. Un figlio diventato orfano, per colpa tua.» urlò l'uomo, facendo spaventare la Banshee, che ora tremava e singhiozzava.

«Ma ovviamente non puoi ricordare niente, perché ti ho portato via tutto: gli anni migliori, i ricordi, le persone che amavi. Tutto.»

Queste parole, taglienti e piene di odio, vennero sussurrate all'orecchio di Lydia, che ancora non capiva tutto, ma che aveva capito abbastanza.

«Tu. Sei quello che mi ha rapita. Mi hai rapita per...»

La voce tremante le uscì a fatica, ma ora ne era convinta. Come poteva essersi scordata di quella voce? L'unica che aveva sentito per così tanto tempo?

«Undici anni, già. Abbiamo passato bei momenti assieme, Lydia. Peccato che non ricordi.» disse, per poi alzarsi nuovamente e scoprire, alla luce della luna, il suo volto.

«Lascia dunque che mi presenti, nuovamente, ai tuoi occhi.»

L'uomo, probabilmente più giovane di Lydia, dimostrava dieci anni in più di lei: una parte del viso sfigurata, l'altra consumata dall'odio e dalla vendetta. Gli occhi, verdi, fissavano intensamente la ragazza, mentre i capelli neri corvini erano tenuti al proprio posto, perfettamente ordinati.

«Sono Julian, Julian Valack. Figlio di Gabriel Valack, l'uomo che ti torturò a Eichen House. L'uomo che ti ha studiata, che voleva a tutti i costi saperne di più su una Banshee, e per questo ha trascurato il figlio. E poi, proprio quando alla fine si era deciso a tornare a casa, hai deciso di ucciderlo.»

«Non capisco.»       

Julian rise.

«E' così frustrante, non trovi? Essere privata dei proprio ricordi. Eppure ce l'ho fatta. Dopo ben dieci anni di sperimentazione, sono riuscito nel mio intento. O almeno, in una parte: l'altra era far soffrire Stiles.» disse, per poi iniziare a camminare avanti e indietro nella stanza, mentre le lacrime di Lydia continuavano a rigarle il volto.

«Dopo averti fatta credere morta, ti ho rapita. Il funerale era andato così bene: tutti credevano alla storia che, dando alla luce la piccola Allison, non ce l'avessi fatta. Ma poi mi hai sorpreso. Non so come, ma sei riuscita a fuggire e a incontrare Stiles un ultima volta.»

In quel momento la testa di Lydia, probabilmente sopraffatta anche da emozioni, come la paura, e dall'adrenalina, iniziò a pulsare. Ricordi vaghi e immagini chiare iniziarono a comparire nella sua mente. Ma ancora erano poche e prive di senso: quasi come piccoli parti di una storia incompleta.

«Ovviamente non era nei miei piani, ma facendo così mi accorsi che soffrì ancora di più. Iniziò a dire a tutti di averti vista, di essere certo che tu fossi viva. Però nessuno gli credette, e lui sembrò diventare ogni giorno più pazzo.»

Man mano Julian parlava, man mano la testa di Lydia si caricava di ricordi e di scene.

«Poi, qualche mese fa, ho avuto un'altra brillante idea: Stiles ormai si era arreso alla tua morte e viveva una vita felice con vostra figlia. Ma non l'avrei permesso.»

Il ragazzo iniziò a sfregarsi le mani, nervosamente.

«Così ti liberai. Sapevo che trovarti dopo tutto questo tempo, sarebbe stata un'altra coltellata al cuore. Soprattutto senza memoria. Una dolorosa coltellata. Quasi mortale.»

«Sei un mostro.» mormorò Lydia, un po' tra le sofferenze mentali e anche quelle fisiche. Ma Julian non ci fece caso.

«E alla fine capì cosa dovetti fare, quale fosse il modo migliore per farlo soffrire ulteriormente. Dopo aver lasciato passare qualche mese, avrei dovuto rapire nuovamente non solo la donna che ancora ama, ma anche la figlia che le ha sempre ricordato la madre.» disse, per poi inchinarsi vicino alla donna.

«Magari lasciandogli qualche speranza di trovarvi. E poi sferrare l'attacco finale.
Ed è qui che entri in gioco tu, Lydia.»

Julian la fissava negli occhi, con uno sguardo quasi maniacale.

«Daremo una possibilità a Stiles: o salvarvi, ma morire, rischiando che nessuna delle due venga mai trovata; o uccidervi entrambe. E questa volta per davvero.»

Things left undone || StydiaWhere stories live. Discover now