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‹ Ehi puttana, ti cercano. ›
‹ Abbassa le aree, coglione. ›

Vivere in una società fatta di specchi rotti e il riflesso contorto di ciascuno di noi, non era qualcosa a cui andava molto a genio al diciottenne Lee Minho.
Dire che era un ragazzo come tutti gli altri era un'iperbole, lui era tutt'altro che una persona normale e dedica allo sviluppo del mondo nella quale si era ritrovato a dover sopravvivere.
Sì, sopravvivere. Perché i suoi giorni oramai venivano contati e cerchiati sul proprio calendario, con quella matita rossa fin troppo accesa per i suoi gusti. Tic toc, tic toc.
Una volta che scattava la mezzanotte, la nostra Cenerentola dei bassifondi, tornava dal ballo con i topi in mano e il sangue uscire dalle ferite sulle dita dei piedi a causa di un paio di scarpette troppo strette e una matta voglia di posare la coroncina sul comodino e tornare sgualdrina, consumata dalle zollette di zucchero fin troppo fini, che mai finivano nel proprio corpo semplicemente mescolate col tè.
L'ambiente di alto rango era cliché, passato di moda, inadatto per sperimentare tutto nella vita. Pieno di regole, imposizioni e pregiudizi.
Un luogo dove mai e poi mai, si sarebbe sentito appartenere. La provvidenza aveva predetto male il suo destino, Minho non era un animale da tenere in gabbia. Un cane dalla razza pura che invece di vivere col cucchiaino d'argento in bocca, preferiva girovagare per i vincoli più malfamati dei quartieri di grandi città come Sydney, Australia. Con l'intento di mettersi qualcosa sotto i denti utilizzando metodi raffinati e delicati di una dama da compagnia. Ahimè, uno spuntino per entrambi i sessi : atteggiamenti dominanti da gentiluomo in contrasto con quella natura seduttrice di una vipera, che soave e maligna era indifferente nel mordere e avvelenare la propria preda. La morte era solamente un effetto collaterale.

Nato in una famiglia prestigiosa, con il fiuto per gli affari, Lee Minho avrebbe dovuto succedere al trono essendo il solo ed l'unico erede. Legittimo o meno, veniva lasciato il dubbio ai giornalisti. Fatto sta che crebbe nell'alta società, con tanto di matrigna che poteva avere tranquillamente la metà degli anni del padre —per la quale provava un certo ritegno, insegnanti privati e la possibilità di avere tutto ciò che desiderava con un schiocco di dita.
Ribelle sin da subito, alle pretese che questa realtà gli aveva imposto sin dalla nascita, il diciottenne non ci aveva pensato due volte prima di fuggire di casa imbarcando un volo diretto verso una destinazione qualsiasi. Ovunque ma non a Seoul, dove l'impero del padre era una trappola per topi affamati di potere.
Così era capitato nel capoluogo australiano, con un sorrisetto malizioso e nel portafogli un paio di carte di credito nascoste dietro a dei falsi documenti d'identità.
Nuovo paese, nuovo nome, nuova vita. Cosa sarebbe potuto andare storto ?

Il rimbombare delle sirene in lontananza, la vista offuscata dal buio, il retrogusto ferroso di sangue in bocca e la testa che martellava ancora il ritmo di musica del night club nel quale lavorava erano gli ultimi ricordi lucidi che gli erano raffiorati alla mente una volta che si era risvegliato in una cella blindata dell'ala est di un maledetto penitenziario. Alla fine erano riusciti a metterlo dentro, aveva pensato subito. “ Imbottito di eroina fino all'osso ”, c'era scritto sulla cartella medica. Divertente, davvero.
Inutile dire che aveva creato problemi fin da subito al reparto, a causa dei comportamenti violenti da astinenza che manifestava. Un mese sotto antidolorifici e metadone l'avevano reso un animale irrequieto, ma con quel poco di buon senso che gli era rimasto ancora, Lee Know era riuscito a darsi una regolata ed ora erano passati quasi due anni da quando aveva iniziato a scontare la propria pena dietro le sbarre.

Prostituzione illecita, abuso di droghe illegali, sospettato in contrabbando di esse, contraffazione di documenti d'identità e tutto ciò che ne deriva, e tentato suicidio. Pacchetto completo.

Lui non era mai stata una persona egoista, presuntuosa sì, ma sapeva che tutto quel che stava facendo avrebbe avuto ricadute gravi sul proprio futuro. Il carcere era la cosa migliore che gli potesse capitare. Il desiderio di indipendenza e libertà da tutto e tutti, l'avevano portato a fare scelte decisamente sbagliate e stupide che avrebbe potuto evitare se solo ci avesse pensato due volte, prima di buttarsi dal precipizio senza fondo nel quale si era ritrovato a fluttuare come in un limbo di mezzo, tra i demoni del passato e l'estasi di un attimo.

C'è posta per te, Lee Know. ›

Un'altro riflesso rotto, macchiato di vernice rossa e con la costante ambizione di essere libero dalle catene che lo tenevano stretto alla realtà dei fatti.
Jisung aveva solo diciassettenne anni quando conobbe il più grande, a quei tempi si occupava solo di dare una ripulita ai corridoi ogni tanto. Prestazione di servizio volontario per la comunità, dicevano. Causa di “ atti di vandalismo implicati alle pubbliche proprietà ”. Per qualcuno che respirava l'aria tossica delle bomboletta spray ogni giorno e viveva della propria arte, non era una sorpresa. Da piccolo l'avevano mandato in collegio e non c'era poi così tanta differenza.
Per tutte le piccole soste che aveva cominciato a fare, il giudice aveva deciso di assegnargli un ruolo definitivo a tempo indeterminato. Si era ritrovato così nel corso dell'ultimo anno a consegnare la posta e diversi pacchi direttamente ai detenuti del penitenziario, ogni mattina.
Non lo considerava un vero e proprio lavoro, più un passatempo per ricordare a sé stesso quanto facesse schifo la società. Da tutt'e e due le parti, che in un posto simile non poteva che dividersi nel male e nel bene. L'adolescente lo trovava pressoché disgustoso, poiché tutti siamo uomini nati col peccato originale che ci perseguiterà per tutta la vita e affermare così nettamente la propria posizione in quel contesto era ingiustificabile. Avrebbe dovuto conoscere bene ogni caso per caso presente dietro a quelle sbarre per sostenere un tale pensiero e fra tutti, gli era inevitabilmente capitato di concentrarsi su uno in particolare.

‹ Se non è da parte tua, non la voglio. ›
‹ Smettila di fare lo sbruffone e vieni a prenderla ! Ho ancora molto lavoro da fare uff.. ›

Aveva accennato a dire il minore, che con una smorfia gli stava porgendo con malavoglia la busta di carta attraverso le sbarre della finestra apribile solo da fuori vicina alla porta blindata, con la perenne sensazione di avere tutti gli occhi addosso. Le telecamere erano ovunque e le guardie cambiavano il turno circa ogni ora, sarebbe stato strano se si fosse sentito tranquillo, senza la voglia frenetica di darsela a gambe e scappare il più lontano possibile da lui. Non ne aveva mai capito il motivo ma ogni volta che passava davanti a quella cella e sentiva la sua presenza, una specie di attrazione inspiegabile lo teneva legato al suo sguardo.
Lee Know aveva sorriso divertito, lo trovava tenero in un certo senso. Bellissimo nei suoi modi di fare sgarbati e impacciati, si chiedeva sempre se facesse così solo ed esclusivamente con lui oppure dedicava tali attenzioni anche ad altri. Ogni qualvolta che questo pensiero si faceva vivo nella sua mente, un senso di rabbia si faceva vivo. Perché era geloso, e sapeva benissimo di esserlo. Gli piaceva— gli era piaciuto sin dal primo giorno e non era un mistero. Fremeva solo nel chiedersi se l'aveva capito anche il ragazzino, ma probabilmente aveva di meglio sulla quale concentrarsi che dubitare se piacesse ad un detenuto tossicodipendente o meno.

Al suo richiamo si era alzato dal proprio letto —stava passando il tempo a fissare le lancette dell'orologio come al solito, e si era piazzato davanti all'unica cosa che li teneva separati. Aveva gli occhi fissi puntati a specchiarsi nei suoi, e senza esitare fece per afferrare la lettera ma prese l'intero braccio di Jisung, sbattendolo contro le sbarre e facendo unire le labbra in un bacio più che casto. Bacio che durò pochi secondi ma già si sentiva l'eccitazione nell'aria e prima che il minore potesse reagire, il ventenne si era già staccato, raccogliendo la posta che aveva lasciato cadere a terra e dopo essersi morso il labbro inferiore, gli fece l'occhiolino.
Aveva passato notti insonni a riflettere se farlo o meno e quello, sembrava essere il giorno perfetto per passare all'attacco. Non era più una gara, avrebbe giocato senza barare questa volta. Si era reso conto che aveva sprecato fin troppo tempo a rincorrere un'utopia inesistente e per una buona volta che si stava interessando a qualcuno, non era propenso a rovinare il tutto col suo ego. Detta così suonava abbastanza ridicolo, vista la situazione nella quale si trovavano entrambi, ma cosa aveva da perdere ancora ? Niente se non la sua stessa vita.

‹ Dolce come l'eroina, se non meglio. Sei diventato la mia nuova droga Han Jisung, te lo dico a tuo rischio e pericolo. ›
‹ Cazzo, va' a quel paese Lee Know ! Cazzo.— ›
‹ Oh, siamo frettolosi qui ed io che volevo essere delicato. ›
‹ Stai zitto ! Me ne vado, non osare mai più ! ›
‹ Ti piacerò. ›

ᴅɪsᴛʀɪᴄᴛ⑨ Where stories live. Discover now