Capitolo 8

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Apro la porta per entrare nel uffico della psicologa, ma lo vedo vuota. Mi passo una mano tra i capelli bagnati e accarezzo lentamente il punto dove mi fa male.

Mi sposto su una specie di finestra e noto che è vuoto un posto senza erba ne nulla, poi si vede un muro grande grigio, dietro il muro noto dei alberi, sarebbe un bosco?!

"Scusa il ritardo." sento dire mentre vedo sia la psicologa che Adrian entrare da una porta a me sconosciuta, noto dei particolari, la psicologa cerca di sistemare i capelli che ora si trovano in un cigno disordinato, e si sistema la scolatura, ha le guancie rosse e sembra non essersi ripresa del tutto, mentre Adrian che ora di è appoggiato al muro ha solo i capelli spettinati, per la sua carnagione scura non si vede il rossore sulle guancie.

"Sedetevi cominciamo" dice con un sorriso, mi fa davvero schifo questa scena, mi appoggio alla finestra non ascoltandola. Mentre Adrian si sdraia a peso morto.

"Emmh Alexa siediti per favore." annuisco e mi avvicino al divano che è tutto occupato da Adrian.

"Spostati." mormorò guardandolo con disprezzo, sento una strana sensazione a vederlo così, porto le maniche del costume sulle mani stringendoli come a riscaldarmi.

"Siediti qui." indica le sue gambe divertito.

"Hai già finito un turno se te ne serve il doppio hai già lei." la indico con disprezzo, la psicologa spalanca gli occhi, cosa pensava che non avrei capito?! Ridicola!

"E se volessi te?" alza un sopracciglio e si alza in piedi avvicinandosi a me, non mi muovo e non stacco nemmeno gli occhi dai suoi.

"Non sempre ciò che si vuole si ottiene." dico stringendo lo sguardo, sento la sua risata riempire la stanza.

"Non mi conosci." dice mordendosi il labbro.

"Nemmeno tu." rispondo con aria di sfida.

"Sentitemi ragazzi, dobbiamo fare la seduta, è già passato un quarto d'ora tra le vostre chiacchiere."

Mi siedo e fa lo stesso Adrian. "Allora Alexa ho saputo di ieri notte, hai avuto un incubo?!" annuisco soltanto.

"Ti va di parlarne?" chiede, faccio di no con la testa, Adrian guarda la scena in silenzio.

"Va bene, iniziamo con discorsi leggeri, dovrei trattare la tematica del piacere carnale a qui non riuscite a resistere, ma vorrei capire qualcosa delle vostre vite."

"Menomale che abbiamo noi non resistiamo al sesso, la vera persona che ha problemi in questo è lei, che si fa un ragazzo sui 20/25 anni mentre lei ne avrà 40." i suoi occhi si spalancano a quella mia affermazione, vedo Adrian che stringe i pugni.

"Fatti gli affari tuoi." dice con voce minacciosa Adrian. Sembra davvero arrabbiato.

"Vi lascio continuare la seduta in santa pace, mi raccomando i bambini." dico in modo velenoso, mi sento davvero strana, mi viene da piangere per la frustrazione. Mi alzo e mi avvicino alla porta, ma mi sento sbattere ad essa sbarro gli occhi a quella scena mentre lascio un gemito di dolore. "Sei pazzo?" grido nervosa, mentre il mio respiro aumenta in modo anomale.

"Smettila di fare la stupida, ciò che succede tra me e lei non sono affari tuoi." mi fissa in modo minaccioso. "E se una sola frase viene detta a qualcuno te lo farò pagare chiaro?" Sembra un pazzo psicopatico. Al improvviso al posto suo vedo la faccia di mio padre, la mia respirazione aumenta e inizio a tremare, le lacrime escono senza che le posso controllare.

Le sue braccia mi circondano tutta, ma la mia unica voglia è quella di scappare, sento delle voci ma sono troppo lontane per me.

Stringo gli occhi e le apro per bene, ora davanti a me non c'è mio padre, ma Adrian che mi guarda preoccupato e la psicologa. Spingo subito Adrian da me e mi stringo in una sorta di abbraccio mentre le maniche del costume stanno strette tra le mani.

"Non voglio farti del male." mormora cercando di avvicinarsi, ma lo spingo via e mi allontano da entrambi. Perché immagino sempre mio padre? Sto impazzendo forse? Sono perseguitata da lui.

Esco  dalla stanza e corro via, sento un poliziotto gridarmi, ma non mi fermo, entro nel bagno al quale ormai ricordo la strada, e mi lascio cadere sul pavimento freddo, ho bisogno di stare sola, ora più che mai. Mi stringo le gambe al petto e lascio libero sfogo dopo anni al pianto, sono una fontana aperta. Non sento i poliziotti per fortuna.

Sento la porta spalancarsi, ma non mi muovo, sento una mano sulla spalla, ma non oso alzare il volto. "Mi dispiace così tanto." è la voce di Adrian, mi irrigidisco, e subito alzo la testa per spostare la sua mano.

"Lasciami in pace una volta per tutte." mi esce in una specie di singhiozzo.

"Perché dicevi: 'basta papà'?" chiede cambiando discorso, mi irrigidisco, divento di pietra, mentre sento la paura percorrere dentro di me, mi seguirà ancora?

"Diamine cosa ti hanno fatto?" borbotta non staccando lo sguardo dal mio, abbasso subito lo sguardo a quella domanda.

Ma il gesto più inaspettato è quello in qui si siede appoggiando la schiena al muro, mi alza e mi tira a se in un abbraccio, e per la prima volta mi sento al sicuro.

Le lacrime non smettono di scendere, è la prima volta che piango davanti a qualcuno, la sua mano mi accarezza i capelli sussurrando un lieve "shh" mentre il mio volto è sul suo collo.

Spazio me
Un po tenera come parte no?

Alla prossima questo capitolo farà capire molto del perché Adrian ha avuto questo momento con lei

La seduzione del criminale Where stories live. Discover now