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**Cook County Departement Of Corrections. Carcere di Chicago, famoso per essere il sito carcerario più esteso degli USA. N.B. Non è il carcere usato in Shameless, ho citato questo perché non si conosce il nome del carcere in cui ha risieduto Mickey nella serie, quindi non prendetelo per buono. Nomi di strade e vie invece sono prese dalla lista dei vari set di Shameless, solo quelli di Chicago ovviamente.

Cook County Jail, situata al 2700 South California Ave in Chicago, Illinois, era una semplice prigione di stato, di quelle che si vedono nei telefilm americani, ma molto più in grande. Una recinzione metallica alta più o meno tre metri ed estesa per ben 39 ettari delimitava il cortile in lastricato ed insieme alla guardiola, sempre ben fornita di guardia stanca di tutto e tutti, segnavano il confine tra la libertà e quello che Mickey Milkovich chiamava "Inferno". Un enorme edificio se ne stava lì, ad emanare un'aurea fredda che sembrava congelare tutto il vicinato, i mattoni bianchi non servivano a rallegrare l'aria circostante, proprio come il verde del cortile posteriore, dove i prigionieri della Divisione 11 si godevano gli unici momenti di svago, non assomigliava affatto ad un giardino. Mickey la conosceva bene, la cosiddetta CCDOC**, e riteneva che, avendoci passato una quantità spropositata di tempo, fosse un po' una casa per lui. Eppure vederla di notte e soprattutto da libero, faceva tutto un altro effetto. Da fuori non si sentiva quel puzzo di testosterone e disinfettante che invece aleggiava tra i corridoi a due piani di una delle tante palazzine che ospitavano i carcerati, nemmeno la luce sembrava la stessa, i raggi della luna sembravano voler sfuggire al tocco di quel gigante bianco che era la Criminal House, l'edificio più importante di tutto il sito, lì dove i Grandi Capi decidevano la sorte dei nuovi arrivati. Mickey ricordava ancora come, da dietro l'unica piccola finestra delle celle, la recinzione sembrasse illuminarsi quando i lampioni sul marciapiede si accendevano, quando il sole sorgeva poi, sembrava che stesse per esplodere, le grate si inondavano di luce infuocata e il moro era costretto a coprirsi gli occhi. Al solo pensiero si portò una mano al volto, per proteggersi da quello che ormai era solo un ricordo soffuso.

Non sapeva perché, tra tutti i posti che avrebbero potuto visitare quella notte, avesse scelto proprio quel posto, per arrivarci ci volevano almeno due ore a piedi e questo significava tempo limitato per trascorrere l'ennesima notte fuori. Ormai da una settimana i due amanti decidevano di uscire durante la notte, spesso non si allontanavano più di tanto da Homan Ave, volevano restare fuori il più a lungo possibile, godersi quelle poche ore di svago prima di dover tornare alle loro monotone vite da Paramedico e Fuggitivo. Eppure quella sera Mickey voleva rivederla, voleva passare davanti a quella recinzione una volta ancora, toccarne la rete metallica che per quasi tre anni aveva sognato di attraversare, magari fermarsi davanti al cancello, per una volta come un visitatore qualsiasi e non da galeotto, e per tutto questo era disposto a farsi due ore di cammino. Ian aveva accettato senza fiatare, per quanto amasse passare il tempo con il compagno, capiva il suo bisogno di spazio e quella notte la voleva dedicare a lui, così ora sedeva sulla lurida panchina che ancora conservava la forma del suo sedere, osservando il moro che passava in rassegna la struttura e tutto ciò che conteneva, come un supervisore fin troppo severo.

La mano tatuata del giovane Milkovich sfiorò la rete metallica, dalla guardiola proveniva una minuscola luce bluastra, segno che il guardiano notturno della Divisione undici era ancora sveglio e troppo intento a giocare col telefono per far caso al fuggitivo appostato ad appena qualche metro dal cancello. Sorrise divertito prima di sporgersi per guardare dall'altra parte, verso l'edificio grigio appena accanto alla Criminal House, due piani delimitati da una fila di minuscole finestre sbarrate, come tanti occhi ciechi puntati sulla strada. Riconobbe la sua finestra, quella della cella in cui aveva sostato più a lungo, secondo piano terza stanza da destra, pensò al poveraccio che ora dormiva in quello che era stato il suo letto, davanti a quel muro su cui Mickey sfogava tutta la sua frustrazione, chissà se i segni dei pugni e delle forchette erano ancora visibili, sicuramente in qualche angolo il suo sangue secco ancora incrostava pavimento e pareti. Si toccò le mani ricordando i primi tempi, durissimi da digerire, ogni scusa era buona per attaccar rissa, farsi male era l'unico modo che aveva per sentirsi ancora parte del mondo, lo stesso mondo che lo aveva sputato in quel buco di merda, che voleva dimenticarsi del piccolo e insignificante Mickey. Ricordò quel pensiero assillante che lo tormentava durante le ore passate lì dentro, un brivido percorse la schiena del moro, si ritrasse come scottato, dietro di lui sentiva la presenza di Ian, unica fonte di calore in quel regno di ghiaccio che era Cook County Jail. Una lacrima prese a percorrere velocemente quella guancia scavata dal tempo e dalle ingiustizie, forse quella non era stata una buona idea, sarebbero dovuti andare al porto, d'estate le luci laggiù erano meravigliose e, col venticello di Chicago, le onde s'infrangevano contro il cemento in una danza estremamente rilassante. "Tutto okay, Mick?" La voce stanca del rosso lo destò da quei pensieri, si accorse solo allora di essere immobile con il polso stretto nella mano opposta e gli occhi chiusi. Scosse la testa avvicinandosi al compagno, sorrise strafottente "Stavo pensando che venire qui è stata una bellissima idea del cazzo. Avresti dovuto fermarmi." un sorriso affiorò alle labbra del più giovane, gli prese la mano gelide, nonostante non fosse poi tanto freddo, e la strinse tra le sue "Vuoi parlarne?" Mickey sorrise, non voleva parlare di quei brutti pensieri, l'unica altra persona che ne era a conoscenza lavorava per i Grandi Capi, Susan la psicologa, chissà che fine aveva fatto. Ian non doveva scoprirli, ma appena i suoi occhi incontrarono quelli verdi del ragazzo, qualcosa si sbloccò.

Eccolo lì, lo sguardo del quindicenne insicuro che lo aveva sfidato in casa sua, con una cazzo di spranga di ferro, sembravano essere tornati indietro nel tempo, prima della malattia e del carcere, quando Mickey faticava anche solo a chiedere per favore. In quel momento avrebbe voluto dirgli che gli mancavano quei giorni, che voleva tornare ad essere "il bianco più sporco del South Side", non voleva più provare quei sentimenti assurdi che aveva imparato da lui, ma si limitò a scuotere la testa e a ritirare la mano "Andiamocene prima che lo stronzo all'ingresso si ricordi di dover lavorare".

Durante il tragitto rimasero in silenzio per la maggior parte del tempo, Mickey sembrava troppo perso nei propri pensieri per prestare attenzione al compagno, persino la vita notturna di Chicago sembrava ignorare quella strana coppia che camminava a ritroso verso i bassifondi. Superarono l'Alibi, silenzioso ed immobile, Kermit dormiva sul marciapiede di fronte, probabilmente troppo sbronzo per tornarsene a casa, i due lo superarono sghignazzando, sicuri che all'apertura Kev avrebbe dovuto mandarlo a casa a calci in culo. Da lì il resto della strada fu un po' più rumoroso, scherzarono prendendosi a spintoni e rincorrendosi per brevi tratti, Mickey sembrava aver ripreso spirito e, ad un certo punto, saltò sulle spalle di Ian, pretendendo di essere portato fino a casa e ritenendosi troppo stanco per camminare.

Davanti casa Milkovich però l'allegria si spense, due macchine della polizia a lampeggianti accesi se ne stavano al centro della strada, sul portico Mandy, in pigiama, osservava la scena come impietrita mentre tre poliziotti scortavano una figura a testa bassa dentro la casa. Mickey guardò il cielo, era l'alba, nel South Side quella era l'ora dei Domiciliari. A quell'ora i poliziotti scortavano a casa detenuti ritenuti più pericolosi di altri che avevano comunque ottenuto i domiciliari. Lasciarli uscire di giorno significava trovarsi un branco di moralisti in protesta davanti al carcere, perciò ormai da qualche anno era stata attuata una nuova merdosa strategia: avvertire i famigliari e accompagnarli a casa di notte, così da far venire un infarto solo all'intero vicinato.

Ian lo trascinò dietro una siepe per evitare di essere beccati, Mickey sembrava sul punto di mettersi ad urlare, bianco e gelido come il cadavere che avevano seppellito giusto qualche mese prima. Possibile che lo avessero messo ai domiciliari? Un pazzo del genere?

"Mi prendono per il culo?" sbottò quando anche l'ultimo poliziotto fu entrato "Come cazzo si fa a lasciar uscire quello stronzo?" Ian non rispose, guardava Mandy, ferma sull'uscio di legno, lo sguardo basso e le mani strette attorno al petto, da quell'angolazione non riusciva a vedere l'interno della casa, ma era più che sicuro che Terry stesse sorridendo in quel momento, poteva quasi sentirlo quel ghigno strafottente di chi ha vinto un'altra volta.

Spostò lo sguardo su Mickey, sotto la rabbia, poteva vedere l'incredulità e la paura, lo sguardo spento per la seconda volta quella sera, ma stavolta Ian sapeva a cosa stesse pensando il ragazzo. Non capiva bene come, ma lo sapeva.

Terry era tornato per lui e quello era solo l'inizio.

In un modo o nell'altro lo aveva trovato.

Aspetterò | GallavichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora