Capitolo 7

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Credeva di sapere ma non sapeva affatto. Era convinta che avrebbe saputo gestire un'emozione del genere, una cotta. Conosceva già il finale di quella storia: la giovane ragazza che si butta tra le braccia d'una donna cercando conforto. Rosa provava però un desiderio magnetico per quella ragazzina, un desiderio incontrollabile. Come un granello di polvere, trasportato dal vento, quella brama le si era appoggiata sulle labbra e lei  l'aveva ingurgitata divenendone parte. Camilla sembrava persa negli occhi di Rosa, innamorata di quel viso chiaro e di quella carattere schivo e affascinante. Era in balia delle emozioni e troppo debole per opporsi. 

L'aria era piacevole, sfiorava la pelle e coccolava il corpo mentre il sole invadente si insinuava nei locali, nelle case, attraverso le tende, superando le finestre. La gente che passeggiava però sembrava non dare peso a ciò, troppo presa ad osservare quel palazzo, quel monumento. I clacson schiamazzavano, sui balconi della città, qua e là, si scorgeva qualche signora affaccendata chiamare il figlio o il nipote per il pranzo. Rosa vagava per quella città così grande, ma così intima. 

Non aveva meta, non aveva tappe: voleva solo godere di quel sole non troppo caldo e di quell'estate così delicata. Correva sulla sua vespa verde menta per le vie di Torino, guardando più il cielo che la strada. Il casco le schiacciava i capelli che non ne volevano sapere di rimanere in ordine e così le svolazzavano intorno al viso come un foulard di seta. Ovunque bandiere tricolore indicavano l'inizio dei mondiali, Rosa in realtà se ne fotteva abbastanza del calcio, ma si ricordava perfettamente quattro anni prima l'euforia dilagata per la vittoria dell'Italia.

Gli alberi d'un verde infantile, le nuvole candide e leggere, le grida, la musica che sfuggiva dalle finestre aperte delle case; Rosa osservava e si emozionava ed un genuino sorriso le sputò sul viso.

Voleva rivedere Camilla dopo quel bacio, ma non ne era sicura. Non voleva che lei provasse qualcosa, non voleva che lei s'affezionasse. Rosa vedeva traballare quel muro d'indifferenza che s'era costruita con le sue mani per tutti quegli anni per difendersi da ogni tipo di emozione. Avrebbe dovuto starsene alla larga da quella ragazzina, perché non sarebbe stata capace di trattenersi un'altra volta.

Si fermò davanti ad una vecchia villa abbandonata: la rossa facciata trascurata, le persiane per la maggior parte scardinate, il giardino ormai divenuto una foresta non mascheravano certo la grande bellezza dell'edificio. Rosa era entrata più volte e ormai la considerava sua quella casa così malmessa quanto estremamente affascinante. Si prendeva cura di lei da più di un mese ormai ed ora, con l'inizio dell'estate e la tregua dall'università, era riuscita a dedicarle più tempo.

Decise di fermarsi per la notte, sua madre era abituata a non vederla rincasare. Entrò e un forte odore di lavanda le riempì le narici ma ancora un sottofondo di muffa persisteva. Si richiuse la porta alle spalle e notò d'aver calpestato una lettera che recava sul retro la scritta:

Rosa Venezia, via Garibaldi n°21, 10131 Torino.

Rosa non si spiegava come qualcuno avesse potuto scoprire quel suo nascondiglio e subito per la paura di poterlo perdere le si formò un groppo in gola. Ma quando aprì la busta rimase ancora più sorpresa e sconcertata, era firmata Camilla Raimondo. 

🥀themomos🥀

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