35. Ci sono storie senza lieto fine

4.4K 155 3
                                    

Giulia sgranò gli occhi, «Che cos'ha fatto?» chiese, sbalordita.
Le ci volle un po' per riprendersi da quella notizia e, quando ci riuscì, dovette ammettere che in fondo era contenta che Federico l'avesse fatto.
Sapeva quanto aveva fatto soffrire Alice - era stata lei quella che l'aveva consolata, quella che le era stata accanto sempre, quella che la sera andava a casa sua perché l'amica non riusciva a prendere sonno, quella che pensava ad asciugarle le lacrime e trovare un modo per rubarle anche solo un piccolo sorriso - e lei stessa l'aveva odiato da morire per quello che aveva fatto, ma nonostante questo non era in grado di immaginare la sua migliore senza di lui o con un altro ragazzo al fianco, e stessa cosa valeva per Federico, non riusciva proprio a pensare a lui con un'altra, aveva provato ad immaginarselo con una che non fosse Alice, ma ogni volta che ci provava non vedeva altri che lei con lui, e sapeva benissimo che lui non voleva nessun'altra che non fosse Alice.
Ok, aveva fatto un'enorme cazzata - perché era questo l'unico termine che le veniva da utilizzare -, ma era stata una cosa combinata da ubriaco e di cui, tra l'altro, non ricordava assolutamente niente.
Una notte di sesso non doveva e non poteva cancellare tutto quello che era successo tra loro due nei due anni che erano stati insieme.
Ma Alice, purtroppo, non sembrava pensarla come lei.

«E tu, che cos'hai fatto?» domandò mentre si sedevano su una panchina.

«Gli ho tirato uno schiaffo» rispose, girandosi verso di lei, gli occhi colmi di senso di colpa.

«Che cosa?» domandò ancora Giulia, ma avrebbe mentito se avesse detto che questo non se lo aspettasse da parte sua.

Alice prese un respiro profondo prima di iniziare a raccontarle tutto quello che era accaduto in quegli ultimi mesi: le parlò di come Federico reagiva ogni volta che lei e Paulo stavano insieme o anche solo quando l'argentino le si avvicinava per salutarla, le parlò di Valentina e del giorno in cui era arrivata a Vinovo - soffermandosi su quanto le aveva dato fastidio che ronzasse attorno a lui -, di quello che era successo quando erano rimasti da soli in ufficio, di quello che le aveva detto, del fatto che si era trasferito a Torino per lei, le raccontò il poco che si ricordava della sera prima in discoteca e nel suo appartamento, le raccontò tutto, senza omettere niente, tirando fuori anche i più piccoli dettagli.
E più andava avanti più si sentiva leggera, tenere tutto per sé così a lungo non era stato per niente un bene, doveva parlarne prima invece che tenersi tutto dentro.

Giulia continuò ad ascoltarla senza interromperla e senza staccare gli occhi dai suoi e dal suo viso per cercare di cogliere un'espressione, una ruga, una luce, un qualcosa che la aiutasse a capire cosa stesse passando per il cuore della sua migliore amica, perché quello che le passava per la testa glielo stava raccontando, ma il resto, tutta la sua parte emotiva, era ancora celata dietro a quella maschera da ragazza forte che si era costruita e che continuava ostinatamente a portare avanti.
Ma lei non era così, non era mai stata una che prediligeva la testa al cuore, semmai era l'esatto opposto.

Quando finì di parlare, Alice guardò l'amica, inarcando le sopracciglia come ad incitarla a dire qualcosa, qualsiasi cosa, perché il suo silenzio la stava torturando.

Ponderò bene le parole da utilizzare prima di chiedere: «Hai provato qualcosa quando ti ha baciata? Sii sincera però.»

Alice abbassò lo sguardo sulla punta delle sue scarpe e deglutì, mentre Giulia attendeva pazientemente una risposta, anche se aveva già un'idea su quale fosse e il fatto che la mora stesse indugiando rafforzava le sue probabilità di avere ragione.

Si portò una mano tra i capelli, spostando poi una ciocca dietro all'orecchio, mentre sentiva le guance accendersi dal rossore al solo ricordo delle labbra di Federico contro le sue, del suo corpo contro il suo e del suo profumo che la avvolgeva completamente.
La domanda giusta da fare era cosa non aveva provato, sarebbe stato più semplice rispondere.

Potremmo ritornareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora