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Per quanto l'affidabilità di un mannaro e la credibilità della sua parola mi fossero concetti estranei, avevo comunque deciso di dare credito a ciò che Nadine mi aveva detto

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Per quanto l'affidabilità di un mannaro e la credibilità della sua parola mi fossero concetti estranei, avevo comunque deciso di dare credito a ciò che Nadine mi aveva detto. Soprattutto, mi sarei fidato del fatto che le due famiglie, la Allen e Rivera, sembravano piuttosto tranquille.

Se non si considerava quel Tom, che tanto sembrava affezionato alla ragazza, sentivo di potermi fidare del mio istinto. Avrei dovuto fare un controllo dei membri rimanenti, ma quanto mai sarebbe potuta essere numerosa una famiglia di pantere?

Pantere, già. La cosa non mi aveva stupito, ma una componente di fascino rimaneva comunque, nonostante tutto.

Del resto, i licantropi erano come i ratti di città, mentre fuori era più facile trovare una "fauna" più interessante e caratteristica.

Sentii i miei denti scoprirsi in una smorfia leggera.

Il costo dello scambio era stato nullo da parte mia: l'ignoranza di Nadine era quasi adorabile, quasi quanto la faccia che aveva fatto quando le avevo svelato l'esistenza dei mutaforma e del sistema gerarchico delle virtù. In un certo senso mi dispiaceva il modo in cui l'avevo trattata, ma era quello che serviva e, soprattutto, quello ero io: l'Ethan che avevo costruito con le mie stesse mani, mattone dopo mattone.
Esclusa lei e la sua famiglia, si tagliava fuori una buona fetta di popolazione di Shrub Town.

Mi strusciai il volto con vigore e una pressante voglia di caffè iniziò a impastarmi la lingua. Dovevo andare a riposare, o sarei crollato come un sacco di patate proprio nel bel mezzo della strada.

Con molta probabilità, dopo la discussione appena avuta, avrei dovuto cambiare registro con la ragazza. Niente più scenate da soap opera, niente più simpatie e battute fuori luogo, niente più sorrisi quasi sinceri. Lei era una mannara, e il suo posto non era nelle mie attenzioni.
Rincalcai il collo nella giacca quando uno spiffero di aria fresca incontrò la mia pelle sudata, ma continuai a camminare, affrettando persino il passo. Avevo avuto lo stesso identico e fastidioso brivido di quando mi si era avvicinata troppo, e proprio non mi riusciva di smettere di pensarci.

Grugnii a disagio, pestai i piedi e infilai di forza i pugni nelle tasche, poi un'ombra mi balzò addosso: all'improvviso, dal nulla assoluto.
Persi l'equilibrio, ma non caddi. Mi riassestai immediatamente sui piedi, mentre con la mano andavo ad afferrare il pugnale che mi ero imposto di portarmi dietro.
Nadine non mi spaventava, diamine, nessun mannaro lo faceva. Ma non si smetteva mai di essere troppo cauti: mi trovai con la camicia sfregiata, il petto che gocciolava sangue. Mi guardai attorno e allungai le orecchie in cerca di qualcuno o qualcosa. La strada era buia e i vicoli, se possibile, lo erano ancora di più.
Mi ero distratto, non avevo sentito nessun rumore e mi pareva improbabile, considerata la mole della cosa che mi si era fiondata addosso. Il mio respiro si fece corto e svelto, non trovando niente, tra i lampioni, su cui posare gli occhi. L'assalitore se n'era andato? Era stato un animale spaventato? Un avvertimento?

Damnatio ad BestiasWhere stories live. Discover now