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L'essere insieme dava loro forza e coraggio, e forse era anche per questo che Tom non aveva ancora perso il controllo

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L'essere insieme dava loro forza e coraggio, e forse era anche per questo che Tom non aveva ancora perso il controllo. Adesso erano in quattro a fronteggiarmi, a cercare di tenere a freno il ragazzo.

Travor Allen ci aveva raggiunti in pochi minuti, alla guida della sua volante, chiamato forse dall'altra sua figlia che, non appena si era affacciata alla finestra e aveva assistito alla scena in cui Anastasia allontanava di forza l'Allen da me, si era gettata in strada completamente scioccata.

Vedevo la mano del vice-sceriffo resistere alla tentazione di andare a cercare la sicurezza della pistola d'ordinanza, mentre entrambe le donne spingevano con forza Tom lontano da me.

Io me la godevo forse un po' troppo.

La scena era quasi esilarante, in effetti.
Non mi permettevo di ridere solo perché mi sarei visto praticamente un intero zoo saltarmi addosso.

La tensione era alle stelle, del resto, ma non volevo assumermene la colpa interamente. La mia ultima frase non era piaciuta affatto al giovane Allen, che mi aveva agguantato per le spalle per spintonarmi via con forza. Lo avevo lasciato fare, esattamente allo stesso modo in cui stavo lasciando alla loro natura animale di reagire come meglio credeva. Era curioso e affascinante vederli tutti strizzare gli occhi allo stesso modo, sforzandosi di rimandare la bestia il più profondo possibile. Con gli occhi fissi sulla mano titubante di Travor, alzai le mani, mantenendo un'espressione neutra e distante.

«Tom, vuoi darti una calmata?» sbottò infine il vice-sceriffo, rimproverando con estrema serietà il figlio e dando segno di aver apprezzato il mio gesto.

Il ragazzo scosse la testa, ricacciando giù per la gola la trasformazione che aveva iniziato a cambiargli la bocca.

«È un...» riuscì a dire lui, «pezzo di merda».

Inarcai un sopracciglio, ma mantenni il silenzio perché il telefono della ragazza più giovane squillò e, quando rispose, in meno di un secondo il suo volto si fece esangue. Prima guardò me, poi il fratello, la zia e il padre. La vidi infine voltarsi per cercare di inquadrare qualcosa verso l'orizzonte, e così feci anche io.

Trattenni il respiro per un istante: una pantera ci correva incontro, pestando le zampe con furia sul terreno.

«Papà» mugolò la giovane, indicando la bestia. «Che facciamo? John è dietro di lei».

Travor, allarmato, seguì con gli occhi il dito della figlia e così io, ancora. Di quel passo, l'impetuosità della bestia ci avrebbe investito di lì a poco.

Il pelo dell'animale brillava lucido sotto il sole: era un lampo nero. Un lampo nero decisamente fuori controllo.
Era forse...?

«Merda».

Il vice-sceriffo, con la prontezza d'animo degna da un uomo come lui, si girò verso di me, iniziando a spronarmi con ogni possibile termine di infilarmi in casa sua e chiudere la porta. Mi infilò le chiavi in tasca, mi spinse un po'. Quando però vide la mia espressione frastornata, sembrò decidersi per le maniere forti: mi agguantò per una spalla e mi indirizzò con forza verso la sua abitazione, incitandomi a muovermi.

Damnatio ad BestiasWhere stories live. Discover now