Capitolo 27

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Con la testa appoggiata alla porta appena chiusa, mi porto le gambe alle ginocchia e stringo forte, quasi come se volessi cacciare tutto il dolore con quel gesto.
Qualcuno bussa alla mia porta, ma sono troppo addolorata persino per rispondere.
«Silvia.» dalla voce capisco che è mio fratello.
È tutta colpa sua. Questo, è tutta colpa sua.
«Silvia, apri.»
Comincia a bussare senza mai smettere, incitandomi ad aprire.
Mi ricorda la prima litigata con Tobias, quando l'avevo trovato ad abbracciare una sua amica e mi ero rifugiata in albergo, lui mi aveva rincorso e pregato di aprire per tutto il pomeriggio, perché teneva a me e voleva spiegare.
Lui tiene a te, non ti ha lasciato lui.
Mi ricorda la coscienza. È vero, ma allora perché sento che è la scelta più sbagliata?
C'è sempre una seconda possibilità, perché ci stiamo arrendendo?
«Mi dispiace, okay? Hai ragione a stare così, ma per favore apri Sil!»
Sentirmi chiamare così da Matthew scaturisce una rabbia che non pensavo di possedere.
Mi alzo, ma non apro la porta.
«Non hai il diritto di chiamarmi così! Non hai il diritto di stare qui a far finta di niente, Matthew!» gli urlo.
«Non ti perdonerà mai, per quello che mi hai fatto!» l'urlo viene attutito dai singhiozzi che riprendono ad uscire.
Non mi pento di essermene andata, ma mi pento di essere ritornata.
Ero felice con Ias, ero felice.
Quando sento i passi allontanarsi, sospiro di sollievo. Voglio stare da sola, ma non è lo stare ferma a tenere la mente occupata.
Decido di fare qualcosa, e l'unica che è da fare rimanendo in camera è disfare la valigia.
So che farà male, ma meglio ora che domani, quando sarò ancora più cosciente che Tobias non ritornerà.
Prendo la valigia e la posiziono sul letto, aprendo la zip e dividendo le due parti in modo da aprirla.
Il primo oggetto che vedo, il palloncino che abbiamo preso insieme a Disneyland, mi fa stringere il cuore. 
Ricordo ancora quando l'abbiamo preso...

Sto mangiando tranquillamente il mio churros, mentre cammino mano nella mano con Tobias verso l'uscita del parco. Abbiamo ancora i capelli leggermente bagnati, a causa dell'ultima giostra che abbiamo fatto: le rapide.
Saranno le dieci e mezza di sera, dato che lo spettacolo dei fuochi d'artificio è appena finito.
Do un altro morso al churros, mentre mi stringo un altro po' nella giacca di pelle nera che Tobias mi ha prestato, dato che iniziavo a sentire freddo.
Avere la sua giacca è davvero bello, emana il suo profumo, e starei a sentirlo ore e ore.
Mi blocco sul posto appena vedo un signore vendere i palloncini a tema Disney, che si illuminano anche.
«Ias...» inizio a chiedere. Mi aggiusto la maglietta abbinata che abbiamo preso qualche ora fa, mentre cerco di fare il miglior sguardo da cucciolo bastonato.
Tobias guarda prima me, poi lo stand dei palloncini, poi di nuovo me.
«Ne vuoi uno, vero?»
Il sorriso grato che faccio gli fa intendere la risposta, quindi dopo avergli dato un bacio sulla guancia mi chiede: «Quale vuoi?»
Ed io non perdo tempo ad indicare quello di Coco, con Dante e tutti gli altri personaggi raffigurati.
«Quello li.»

Un paio di lacrime cadono sopra il palloncino, e mi affretto a levarle per non rovinarlo. Mi asciugo le guance umide con il palmo della mano, e poi ripongo il palloncino in uno dei cassetti della scrivania, stando attenta a non rovinarlo ed a non romperlo.
Metto apposto un paio di jeans e qualche maglietta, ma dopo una fitta di dolore al petto più forte delle altre mi devo fermare. Mi siedo sul bordo del letto, guardando e giocando con il bracciale. Il nostro bracciale.
Leggo ancora una volta l'incisione al suo interno. "Born to be yours".
So che parlare ad un bracciale è una cosa stupida, ma ci tiene legati insieme. È come averlo qui con me.
«Sono nata per essere tua Tobias, ma la nostra vita non è destinata a continuare insieme.»
Ed io lo so, nessuno prenderà mai il suo posto. Nessuno riuscirà ad essere anche solo "quasi" come lui.
Nessuno mi farà sentire così bene come faceva Ias Eaton.

Born to be yours Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora