Capitolo 7

196 55 41
                                    

Elena correva sulla sabbia mentre lui la inseguiva. Rideva felice e si sentiva bene in quel momento. La stava raggiungendo, percepiva l'affanno della corsa aumentargli i battiti del cuore e il respiro diventare più pesante. Lei arrivò agli scogli e un attimo prima di essere raggiunta si buttò in acqua. Marco si tuffò dietro di lei ma stranamente non caddero in mare ma su una specie di grosso batuffolo di ovatta gigante. Annaspando in quei filami bianchi riuscì a raggiungerla alle spalle facendola voltare verso di lui. La sua sorpresa fu enorme nel vedere che non era Elena la persona che stringeva tra le braccia. Il viso di Elena venne sostituito da quello di Sofia. I suoi occhi si incastonavano in quelli di lui. Sentiva muoversi qualcosa in basso, era nel pieno del desiderio quando sentì la voce di Tommaso che lo chiamava. Era un grido di terrore. Si voltò seguendo la voce e si trovò in una stanza completamente bianca, di un bianco intenso, accecante. Non riusciva a vedere Tommaso. Iniziò a chiamarlo gridando il suo nome mentre gli sembrò di vedere in lontananza una porta chiudersi. Corse cercando di raggiungerla, sperando di trovare suo figlio oltre quell'uscio. L'aprì trovandosi sull'orlo di un precipizio, fermandosi appena in tempo per non cadere mentre il grido di aiuto di suo figlio gli rimbombava nelle orecchie...

Si svegliò colto da un improvviso stato d'ansia. Guardò il cellulare sul comodino: le tre e venti. Si mise seduto sulla sponda del letto. Nonostante il condizionatore acceso sentiva caldo, come se vampate di fuoco sparate da un lanciafiamme lo colpissero ripetutamente. Era sudato. Si voltò a guardare Tommaso che dormiva beato, sorrise in modo istintivo. L'immagine di suo figlio placò quel senso di ansia che aveva dentro. Si alzò facendo attenzione a non svegliarlo e si avviò al piccolo frigorifero per prendere una bottiglietta d'acqua, poi si girò avvicinandosi ai vetri del balcone. Lo aprì delicatamente e si avviò fuori sul terrazzo, aveva bisogno di una boccata d'aria fresca. C'era un silenzio quasi irreale interrotto soltanto dal lamento del mare. Quel rumore delle onde che sembrava sovrastare ogni cosa, quel suono ritmato che gli donava la pace. Le onde andavano e venivano increspandosi e scomparendo come i suoi pensieri. Inspirò l'aria fresca della notte inebriandosi dell'odore del mare, che insieme quel suono melodico stava spegnendo il fuoco che sentiva dentro, il mare era pace. Bevve l'acqua e si appoggiò alla balaustra contemplando l'immensità nera che aveva di fronte. Restò così per diversi minuti a recuperare quella tranquillità di cui aveva bisogno. Stava quasi per rientrare quando un movimento nel giardino della villa attirò la sua attenzione. Un'ombra si mosse in modo veloce. Non era sicuro di aver visto bene, quindi si concentrò nel tentativo di capire cos'era. Niente sembrava muoversi, tutto era fermo, immobile, nel silenzio della notte. Probabilmente un gatto, ne aveva visti diversi nel giardino della villa il giorno prima. Poi un rumore come di vetri che si rompevano. Di nuovo puntò la sua attenzione nel punto da dove credeva provenisse il rumore. La luce della stanza al secondo piano si accese. Marco portò lo sguardo dal giardino alla stanza illuminata. Vide Sofia uscire sul terrazzo e guardare il giardino come a cercare qualcosa. Probabilmente aveva sentito anche lei quel rumore. Dopo qualche minuto la donna rientrò in stanza. Marco la vedeva muoversi davanti alla finestra, sembrava agitata. Poi improvvisamente una piccola luce al primo piano. Un lampo veloce che si muoveva in modo ondulatorio come fosse una torcia. L'ansia tornò prepotente dentro di lui. Prese da terra il telescopio di suo figlio e lo puntò su quel fascio di luce. Riuscì a mettere a fuoco giusto in tempo per vedere due uomini vestiti di nero che, seguendo la torcia, stavano uscendo dalla stanza del primo piano per avviarsi alle scale. Fu colto dal panico. Puntò il telescopio verso la stanza di Sofia, la vide in piedi vicino allo specchio, sembrava così vicina. Doveva avvisarla, si ricordò di aver lasciato il cellulare sul comodino, e si maledì per non averlo portato con se. Si girò e corse in camera a prendere il telefono e mentre ritornava sul terrazzo cercò il numero di Sofia che aveva salvato poche ore prima nella rubrica. Schiacciò la cornetta verde e ripuntò il telescopio verso la sua stanza. Lei era ancora lì. Il cellulare cominciò a suonare, Sofia si apprestò a prenderlo, la vide muoversi verso il comodino mentre nella sua mente Marco le urlava di sbrigarsi. Lei guardò per un momento il display del cellulare prima di rispondere «pronto» era sorpresa. Marco deglutì «ascolta Sofia sei in pericolo due uomini sono entrati nella villa e stanno salendo al piano di sopra». Ci fu un attimo di silenzio. «Che stai dicendo?» Sofia sembrava incredula. «Fidati per favore chiudi a chiave subito la porta della camera e chiama qualcuno» disse Marco mentre spostando il telescopio cercava di capire dove fossero quegli uomini. Non riusciva più a vederli. Riportò il telescopio nella stanza di Sofia, la vide allontanarsi dalla porta «ho chiuso» disse, questa volta però la voce era spaventata. Si stava rendendo conto del pericolo solo in quel momento. «Dobbiamo chiamare la polizia» disse Marco «No, aspetta non agganciare, non lasciarmi» Sofia era terrorizzata. «Dobbiamo farlo quegli uomini potrebbero farti del male». Lei sentì un rumore leggero provenire dal corridoio «sono qua» sussurrò nascondendosi dietro al letto. Marco entrò in camera correndo, prese il cordless dell'albergo e chiamò la reception mentre ritornava fuori. «Per favore chiami la polizia ho visto due uomini entrare nella villa accanto all'albergo e credo vogliano fare del male alla signora che è in casa» disse trafelato all'uomo di turno alla reception «La villa della contessa Castelli?» chiese l'uomo. «Non lo so di chi sia la villa, sono nella stanza 57 è l'unica villa che vedo dal terrazzo. Si sbrighi maledizione la donna è sola in casa» era furioso mentre cercava di inquadrare la stanza. Sofia spense la luce. Non vedeva più nulla, sentiva solo il suo respiro trafelato dal microfono del cellulare, era strano quasi innaturale. «Ho chiamato la polizia» disse con un sospiro «stanno per arrivare». «Ho paura Marco, sento dei passi fuori la porta» poi si bloccò improvvisamente trattenendo un gridolino di terrore «stanno provando ad aprire la maniglia» sussurrò. Marco si sentiva impotente e quel buio nella stanza aumentava notevolmente la sua frustrazione. Aveva paura per Sofia, per quello che poteva succederle «se hai un antifurto nella villa facciamo scattare l'allarme» disse a voce bassissima per paura che potessero sentirlo gli uomini. «Non ho allarmi» Maledizione pensò «stai tranquilla la polizia sta arrivando, cerca di stare nascosta» disse sperando di darle conforto. «Ascolta Marco posso nascondermi... » Non sentì più nulla «Sofia» chiamò. Lei non rispose e Marco si sentì morire dentro. Dall'auricolare del cellulare provenivano solo ronzii, respiri e rumori indistinti come se si stesse muovendo, ma nessuna voce. «Sofia» riprovò piano. Nulla, «Sofia». Solo ronzii nel silenzio più completo. Improvvisamente anche i ronzii e il respiro di lei sparirono. La comunicazione si interruppe mentre le sirene delle auto della polizia erano sempre più vicine. Vide le luci delle torce che si muovevano nella camera da letto di Sofia nervosamente, mentre lui in preda ad fortissimo senso di angoscia, si sentiva sprofondare sempre di più.

IL RIVERBERO DEL MAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora