Red wire

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Così i mesi della stagione estiva erano giunti al termine, in quello che ad Eren parve - per la prima volta rispetto alle diciassette estati precedenti -,un tempo quasi eccessivamente lungo, lasciando dietro di sè un sentiero di ricordi indissolubili dei suoi amici d'infanzia e il residuo di qualche temporale estivo, che faceva la sua comparsa nelle giornate più afose.

Godette di ogni istante trascorso con i suoi compagni di scuola come se fosse in procinto di partire per un altro pianeta, in cui la loro figura sarebbe stata eccessivamente distante anche solo per poter inviare un misero messaggio ed incontrarsi nella solita piazza del paese; da quel momento in poi, gli unici strumenti a disposizione per tenersi in contatto con loro sarebbero stati, per l'appunto, solo degli infimi messaggi striminziti. 

Niente di più, niente di meno.

In quei mesi aveva anche fatto nuove amicizie, qualche intrigo amoroso di turno per cui Eren aveva mostrato un interesse duraturo quanto un battito di ciglia: quindi, al termine delle vacanze estive, aveva passato in rassegna i diversi ragazzi che aveva incontrato, ma ogni qualvolta stilava una lista dei pro e dei contro di ciascuno di loro, un faro sembrava colpirlo dritto in faccia, accecandolo e stordendolo per una frazione di secondo, e le volte in cui aveva liquidato quegli individui avevano iniziato ad aumentare in modo esponenziale ogni giorno che passava.

Ovviamente il castano era perfettamente conscio del motivo per cui nessuno gli sembrasse sufficientemente intrigante ai suoi occhi, e la risposta era solo una: il ragazzo del treno.

Eren Jaeger non era mai stato il tipo da credere a baggianate come il destino, il fato, il Karma - magari, su quest'ultimo, stava iniziando ad avere qualche ripensamento negli ultimi anni.

Certo, quando era stato più giovane e aveva iniziato a vivere l'ardente e struggente travolgimento delle prime cotte, anche le cose più comuni - come l'incontrarsi accidentalmente al supermercato - gli era parsa un'occasione voluta dal Cielo.

Ma col tempo lui, con il destino, sembrava averci proprio fatto a pugni. 

Tutte le sue infatuazioni si erano rivelate fasulle, deludenti, misere, e alla fine gli accidentali incontri con quegli individui di fronte al nastro trasportatore della cassa sembravano voluti direttamente dal Karma in persona - ecco perchè poi si era convertito alla cultura di quest'ultimo.

Il filo rosso, probabilmente, si era annodato fin troppe volte intorno alle sue caviglie, stringendogli il corpo alla stregua di un pezzo di carne e facendolo inciampare in innumerevoli occasioni, finchè non gli aveva  dato un taglio secco lui stesso con un paio di forbici affilate.

D'altronde come poteva solo credere all'esistenza del sentimento amoroso, dell'affetto disinteressato, quando sua madre gli aveva ripetuto fin da bambino che le famiglie felici non esistono? Bhè, di sicuro la sua non doveva essere una di quelle: ancora una volta il famigerato destino aveva tirato un brutto colpo, e Eren sapeva che se avesse anche solo azzardato a provare un 10% di trasporto nei confronti di una persona, e quest'ultima lo avesse poi deluso, quel 10% gli sarebbe ritornato indietro esplodendogli fra le mani come polvere da sparo, lasciando nient'altro che un odore acre e ustioni dappertutto, il cuore imbrattato di una sostanza scura.

Era ciò che era accaduto a sua madre, quando suo padre aveva deciso di scomparire una mattina di dicembre nel nulla portando con sè tutti i suoi affetti personali, mentre il bambino era a scuola e Carla a lavoro.

Quando Eren aveva varcato la soglia del loro appartamento, per un momento era stato assalito  dallo sconclusionato terrore che un ladro fosse entrato dalla veranda e li avesse derubati.
Ma che senso avrebbe potuto avere privarli delle foto del matrimonio dei suoi genitori?

 Almeno aveva lasciato il regalo di Natale sotto l'albero sintetico.

Quindi, alla fine dei conti, l'amore non poteva in alcun modo far parte di lui, ma l'interesse sì, eccome, e quel ragazzo dagli occhi dello stesso colore del cupo cielo di quella mattina calda, aveva acceso in lui una scintilla che, a distanza di mesi, continuava a scorrere nei vasi sanguigni come oro colato. Più di una volta, quando si era ritrovato a flirtare per puro gusto e a perdi tempo con qualcuno poco più grande di lui, un sentimento estraneo e pesante aveva iniziato a germogliare in lui, mentre le radici gli stringevano la laringe con eccessiva enfasi: perchè si sentiva di star tradendo qualcuno? Perlopiù uno sconosciuto con cui aveva parlato sì e no per tre quarti d'ora?

E quindi, appena iniziava a rimuginare per l'ennesima volta su quel senso di disgusto che gli pervadeva la gola e la bocca dello stomaco, si allontanava senza troppe cerimonie e ritornava dal suo gruppo, mentre la gratificazione di aver fatto la cosa giusta gli colmava il petto insieme al ricordo così lontano, eppure così nitido, di quegli occhi di nebbia.

Non avrebbe mai potuto giudicare il loro incontro come un calcolo premeditato del destino, nè avrebbe mai dichiarato che quell'eccessivo interesse per quel conoscente potesse - in futuro e in condizioni favorevoli - rappresentare il seme di qualcosa di più importante.

Ovviamente non poteva ancora considerarlo come tale, dal momento che l'università sarebbe iniziata l'indomani e non aveva ancora avuto modo di rincontrarlo.

Incrociò le gambe e sollevò le mani verso il soffitto, mentre una domanda aveva iniziato - ormai da due settimane a quella parte - a ripetersi come un mantra nel suo cervello: quante probabilità c'erano di rivederlo in quelle immense aule studio? Del settanta percento? Ottanta? Forse, invece, erano talmente basse che neanche a distanza di un mese l'avrebbe mai scorto in mezzo a quella folla, data la vastità della struttura.

Ma lui si sarebbe impegnato, eccome se lo avrebbe fatto, a partire dal sito delle matricole di quell'anno - anche se sembrava che nessun ragazzo di nome Levi si fosse ancora iscritto. Avrebbe atteso e osservato , finchè non l'avesse trovato in quel mare magnum di studenti e, per quanto sembrasse assolutamente da folli insistere su una questione del genere, ci sarebbe riuscito.

Come recitava quella maledetta credenza giapponese?

Ognuno di noi è legato da un filo rosso ad un'altra persona per il resto della nostra vita e sta a noi trovare la nostra anime affine.

Eren avvicinò il mignolo fino a sfiorare il naso e lo studiò così meticolosamente che sembrava volesse mappare i lineamenti del tessuto epiteliale: possibile che il suo filo fosse invisibile?

Beyond the white cloudWhere stories live. Discover now