Capitolo 3

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La campanella suonò e un'altra giornata di scuola terminò nel peggiore dei modi: due insufficienze. Ormai ci ero abituata, era la prima volta che ripetevo il quarto anno ma sin dal secondo anno i miei voti erano scarsi così come la mia partecipazione nelle attività di gruppo. Mi diressi verso l'uscita mentre un gruppo di tre ragazze mi venne incontro: la prima era alta e possente, i capelli biondi erano legati in uno chinon disordinato e dei ciuffi ribelli erano tenuti sulla sua testa da una bandana azzurra; indossava un giubbotto di jeans scuro e dei jeans strappati, classico stile da "bulla della scuola". Le altre due avevano indumenti simili ai suoi.

«Ehi, Brooks! Come sta la mammina?» la più alta rise mentre mi insultava sulla cosa a me più cara.

«Vaffanculo, stronze.» dissi tenendo i denti stretti e scansandole. Potevo ancora sentire le loro risate alle mie spalle e le avrei picchiate duramente se non fossimo stati nel cancello della scuola, anche se, a dir la verità, non importava poi così tanto.

Sentii il telefono vibrare nella tasca mentre camminavo fuori dal cancello e lo presi quando mi accorsi che la vibrazione continuava facendomi capire che qualcuno mi stava chiamando.

"Papà" lessi sul display.

Cliccai con forza sul tasto a sinistra ormai rotto a causa della lunga età del cellulare e lo portai all'orecchio.

«Papà?» era strano che mi chiamasse al telefono, lo faceva solo per cose importanti e non sapevo cosa potesse esserci di tanto importante.

«Scarlett, tesoro, raggiungimi al campo, voglio farti conoscere delle persone.» bene, mi toccava conoscere degli idioti che prendevano lezioni di calcio da mio padre. L'idea di conoscere dei ragazzi mi allettava ma mi sarei potuta scontrare con un qualche effeminato o qualche sgorbio ambulante o magari era il turno dei bambini e allora si che mi sarei sentita a disagio.

«Sono lì tra dieci minuti.» risposi seccata e chiusi la chiamata.

Riposi il telefono nella tasca e cambiai strada camminando fino al campo da calcio. Durante il tragitto sentii il mio stomaco gridare pietà ma non riuscivo più a mangiare tanto, mi facevo in qualche modo bastare lo spuntino durante la ricreazione quando non c'era il pranzo nella mensa, tipo quel giorno, ma non è che non volessi mangiare, amavo il cibo, solo che come provavo ad ingurgitare un piatto di pasta, riso o qualunque altra cosa il mio stomaco si chiudeva improvvisamente ritirando tutte le richieste fatte in precedenza. Forse anche questa era una causa del mio aspetto lievemente trasandato e credetemi quando dico che non mi piaceva affatto essere quella che ero, avrei voluto essere più in forma ma se provavo a sforzarmi di mangiare tutto tornava su ed il mio aspetto era tre volte peggiore.

Arrivai al piccolo stand che stava prima del campo dove mio padre teneva alcune attrezzature ed entrai accendendo la luce e illuminando di conseguenza le pareti arancioni e celesti, colori della squadra più importante di mio padre. Guardai la tabella degli orari settimanali e portai lo sguardo su "lunedì" "ore: 1:00 p.m. - 3:30 p.m.". Feci scorrere il dito in corrispondenza dei piccoli rettangoli in cui vi erano le lettere e i numeri scritti con dei caratteri disordinati in inchiostro blu e arrivai alla colonna che conteneva il nome della squadra: New Fire Florida.

Contenta del fatto che fosse il giorno della squadra principale, composta da ragazzi dai 19 ai 23 anni, spensi la luce e mi diressi al campetto e vidi poco più di dieci ragazzi in riga calciare a turno un pallone posto davanti a ciascuno di loro verso la porta. Ero ancora fuori dalla piccola porta verde e osservavo i ragazzi con le braccia incrociate, non erano affatto male. Mi soffermai a guardare uno dei ragazzi di schiena, il numero sulla sua maglia era il 5 e i suoi capelli biondi mi ricordarono quelli del ragazzo della festa e della mattina prima. New Fire, il numero 5, lettere e numeri che mi ricordavano qualcosa.

Shadow || Niall HoranWhere stories live. Discover now