Prologo

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La seta candida, liscia e fluente.
Le maniche lunghe, vaporose, leggere come nuvole.
La linea elegante.
Lo scollo profondo, la vita stretta.
Avvolgente fin sotto la linea morbida dei fianchi, poi vaporoso, come un fiore che sboccia e apre i suoi petali.
E i cristalli, milioni di cristalli che si rincorrono in un ricamo delicato e armonioso, un mare di stelle che brilla e risplende alla luce tenue del mattino.

Daniela prende il pennello più grande, lo passa nella polvere, scuote con decisione e applica la cipria sulla fronte e sul mento.
Indietreggia di qualche centimetro, esamina per un'ultima volta il suo lavoro ed esce dalla stanza soddisfatta.

Indosso i guanti, mi avvicino all'armadio, mi alzo sulle punte e afferro delicatamente la stoffa.
Raggiungo la figura esile in pochi passi, mi chino, e fermo il velo sullo chignon basso, nero come l'ebano.
Altre due forcine, tanto per essere sicura che regga.

«Ho finito, signorina!»

Lei solleva il viso e mi congeda rapida con un cenno del capo.

Raccolgo la mia borsa e mi dirigo svelta verso la porta, lontano dal suo sguardo triste e da quell'unica lacrima che ha versato.

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