Capitolo 3

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Quel maledetto stronzo!

Era furbo, molto, e forse questo la stuzzicava ancora di più.

Eva era convinta di ritrovarseli in spiaggia il pomeriggio precedente, invece non si erano visti, nemmeno l'ombra di un bel ballerino muscoloso. Aveva passato tutto il pomeriggio in attesa per niente.

Brody era bravo, doveva riconoscerlo. All'inizio l'intenzionalità della cosa era rimasta soltanto un suo dubbio, ma quella mattina, quando si erano trovati per le dieci sotto casa per andare insieme in una caletta minuscola tra gli scogli, il sorriso malizioso e soddisfatto di lui aveva confermato a Eva quanto in realtà la scelta del giorno prima fosse voluta.

Così aveva deciso di passare all'attacco: tutta la mattinata lo ignorò, dedicando le proprie attenzioni agli amici di lui e socializzando con le ragazze. Brody, però, fece lo stesso. Sfruttò l'antipatia reciproca e palese tra Paul e Bridget per conoscere meglio lei e i suoi amici, comportandosi come se Eva non fosse presente. Si rivolgeva al gruppo in generale, ma si dedicava agli altri tre nel particolare, conscio che – se la ragazza in questione non si fosse immersa nella conversazione volontariamente – non avrebbe avuto modo di interpellarla e renderla partecipe.

Eva era consapevole dello sguardo di Brody costantemente su di sé, anche se nascosto dalle lenti specchiate da sole, ma sapeva bene a quali bellezze fosse abituato. Non era certo una modella, ma poteva assumere posizioni quantomeno eleganti e seducenti, senza però dare nell'occhio, giusto per mantenere un briciolo di dignità e continuare a tenere alta l'attenzione del ballerino.

Il pomeriggio lei e le amiche si diressero nella solita cala vicino a casa, ma Eva era sempre più indisposta: di quel passo non si sarebbero avvicinati prima della fine della vacanza, e non era di certo il suo obiettivo.

Brody, però, doveva essere del suo stesso avviso, perché nel pomeriggio i californiani, siccome avevano raccontato di abitare tutti a Los Angeles, le raggiunsero in spiaggia accompagnati da Fred, incontrato sotto casa.

Successe tutto mentre Eva era intenta ad ascoltare il proprio mp3 a occhi chiusi, mugugnando la canzone a muovendosi appena, sdraiata sul posto. Sollevò le braccia per portare le mani accanto al viso, accarezzandosi i capelli in modo delicato. Un accenno di coccole strano che nel contesto, però, non strideva.

Fu solo quando un vociare sempre più acuto si diffuse attorno a lei, tanto da non permetterle di seguire chiaramente il ritmo che usciva dagli auricolari, che Eva aprì gli occhi e salutò le nuove persone attorno a sé, la bocca aperta e l'espressione stupita.

Certo, se non si contava il leggero spasmo di spavento che l'aveva colta.

«Ciao» le disse Brody con un sorriso accattivante, steso su un telo accanto a lei.

«Ciao» rispose Eva dopo essersi schiarita la voce, in imbarazzo per aver dato spettacolo, anche se in modo involontario.

«Non volevo spaventarti». Un sorriso ancora più largo.

Tsé, impertinente.

No ok, le piaceva.

«Non mi hai spaventata». Si sollevò sui gomiti dopo aver messo in pausa la canzone. «Non ero pronta a trovarmi qualcuno così vicino».

E lui lo era davvero. Poteva osservare la sua pelle già abbronzata – maledette persone che vivevano sulle coste calde del mondo – e i vari tatuaggi sparsi sul torace definito ma non pompato, proprio come piaceva a lei. E non sentiva davvero il bisogno di porre attenzione sulle labbra piene, peccato che ci si fosse soffermata un po' troppo, e Brody se ne accorse, perché le leccò con somma soddisfazione.

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