Tornavo da dove avevo sputato sangue,
facendo a botte con la morte.Scrivevo dell'inverno alle porte,
su una panchina sporca alla stazione.Un barbone dormiva poco più in là,
ridendo nel sonno in faccia alla sorte e all'ipotermia.Vecchia carta e carboncino, niente di più avevo.
Nostalgica pensavo alle mie bozze,
al locale polveroso, agli strati
di lontananza sulle tavolozze.Non avrei lasciato nulla a nessuno,
tumulata di fianco alla stazione, così pensavo,ad osservare binari e volti, a ricordare gli altri
ancora ancorati ai fiordi del mio cuore.
I colori si erano ormai seccati e i pennellispezzati dal gelo e dalla fame della tela.
Ero vecchia e intossicata
di grigio e tristezza
di mondanità vana e amarezzad'amore.
Vecchia stronza, pensavo chiamando la vita,
Perché sembra essere tutto tempo da buttare,
Così invalicabile,Così silenzioso e tombale?
Il dirupo si cela forse ai nostri piedi,
ai nostri sensi?
al nostro cosidetto coraggio?Ci hanno linciato, e questa è la nostra eredità
povera e imbrattata di sputi, arte della vita
profanata dalle stesse mani che la crearono!Siamo forse già frantumi, già voragini sbriciolate dagli insulti e dalle lame
dei nostri finti compaesani?Ahimè, muoio
sulle vostre urla, assassini!
Vi aspetto nella voragine dell'angelo caduto.Siamo tutti dannati senza nome,
qui al cimitero vicino alla stazione.
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Il nero più scuro
PoetryUna storia, o forse più dei ricordi masticati con il freddo e due sigarette americane alla stazione. Anna, in fondo, non ha niente da raccontare. Secondo posto The Girls Contest 2019 Poesia poesia narrativa, storico, biografico | 2016-2017 | riscri...