Lucia.
Il volto dolce della ragazza incontrata quella mattina le tornò alla mente, insieme a una fitta al petto. Ariel strinse le braccia attorno al cuscino e sospirò contro la federa, cercando di scacciare il pensiero del ragazzo con lo sguardo ardente che, probabilmente, era proprio il ragazzo di Lucia.La memoria la colse all'improvviso.
Il corridoio del dipartimento, gremito di studenti, sembrava ancora più angusto quel giorno. Lei era rimasta immobile accanto a una colonna, il cellulare in mano, lo zaino troppo pesante sulla spalla e lo stomaco annodato. Sua madre non le aveva scritto nemmeno un "in bocca al lupo". Nessuno.
Aveva distolto lo sguardo dai messaggi inesistenti, sentendosi minuscola, finché non era apparsa lei.
Lucia l'aveva notata senza sforzo, e senza dire nulla, si era avvicinata con un sorriso che aveva bucato quella nebbia nel petto.
"Qualcosa non va?" La sua voce era stata morbida, gentile, come una mano tesa. E da lì, il resto: l'accompagnamento in segreteria, i corridoi spiegati uno a uno, le chiacchiere leggere sul percorso di studi, la battuta sulle scarpe scolorite, e il "da oggi ci sono io". Come un angelo custode in jeans e maglietta.Il cellulare sul comodino sembrava osservarla.
«Ok!» sbottò, con un misto di impulso e rimorso, e si gettò sul letto per prenderlo.Il telefono in mano, un senso di colpa che le serrava lo stomaco per aver pensato un po' troppo a Joshua...
Mentre digitava il numero, un dubbio improvviso la colse: e se Lucia si fosse ingelosita?
Che stupida che sei, Ariel!
Ringhiò al materasso, frustrazione che le cresceva dentro. E se Acab avesse fatto del male a Joshua a causa mia?!
Lucia avrebbe dovuto saperlo.
«P.. .Pronto?» la voce impastata dell'amica la sorprese. Non erano ancora nemmeno le nove di sera.
«Lucia, perdonami tanto...» una pausa per pesare le parole.
«Tutto bene, Ariel?» le domandò Lucia con una flessione di apprensione nel timbro della voce.
«Sì. Perdonami per l'orario, ma dovresti chiamare Joshua...» gli occhi serrati e una mano sulla fronte nella paura della sua reazione.
«Joshua?» il tono acuto di Lucia e la smorfia di Ariel come di chi aspetta l'esplosione di una bomba ad orologeria.
«Perché? Cos'è successo?»
«Joshua mi ha difeso, mentre Acab...»
«Acab? Quello della caffetteria?»
«Sì. Lui si è offerto di accompagnarmi. Io ho accettato, ma evidentemente aveva cattive intenzioni.»
Una lunga pausa intervallò il profondo sospiro di Lucia dalla risposta. Avrebbe voluto rimproverarla per l'incoscienza, ma sapeva che i Lucifer avevano un potere manipolatore tale da soggiogare anche i figli di Dio poco legati ai Mandati. Figuriamoci i ragazzi del mondo... pensò dall'altro capo della cornetta.
«Quindi lo chiamerai?» immersa in quelle considerazioni, Lucia non si era resa conto di dover dare delle spiegazioni alla ragazza. «Chi? Joshua? Certo, ma tu ora non preoccuparti. Sono certa che Gesù Cristo l'abbia difeso.»
«Sì?» si era dimenticata che i due frequentassero una delle Sette Chiese e che il loro credo veniva spesso definito fuorviante. «In ogni caso,» proseguì Ariel con tono sommesso «Joshua sembrava volergliene dare di santa ragione...»
«Oh mio Dio!» la voce stridula di Lucia, invece, le oltrepassò il timpano tanto che l'altra dovette allontanare il telefono dall'orecchio.
«Mi farai sapere, allora?» sollecitò.

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IL NOME DI GESÙ CRISTO - (in fase di aggiornamento)
ParanormalPadre Simon da tempo ha una missione: deve proteggere le anime sfuggite ai Lucifer. Tra queste anime c'è Joshua, un ragazzo che possiede un dono fuori dal comune. Mentre le ombre dei Lucifer si allungano su Filadelfia, un solo nome sembra capace di...