Chapitre 3

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Nelle vene di Deku scorrevano sogni pompati dalla sua anima densa, e Katsuki si era ritrovato a riflettere su questa considerazione quando la mattina seguente, di quel fanciullo un po' impacciato ed orgoglioso oltre ogni limite, non vi era più traccia: dissolto nell'umidità emessa dal fiume come una creatura evanescente, impalpabile, inarrivabile.

Eppure l'emisfero sinistro del cervello -quello dedito alla logica, alla razionalità, al ragionamento lucido e calcolato- lo continuava ad etichettare come un adolescente qualunque, senza dubbio dall'animo umorale ed incomprensibile, con quei ricci disordinati che erano la concreta rappresentazione dei pensieri irretiti nella sua mente, ed occhi troppo grandi per essere decifrati.

Deku sembrava essere una sinergia di due facce diametralmente opposte e contraddittorie della stessa medaglia, ma era più che evidente quale prevaricasse senza ombra di dubbio sull'altra, ed era per questo motivo che si ritrovava ad essere anche quella celata, occultata dalla consapevolezza di possedere un nervo scoperto che -se toccato senza premura alcuna- l'avrebbe irritato di conseguenza, e forse anche ferito.

E, per l'appunto, Katsuki -con il sole ormai alto nel cielo ed un allettante profumo di omlette che aveva preso a soffiare da sotto la porta- aveva dato il suo buongiorno alla città con l'accenno di un sorriso sghembo sul volto, scaturito da qualche ricordo un po' sbiadito della sera precedente.
Ovviamente l'odore dell'omlette -misto a del sano imbarazzo- li aveva spazzati via senza troppe cerimonie.

Così si era preparato di tutta furia e con la salivazione in aumento, qualche borbottio dello stomaco a testimoniare la fame che si trascinava dietro dal giorno prima e -in fondo alla sua mente, in un angolo ben nascosto e con il viso rivolto verso il muro- il tacito desiderio di poter colloquiare con quel ragazzino ancora una volta.

Il perchè, allora, gli era ancora del tutto ignoto.

Niente era stato pari alla scottante consapevolezza che, come giusto che fosse, il turno di lavoro non poteva esser stato assegnato a lui; così aveva avuto addirittura l'ardire di domandare -non senza essere accompagnato dalla sensazione di star compiendo un reato- ad un collega dalla stazza imponente ed un paio di occhialetti rettangolari sul naso, dove fosse l'artista, ed il giovane aveva esordito con:

-Non ne ho la minima idea, ma una cosa è sicura! Quello là è tutto strambo, con le sue folli idee da artista di strada. Finirà sotto un ponte prima o poi, se non si dà una regolata!-

E Katsuki a stento si era trattenuto dal ridere di fronte a quella dichiarazione impacchettata sotto forma di un vago avvertimento, perchè sulla punta della lingua già poteva assaporare il retrogusto amaro dell'ostinata brama di conoscere e domare quel fanciullo, fusa ad un pizzico di egoismo che trovava la sua origine in un'infanzia grigia.

Deku aveva inscenato una danza indiavolata fra le torpide emozioni rimaste per troppo tempo disattive, assopite, disinnescate, ed era sempre andato bene così.
Sempre, fino a quel momento, quando lenti battiti di ciglia alternati a parole distaccate e tremendamente nutrite di sicurezza lo avevano scosso come un sisma, cui ipocentro era insito nelle immense iridi di Deku.

Quindi, di conseguenza, quel ragazzo gli doveva l'opportunità di comprendere il motivo inconscio di tanto interesse e, come minimo, saldare un debito che vedeva troppi pensieri di Katsuki spesi nella rappresentazione su grande schermo dell'altro mentre lo ritraeva sulla tela.

Così, impugnando una solida testardaggine e serrando il morso dei denti, Katsuki si era ritrovato a chiedere informazioni a qualunque artista -dai comici fino all'ultimo mimo assestatosi dall'altra parte della lingua di pietra-, ottenendo le più disparate ipotesi su dove si fosse cacciato quel maledetto selvaggio.
Alla fine dei conti, l'uomo aveva deciso di accantonare l'idea che l'avessero arrestato -come gli era stato detto da un paio dei suoi colleghi- o che addirittura avesse avuto un incidente, perchè 'quello era lui, o almeno ciò che ne era rimasto sulla strada'.

Coeurs errants Where stories live. Discover now