Capitolo 28 - Eva, Giugno 1989

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"Eva, passami il sale, per cortesia."

Eva rigirava il cucchiaio nel purè di patate senza mai portarlo alla bocca, le labbra bloccate in un sorriso beota.

"Eva, il sale."

Si schiacciò la punta del naso tra pollice e indice.

"Eva, che diamine, passa quel sale a tua madre!" Il signor Rocchetti batté un colpo sul tavolo della cucina.

La ragazza afferrò la saliera e la mise in mano a sua madre senza alzare gli occhi dal piatto.

"È da qualche giorno che sei distratta. È successo qualcosa al lavoro?" Giovanna Rocchetti appoggiò le posate sul bordo della fondina e si sporse verso la figlia.

"No, ma'. Va tutto benissimo."

Pure il tono inquisitorio e invadente di mamma non poteva spezzare il suo umore estatico.

"È la prima volta in vent'anni che ti vedo con quell'espressione in viso. Non è che..." la signora Rocchetti spalancò la bocca e si portò subito la mano davanti per correggere il gesto poco raffinato, "santo cielo Eva! Sei innamorata."

"Chi è innamorato?" Vittorio quasi si ingozzò con uno straccetto di pollo.

"Oh, sia lodato il Signore! Iniziavo a pensare che fossi come la figlia della Molinari." La signora Rocchetti abbassò la voce. "Dicono che vada con le donne."

"Mamma, perché stai sussurrando? Non è mica una cosa brutta per cui non farsi sentire."

"Chi piace a mia figlia?" tuonò il signor Rocchetti, schiena e testa ben raddrizzate.

"È un maschio almeno, tesoro? Non dare questi dispiaceri alla mamma."

"Per Diana!" Eva prese il tovagliolo che aveva in grembo e lo lanciò sul tavolo. Si alzò con uno scatto fulmineo. "Non mi piace nessuno, non sono innamorata di nessuno e voi state di fuori."

Si diresse in camera sua con passo spedito, ignorando i richiami di sua madre. Si chiuse la porta alle spalle e vi appoggiò la schiena. In un'altra occasione avrebbe inveito mentalmente contro i suoi genitori e avrebbe iniziato a fare qualcosa per sfogarsi. Ora non ne sentì il bisogno. Anche se, quando mamma aveva affermato che fosse innamorata, un tonfo al cuore l'aveva sentito. Chiuse gli occhi e sorrise. Scosse la testa per ricacciare indietro i pensieri che le stavano affiorando, ma il sorriso non voleva andarsene.

Quanto sei sciocca e lasciva, Eva. Proprio tu! Anziché pensare ai piani degli Dei e a un modo per scoprirli e sventarli, hai la mente piena di lui.

Era ammorbata dalla sua voce, dal suo corpo, dalla sua natura plurivalente. Non l'aveva mai toccata prima, eppure percepiva un senso di familiarità nelle sue mani. Non sapeva spiegarsi il perché.

Guardò l'orologio sulla scrivania. Le tredici e dieci. Sospirò. L'attesa la stava spremendo come un'arancia. Ettore la aspettava da lui quella sera ma sarebbe voluta correre lì all'istante.


***


Si sentiva stupida ora con quel rimmel e quell'ombretto sugli occhi. Ettore avrebbe pensato che li avesse messi per darsi un tono 'da grande' e l'avrebbe compatita, riconfermando la differenza di età che li separava.

"Sei bella."

"È il trucco che fa tutto."

Ettore alzò un sopracciglio e sorrise con una punta di rimprovero. "Non hai capito. Non ho detto che hai un bel viso. Ho detto che sei bella."

I Figli di BeltaneWhere stories live. Discover now