2. Alcune cose sono destinate a succedere

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Tutto iniziò circa un anno e mezzo fa, ero ancora in seconda superiore al liceo Isaac Newton.

Era una tranquilla giornata scolastica, nessuna interrogazione, nessuna verifica, e la prof Blaze, la più odiata e temuta del liceo, era assente, così avevamo anche un'ora buca. Purtroppo però non riuscivo a godermi la fortuna che il caso ci aveva riservato a causa di un tremendo mal di testa. Mi ricordo anche che ciò mi aveva impedito di partecipare alla lezione di Educazione Fisica- non che mi fossi fatto pregare, ero un tipo pigro e Motoria non era esattamente la mia materia preferita.

Passavo la maggior parte del mio tempo al computer, dopo la scuola, anche se ogni tanto andavo alla piscina comunale per fare due bracciate, ma per sfizio, non per altro. E anche perchè i miei genitori avevano insistito affinchè praticassi un po' di sport: secondo loro ero troppo magro e un po' di muscolatura extra mi avrebbe fatto solo bene.

《Sempre meglio di stare attaccato a quello stupido monitor, ti rovina il cervello, e lo sai》continuava a ripetermi mia mamma.

Che avesse ragione o no, la notte prima di quel fatidico giorno la avevo passata tutta online, fra le pagine di wikipedia, per colpa di una certa prof. Blaze.

Dannazione, i professori dovrebbero comunicare in anticipo le loro assenze, almeno eviterebbero di far passare notti in bianco inutilmente a noi poveri studenti. Magari se avessi dormito, quella notte, mi sarei evitato tutto quel lancinante dolore al cervello.

O forse no. Vedete, alcune cose secondo me sono destinate a succedere, qualsiasi cosa avessi fatto per evitare quell'emicrania credo che la avrei ottenuta comunque. A volte la vita va così ed è il Fato a scegliere per noi. Altre volte ci offre la possibilità di scelta. Ma sto divagando.

Fatto sta che mi ritrovai a vagare per la classe in cerca di una qualsiasi cosa per alleviare il dolore. Chiesi a Pierre, mio compagno di banco, ma lui non porta mai medicinali con sè, così domandai a Carmen, la rappresentante di classe, ma aveva appena finito le pasticche di Oji e non conosceva nessuno che ne avesse di disponibili. Andai persino a chiedere nella classe di fianco, anche loro con un'ora buca, ma il massimo che riuscii ad ottenere fu una caramellina al miele contro il mal di gola. Decisi così di andare in infermeria:

"È un infermeria, cavolo, devono avere qualcosa contro il mal di testa dentro quel kit medico!" pensavo.

Girai un po' a caso e mi ritrovai in aula Zannini, cioè nella vecchia biblioteca della scuola.

Il mal di testa era diventato lancinante, nel frattempo- riuscivo a malapena a mettere in ordine i miei pensieri. Ero abbastanza sicuro che non avrei trovato nulla rovistando tra gli scaffali, così girai i tacchi e feci per andarmene, quando sentii un rumore. Era la risata di una ragazza, e proveniva dalla scalinata che dava al secondo piano della biblioteca.

《C'è nessuno?》 urlai, e per tutta risposta ottenni un altro risolino. L'emicrania non accennava a diminuire. Avrei dovuto lasciar perdere e andare a cercare un kit medico, invece decisi di indagare su quella voce. Chissà, magari poteva aiutarmi! Mi avvicinai alla scalinata:

《Ehi, sai per caso dirmi dov'è l'infermeria della scuola?》udii una serie di passi dal piano superiore, e un'asse scricchiolò. O almeno, mi sembrò di sentire un'asse scricchiolare. Decisi quindi di salire le scale.

《Ehi! Ci sei? Guarda che ti ho sentito! Non è che mi potrest-》 la voce mi si spense quando arrivai sull'ultimo gradino. Il piano era vuoto, a parte per i libri e per i quintali di polvere sopra di essi.

"Che strano, avrei giurato di aver sentito una voce e dei passi... Forse ho solo troppo mal di testa e mi immagino le cose... Sì, deve essere così!" pensai, ma decisi comunque di controllare il piano. Lo scricchiolio delle assi di legno sotto i miei piedi era una tortura per la mia povera testa. Alla fine arrivai a sporgermi dalla balaustra che si affacciava al piano inferiore della biblioteca. Nessuno neanche laggiù:

"Possibile che mi sia davvero immaginato tutto?" pensai, lasciando vagare lo sguardo per l'aula. Fu così che notai qualcosa luccicare sotto una sedia del pian terreno. Sono un tipo curioso, a volte, e mi piacciono gli oggetti brillanti, così mi fiondai a vedere da cosa provenisse quel luccichio. Trovai un barattolino di pillole dorate, ancora sigillato, con sopra un etichetta che recitava:

"Attenzione, solo per uso orale. La quantità raccomandata è di una pillola per volta. Non disperdere nell'ambiente. Effetto immediato e dalla durata di 45 secondi per una sola persona. Contenuto di 30 pillole. Per ulteriori informazioni chiedete alla vostra entità di fiducia."

Diciamo che rimasi interdetto quando vidi una descrizione del genere. Non c'erano altre informazioni. Nessuna casa di produzione, data di scadenza, peso, nulla a parte quell'etichetta. All'inizio ero riluttante, pensavo "È uno scherzo" o "È antigienico" o anche "Chi avrebbe mai messo dei medicinali in biblioteca?" mentre mi dirigevo in classe.

Nel dubbio, avevo preso il barattolo, alla peggio avrebbe arricchito la mia collezione di oggetti inutili ma luccicanti. Ma più ci pensavo e più mi convincevo.

"Perchè no? Di certo prendere una pillola non mi ucciderà. Nel migliore dei casi, potrebbe anche risolvere il problema. Nel peggiore, non succederà assolutamente nulla. Tantovale provare."

Mi fermai accanto alla porta della mia classe, la 2E, mi guardai intorno per assicurarmi che nessuno mi stesse spiando (si, sono paranoico, lo so) e aprii il flacone. Non faceva nessun odore particolare, come i normali recipienti per pillole. Presi su uno di quei piccoli contenitori di medicinali in polvere. Lo guardai attentamente. Brillava alla luce del sole di un oro purissimo. Un rivolo di sudore mi scese dalla fronte e me lo asciugai sul mento con la manica della felpa.

"È solo una stupida pillola, perchè sono così agitato?" mi chiesi, ancora incerto se ingoiarla oppure no.

Poi, con un gesto secco, lo feci. Mandai la pillola giù per la gola, chiusi il barattolo, me lo misi in tasca e rientrai in classe.

Morte in PilloleWhere stories live. Discover now