Capitolo 15. La tempesta

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Non c'è amore come il tuo amore
e nessun altro potrebbe dare più amore... 

Non c'è nulla, almeno che tu non ci sia 

Per tutto il tempo, in tutti i modi


Ci vollero quattro giorni perché l'Occhio di Falco riprendesse il mare. La nave del principe e l'Araldo Nero rimasero ancorate al confine tra l'Oceano Orientale e la Baia di Calormen, dove Tisroc diede ordine di spostare le provviste da un'imbarcazione all'altra in modo che il figlio avesse viveri sufficienti per almeno sei settimane. L'Imperatore era partito sapendo già di cosa Rabadash avesse avuto bisogno, così aveva provveduto a far riempire la stiva dell'Araldo Nero con il doppio del cibo e delle bevande.
I marinai si davano da fare perché tutto fosse perfetto, i soldati invece rimanevano un poco in disparte, più che altro sorvegliando i lavori di riparazione, carico e scarico.
Emeth se ne stava insieme ai compagni più giovani, che guardavano dubbiosi i cambiamenti che gli uomini di Tisroc apportavano alla nave.
Ma il vero e proprio cambiamento fu un altro, e la cosa sconcertò non poco gli uomini: l'improvviso approssimarsi di un vascello di Terebinthia li colse tutti di sorpresa. Accadde l'ultimo giorno, e chi ebbe da ridire furono soprattutto i marinai.
Emeth si destò di soprassalto. Un compagno lo scosse forte per la spalla.
«Sveglia! Il capitano Aréf dice di salire sul ponte»
Il giovane si stropicciò gli occhi e scosse un poco la testa per scacciare il torpore del sonno. S'infilò svelto la divisa da soldato bianca e arancione, gli stivali neri, e aggiustò la scimitarra al fianco. Corse fuori dalle camerate e salì la breve scaletta che portava sul ponte principale.
C'era un gran chiacchiericcio tra l'equipaggio, non sembrava vi fossero novità piacevoli.
«Che succede?» chiese Emeth.
«Guarda coi tuoi occhi» gli rispose un marinaio, segnando col dito in direzione nord-ovest.
"Pirati" pensò subito il ragazzo, dopo aver notato la bandiera nera con teschio bianco sventolare contro il cielo azzurro.
Immediatamente, i soldati presero postazione pronti a combattere contro gli aggressori. Di sicuro, avvistando due grosse navi ferme in mezzo al mare, i pirati avevano pensato bene di attaccarle e derubarle.

Ma niente di tutto ciò avvenne.
Aréf tarkaan, capitano delle guardie di Rabadash, diede invece ordine di dare il benvenuto ai nuovi membri dell'equipaggio.

Sei loschi individui scesero dal vascello pirata e tramite una passerella posta tra le due navi salirono sull'Occhio di Falco prima che Emeth avesse tempo di realizzare ciò che suo padre aveva detto.
Avvenne tutto molto in fretta. I sei uomini parlarono a bassa voce col comandante dell'Occhio di Falco, poi dissero qualcosa ai loro compari rimasti sul vascello, i quali ripresero subito il largo. Non ci furono annunci particolari, non ci furono spiegazioni da parte di Tisroc o Rabadash, niente. Nessuno sapeva cosa ci facessero sulla nave del principe.
I sei bucanieri avevano un aspetto trasandato, grosse spadone e vari pugnali nascosti dappertutto. Uno di loro aveva persino un'ascia dietro la schiena.
A Emeth non piacquero per niente, sapeva che vita facevano quelle persone. I pirati di Terebinthia erano rinnegati, fuorilegge che sceglievano la vita di mare per sfuggire alla legge del proprio paese. Non erano come i cercatori di tesori che sceglievano quel modo di vivere per puro amor dell'avventura. I pirati delle Isole erano furfanti della peggior risma, disertori del loro feudo e della corona di Narnia, senza interesse per nessuno, solo per sé stessi.
Aréf tarkaan si avvicinò a questi ultimi per parlare. Emeth vide il pirata con l'ascia dietro la schiena annuire e poi far cenno agli altri di seguirlo. Sparirono sottocoperta insieme al capitano delle guardie, non prima di aver lanciato sguardi sprezzanti attorno a loro. Nessuno li vide più per molto tempo.

QUEEN OF MY HEARTWhere stories live. Discover now