Capitolo 1

35.7K 878 321
                                    

"Ma quanto diavolo è lontana la nostra stanza?" Cher borbottò, camminando strusciando i piedi a terra. In effetti, era da molto che camminavamo, e il numero sulle porte che identificava le stanze sembra non essere mai il nostro.

Interno B, stanza 316. Eravamo al terzo piano, quindi, ma ovviamente dato che non ci facevamo mancare mai niente, gli ascensori erano momentaneamente fuori uso, per cui dovemmo fare sei rampe di scale con due valigie ciascuna, da minimo sette chili. Eravamo ragazze, in fondo. Io ero quasi propensa a portarne una terza, se non fosse stato che nel bagagliaio della nostra auto non c'era più posto.

"Eccola!" Urlai di gioia quando lessi il numero 16 sulla porta di mogano. Il corridoio sembrava essere infinito, Cher aveva ragione.

"Santo cielo." La mia amica sospirò, sollevata. "Un altro po' e arrivavamo in Europa."

Il college di Manhattan era così moderno da avere, invece delle chiavi vecchio stile, delle tessere da far scorrere nella cassetta elettronica accanto la porta. "Non sono abituata a queste cose tecnologiche." Cher disse, appoggiandosi con la spalla al muro. "A casa mia non avevamo nemmeno le chiavi per chiuderle, le porte."

Ridacchiai alla sua affermazione, sapendo che era davvero così. La madre di Cher aveva deciso di abolire le chiavi quando Michael, il fratello maggiore della mia amica, si era chiuso nella sua stanza una giornata intera, solo per poi scoprire che era stato tutto quel tempo con una ragazza. Dare la colpa di quei versi strani alle civette non fu una bella trovata.

Appena entrammo nella stanza, davanti ai nostri occhi si aprì una camera completamente ordinata, dai colori tendenti dal bianco al beige, che contrariamente a quanto pensassi, era davvero accogliente. Sapevo già che in meno di due ore, la nostra camera sarebbe diventata un vero putiferio.

"Il letto accanto al bagno è mio!" Urlò Cher, gettandocisi sopra. "Così la notte non devo fare i chilometri per andarci."

Cher era davvero una ragazza fin troppo pigra, glielo dicevo sempre. Purtroppo il mio metterla al corrente di quanto per me fosse svogliata nel vivere, non rimescolava le carte in tavola: Cher non aveva nemmeno voglia di respirare, a volte; mi chiedevo come diavolo fosse riuscita ad arrivare al college con ottimi voti, visto che non studiava quasi mai.

"Mi accontento di quello accanto la finestra." Probabilmente avrei preso in ogni caso quello. Il college si affacciava su Central Park, ed era davvero una bella visuale, soprattutto la mattina. Non bella quanto quella che avevo a Los Angeles, in ogni caso: la nostra casa era esattamente sulla spiaggia, poco lontano dalla riva, ed era bello svegliarsi col suono delle onde e quel dolce aroma di salsedine. Peccato che in quella casa non volevo più viverci.

Non avevo avuto dubbi sulla scelta del college: espatriare dalla California era l'unico modo che avevo di non metterci più piede. Anche mio fratello era stato felice della mia scelta, tanto dal lasciarsi convincere a venire con me.

Sentimmo uno strano fischio acuto provenire dagli altoparlanti del corridoio, cosa che costrinse me e la mia amica a coprirci le orecchie con le mani per quanto fastidioso fosse. "Attenzione, ragazzi, è il rettore che parla."

Io e Cher decidemmo di uscire in corridoio per poter sentire meglio. Quando aprimmo la porta, notammo come tutte le altre ragazze che avevano già occupato le loro stanze, avessero avuto la nostra stessa idea. "Per un problema di sovraffollamento dei dormitori maschili, i restanti ragazzi saranno smistati nelle stanze rimaste inoccupate dei dormitori femminili. Speriamo di risolvere il prima possibile questo disguido, ci scusiamo per il disagio. Per le matricole, benvenuti al Marymount Manhattan College, e buon anno accademico." Di nuovo quel suono acuto, prima che gli altoparlanti smettessero di funzionare.

Born to be yoursWhere stories live. Discover now