Sul Corpus Dionysianum

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E la sua trasmissione e ricezione in Scoto Eriugena

Fra i corpora testuali che storicamente hanno influenzato il pensiero teologico e filosofico dell'Europa medievale, degno di nota è sicuramente il Corpus Dionysianum, ovvero una serie di testi redatti in greco antico dall'ancora misteriosa figura dello Pseudo-Dionigi l'Areopagita, o Dionigi il mistico. Questi, la cui vera identità resta tutt'oggi oggetto di discussione, fu probabilmente un anonimo intellettuale siro vissuto nel VI secolo d.C., il quale produsse una serie di testi d'amplissimo interesse tanto nell' ambito della teologia quanto il quello della filosofia.
Il Corpus a noi disponibile, che si diffuse in Europa solamente dal IX secolo d.C. grazie alla prima traduzione di Giovanni Scoto Eriugena, è suddiviso in:

· Περ θείων νομάτων, o De divinis nominibus in Occidente. è un trattato che si occupa di individuare i nomi che canonicamente o culturalmente vengono attribuiti al Divino, ragionando dunque sulla legittimità dell'attribuzione di definizioni, proprie o comuni, positive a Dio;

· Περ τς ορανίου εραρχίας, conosciuto anche come De Coelesti hierarchia. Un trattato di angelologia che definisce i differenti ordini composti dalle intelligenze angeliche, proposti in uno schema triadico;

· Περ τς κκλησιαστικς εραρχίας, o De ecclesiastica hierarchia; saggio che definisce la gerarchia ecclesiastica terrena su modello di quella celeste;

· Περ μυστικς θεολογίας, o De mystica theologia; trattato che riprende gli argomenti disputati ne "I nomi divini", definendo con più chiarezza una distinzione nel rapporto con il divino, suddiviso in Teologia positiva e Teologia negativa;

· Dieci epistole.

Il pensiero di Dionigi, di chiara ispirazione neoplatonica (in particolare Plotiniana e Procliana) avrà una profonda influenza sulla cultura medievale, catturando dal principio l'interesse di commentatori, quale Massimo di Crisopoli, per poi divenire, in seguito alla sua prima traduzione latina, fonte di riflessione per numerosi pensatori del tempo, fra i quali è d'uopo citare Ugo di san Vittore, Roberto Grossatesta, Alberto Magno, Tommaso Gallo, Dionigi il Certosino, san Bonaventura e san Tommaso d'Aquino.
La concezione teologica di Dionigi, che provvederò ad analizzare nello specifico nel corso dell'opera, fu difatti una brillante intuizione che permetteva di conciliare parte delle dottrine cristiane all'epoca canonizzate con una linea di pensiero squisitamente neoplatonica, da cui risultò una branca che potremmo definire come "Cristianesimo trascendentale", la quale considera il divino in modo ben differente dalla visione più immanente che potremmo invece ritrovare nel cristianesimo delle origini; secondo Dionigi Dio è assolutamente incomprensibile ai sensi ed alla ragione, e per quanto sia possibile salvare alcune denominazioni e definizioni positive ad Egli rivolte, in sostanza la massima conoscenza del Divino non può che riassumersi in una "tenebra superluminosa", ovvero una condizione di ignoranza divina, picco culminante sia del pensiero teologico, sia di quello filosofico.
Ciò propone dunque, per la dottrina cristiana, numerose riconsiderazioni, le quali influenzano anche il modo in cui è necessario approcciarsi ai testi sacri.

L'interpretazione dei testi:

Come sopra accennato, un importante punto di partenza che è necessario comprendere prima di addentrarsi nel pensiero di Dionigi è proprio quello riguardante l'approccio ai testi sacri, che può avvenire in modo letterale oppure, presupponendo un complesso simbolismo biblico, in termini interpretativi.
Pseudo-Dionigi propende per il secondo approccio, ed è qui importante sottolineare com'egli non fosse in realtà il primo a considerare fin troppo superficiale una lettura letterale dei canoni sacri; Già Origene di Alessandria, esegeta di tradizione platonica vissuto nel II secolo d.C., propose una forte distinzione fra Lettera della scrittura e Spirito della scrittura, sostenendo che come l'uomo sia chiamato a trascendere l'esperienza della carne per volgersi a contemplazione delle realtà superiori, così l'esegeta deve cogliere i significati più profondi del testo biblico, i quali non sono limitatamente incastonati nella trascrizione letterale, ma ben celati dietro a simbologie e figure retoriche.
Dionigi, conservando parte della visione di Origene, considera dunque la conoscenza di Dio come perlopiù analogica, sostenendo che la complessa simbologia ed il sistema retorico celato dalla Lettera nelle sacre scritture non sia altro che un metodo attraverso il quale Dio rende manifesti agli uomini realtà che non sarebbero altrimenti in grado di concepire, e perciò solamente l'ingenuo si rivolge ai testi cogliendoli alla lettera e senza avere su di essi alcuna riflessione approfondita. Questa visione viene spesso ripresa nel Corpus Dionysianum, in particolare la si ritrova con frequenza ne "La gerarchia celeste", in cui l'autore mette in guardia contro il comune errore di rapportarsi alle realtà sovrumane antropicizzandole o dando loro connotazioni puramente legate al mondo materiale, come per esempio il considerare gli angeli come realtà antropomorfe o zoomorfe.

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⏰ Last updated: Feb 14, 2019 ⏰

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